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Plusdotazione e regolazione emotiva: quale rapporto?

Nel caso della plusdotazione i bambini gifted tendono a vivere ogni emozione in modo intenso, sono molto sensibili e più reattivi di fronte a certi stimoli

Di Julianita Anselmini, Valentina Paolini

Pubblicato il 15 Mar. 2021

Essere plusdotati non significa solamente avere una intelligenza ampiamente sopra la media, ma implica spesso la presenza di diverse problematiche, quali difficoltà nella regolazione delle emozioni, isolamento e solitudine.

Anselmini Julianita e Paolini Valentina – OPEN SCHOOL Studi Cognitivi San Benedetto del Tronto

 

Condurre dei programmi per il potenziamento dell’Intelligenza Emotiva a scuola potrebbe contribuire, almeno in parte, alla riduzione di tali criticità.

Con il termine plusdotazione o giftedness si fa riferimento a una complessa costellazione di caratteristiche cognitive, emotive e comportamentali che si esprimono in modi differenti.

Il soggetto “plusdotato” (gifted), adulto o bambino, è solitamente un individuo che, rispetto ai pari, mostra o ha il potenziale per mostrare un’abilità sorprendente in un determinato momento e in specifiche aree considerate importanti (Keating, 2009; Pfeiffer, 2012).

La rilevazione di un quoziente intellettivo superiore o uguale al 130 è sicuramente la determinante più evidente per ottenere la “certificazione” di alto potenziale, anche se non sarebbe corretto parlare di certificazione o diagnosi, in quanto la plusdotazione non è un disturbo. Questo parametro è necessario ma non sufficiente, perché non dà una immagine rappresentativa della complessità dell’intelligenza, oltre che delle diverse forme che essa può assumere: vi sono, infatti, manifestazioni di tipo emotivo, comportamentale, artistico e morale tipiche in questi individui che non vengono considerate nel concetto classico di intelligenza.

Sono presenti numerosi stereotipi sull’argomento, secondo cui i bambini plusdotati sarebbero ben regolati, indipendenti, efficaci, in sostanza dei piccoli geni senza particolari difficoltà o problemi di adattamento.

La realtà è ben diversa: avere un’intelligenza così spiccata può portare a isolamento, solitudine e difficoltà di regolazione emotiva. Relativamente a quest’ultimo aspetto, nei bambini gifted si evidenzia spesso una asincronia dello sviluppo, ossia una discrepanza tra le competenze cognitive (che sono appunto sopra la media) e le competenze emotivo-relazionali (Fornia & Frame, 2001).

Questi bambini sono dotati infatti di una elevata intensità emotiva e di una sensibilità estrema, aspetti che li portano talvolta ad avere reazioni apparentemente esagerate, tipiche di bambini con un’età cronologica inferiore (Pfeiffer & Stocking, 2000).

I bambini gifted tendono a vivere ogni emozione in modo intenso, sono molto sensibili e più reattivi di fronte a stimoli che, in altri bambini della stessa età, non provocherebbero particolari reazioni. Essi sono facilmente sopraffatti dai propri sentimenti e questa caratteristica li porta ad avere numerose difficoltà nella regolazione delle proprie emozioni e dei propri comportamenti (Lovecky, 2009).

Essi sono emotivamente attivati da un numero maggiore di eventi rispetto ai coetanei, e provano emozioni intense anche in situazioni in cui altri non proverebbero nulla.

Parliamo in questo caso di ipereccitabilità emotiva: i plusdotati percepiscono e processano le informazioni in modo qualitativamente differente, e le loro emozioni forti e la spiccata sensibilità possono essere scambiati per immaturità da chi li circonda (Dabrowski & Piechowski, 1977).

L’asincronia e l’ipereccitabilità rendono spesso complessa e difficoltosa la relazione con questi bambini, sia da parte degli adulti, sia da parte dei pari.

I plusdotati sono immersi in un mondo di coetanei che si interessano ad argomenti da loro percepiti come banali, in contrapposizione ai loro interessi peculiari, difficilmente condivisi dagli altri. A causa dell’assenza di condivisione, essi possono sentirsi inadeguati o rifiutati dal gruppo dei pari.

I bambini gifted sperimentano con malessere il loro essere diversi rispetto agli altri, con conseguenti reazioni di rabbia intensa, fino ad arrivare all’isolamento e alla rinuncia della relazione.

Può capitare che i genitori dei plusdotati arrivino a richiedere una consulenza specialistica perché i figli non vogliono più andare a scuola, si annoiano, sono distratti in classe, oltre che derisi e isolati dai compagni.

Tutti questi aspetti possono creare delle difficoltà nella costruzione di una rete sociale di supporto, e ciò rappresenta un fattore di rischio soprattutto in adolescenza: essere sprovvisti di tale rete aumenta la probabilità di sviluppare un disturbo dell’umore o di problemi comportamentali.

In uno studio del 2008 (Morawska & Sanders, 2008) gli autori hanno cercato di individuare i fattori più rappresentativi delle difficoltà dei bambini gifted, fattori che li renderebbero maggiormente vulnerabili allo sviluppo di problemi comportamentali ed emotivi. A questo scopo, è stato somministrato a 211 genitori di ragazzi ad alto potenziale uno strumento, lo “Strengths and Difficulties Questionnaire” (SDQ; Goodman, 1997), un questionario di 25 item che indaga 5 aree: problemi di condotta, iperattività, disattenzione, sintomi emotivi e problemi coi pari.

I genitori che hanno partecipato allo studio hanno riportato che i propri figli presentano difficoltà principalmente nelle ultime due aree, nelle quali i punteggi ottenuti sono inferiori rispetto alle norme di riferimento. Tali difficoltà avrebbero un impatto significativo nel funzionamento dei loro figli.

I bambini appartenenti al campione presentano livelli più elevati di sintomi di tipo emotivo (ad es., sono più spesso preoccupati) e maggiori difficoltà coi pari.

La ricerca confermerebbe quindi che i problemi coi pari costituiscono, per i plusdotati, un fattore di vulnerabilità, e tali difficoltà potrebbero essere causate proprio dall’asincronia dello sviluppo che caratterizza i bambini gifted, oltre che dai diversi interessi rispetto ai compagni.

I difficili rapporti con gli altri bambini potrebbero far aumentare la gravità dei sintomi di tipo emotivo, che a loro volta possono rendere i plusdotati maggiormente suscettibili a sviluppare un vero e proprio disturbo.

Oltre a questo, può capitare che essi vengano bullizzati a scuola dai pari, a causa della loro maggiore intelligenza e della constatazione, da parte dei compagni di classe, di una forte differenza tra i loro interessi e quelli dei plusdotati.

L’essere vittima di bullismo può comportare un aumento di ansia e preoccupazione in questi bambini, che non capiscono perché qualcosa di così ingiusto stia accadendo proprio a loro, senza aver fatto nulla di sbagliato (Casino-Garcia, Garcia-Perez & Llinares-Insa, 2019).

Intelligenza Emotiva e proposte di intervento a scuola

Negli ultimi anni, si sta dando sempre più importanza e considerazione alle abilità emotive e allo sviluppo affettivo in tutti i bambini, gifted e non. La percezione, comprensione e padroneggiamento delle emozioni può giocare un ruolo importante nel successo scolastico e nella regolazione della classe, ambiente in cui tutti i bambini esperiscono una miriade di emozioni, tra cui ansia, rabbia, disprezzo e invidia, ma anche felicità e orgoglio.

Per far fronte alle difficoltà di gestione della classe con bambini plusdotati, sono stati proposti degli interventi finalizzati al potenziamento dell’Intelligenza Emotiva (Emotional Intelligence, EI).

Secondo Salovey e Mayer (1990), l’intelligenza emotiva consiste nell’abilità di ragionare riguardo le emozioni. Essi partono da due presupposti:

  • L’intelligenza è l’abilità di eseguire un ragionamento astratto;
  • L’intelligenza può essere considerata come un sistema di abilità mentali.

L’EI sarebbe costituita da un set di abilità di base organizzate gerarchicamente utili a identificare, esprimere, processare, assimilare e gestire le emozioni, sia in se stessi che negli altri.

Essa comprende quattro abilità emotive:

  • Percezione: identificazione ed espressione dell’emozione;
  • Assimilazione dell’emozione nel pensiero: integrazione delle emozioni nel processo di pensiero;
  • Comprensione delle emozioni: capirne gli antecedenti, gli effetti e le loro transizioni;
  • Gestione delle emozioni: regolazione delle proprie e altrui emozioni, per modulare quelle negative e accrescere quelle positive.

Le persone con una buona intelligenza emotiva percepiscono quindi le emozioni in modo accurato, le utilizzano per facilitare il ragionamento e per comprendere le emozioni altrui e, infine, riescono a gestire le proprie ed altrui emozioni.

L’EI è sicuramente un fattore importante per il benessere generale: essa correla positivamente con la salute mentale e negativamente con la depressione. Chi possiede una EI sviluppata presenta solitamente una più ampia rete sociale e ha meno probabilità di incappare in comportamenti a rischio.

I bambini plusdotati presentano un funzionamento emotivo molto variegato: alcuni di essi sono resilienti, mostrano comportamenti prosociali e sono ben adattati alla classe, ma non è per tutti lo stesso. Come mostrato in precedenza, la plusdotazione è spesso associata a problemi di regolazione emotiva, isolamento da parte dei pari e difficoltà nella costruzione di una rete sociale.

Purtroppo, non sono numerose le ricerche che si sono occupate di EI nei bambini plusdotati, in quanto la maggior parte delle indagini si è sempre focalizzata soltanto sugli aspetti cognitivi. Anche le tradizionali definizioni di “plusdotazione” hanno sempre fatto riferimento alle straordinarie capacità cognitive di questi bambini e al loro talento in aree specifiche.

Dato che la giftedness è stata tradizionalmente definita soltanto sulla base del funzionamento cognitivo, l’effetto dell’essere plusdotato sulle capacità emotive è stato spesso lasciato da parte.

Una ricerca del 2019 (Casino-Garcia, Garcia-Perez & Llinares-Insa, 2019) ha confrontato l’EI e i livelli di benessere soggettivo di bambini e adolescenti plusdotati e non. Il benessere soggettivo dipende dalle esperienze soggettive di ciascuno, non da fattori oggettivi, ed è quindi diverso da persona a persona. L’EI è legata al benessere e costituisce sicuramente un fattore protettivo nelle situazioni difficili che questi ragazzi possono esperire a scuola, come ad esempio l’essere vittime di bullismo. I risultati di questo studio mostrano che i ragazzi gifted presentano una intelligenza emotiva meno sviluppata rispetto ai coetanei. Nel momento in cui si va a confrontare la loro esperienza con quella dei pari, i ragazzi ad alto potenziale riferiscono di percepirsi diversi, rifiutati e riportano un numero minore di esperienze positive, insieme a numerose situazioni di imbarazzo e di ingiustizie subite. Il fatto di non capire perché si subiscano tali ingiustizie provoca in loro una forte ansia.

Sono stati ideati degli interventi da condurre in classe per favorire lo sviluppo dell’intelligenza emotiva: essi fanno generalmente parte dei programmi di apprendimento sociale ed emotivo. Questi interventi si focalizzano sui processi attraverso cui i bambini rafforzano la loro abilità di integrare pensieri, sentimenti e comportamenti per raggiungere degli obiettivi.

Implementare questo tipo di programmi ha sicuramente un impatto positivo sui risultati ottenuti dall’intera classe, sia a livello scolastico che emotivo; essi sono utili per tutti i bambini, sia che presentino difficoltà emotive o problemi comportamentali, sia che non ne abbiano.

È stata condotta una meta-analisi da Durlak, Weissberg, Dymnicki, Taylor e Schellinger (2011) basata su 213 programmi di apprendimento sociale ed emotivo condotti a scuola, da cui è emerso che i partecipanti presentavano un incremento significativo delle competenze sociali ed emotive a seguito della partecipazione al programma.

I training sulla EI possono fare molto per aumentare le competenze emotive negli studenti, motivandoli ad apprendere dalle esperienze emotive di tutti i giorni.

La scuola può anche trarre dei benefici a breve termine da questi programmi, che aiutano a infondere ai partecipanti un senso di crescita personale e motivazione, contribuendo in questo modo alla costruzione di una atmosfera positiva in classe (Zeidner, 2017).

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Casino-Garcia, A. M., Garcia-Perez, J., & Llinares-Insa, L. I. (2019). Subjective Emotional Well-Being, Emotional Intelligence, and Mood of Gifted vs. Unidentified Students: A Relationship Model. International Journal of Environmental Research and Public Health, 16(18). doi: 10.3390/ijerph16183266
  • Dabrowski, K., & Piechowski, M. M. (1977). Theory of levels of emotional development: Vol. 1. Multilevelness and positive disintegration. Oceanside, New York: Dabor Science Publications.
  • Durlak, J. A., Weissberg, R. P., Dymnicki, A. B., Taylor, R. D., & Schellinger, K. B. (2011). The impact of enhancing students’ social and emotional learning: A meta-analysis of school-based universal interventions. Child Development, 82, 405–432.
  • Fornia, G. L., Frame, M.W. (2001). Giftedness in parental counseling: a new perspective. The Family Journal, Vol. 4, pp. 360-385.
  • Goodman, R. (1997). The strengths and difficulties questionnaire: a research note. Journal of Psychology and Psychiatry, 38, 581–586.
  • Keating, D. P. (2009). Developmental science and giftedness: An integrated life span framework. In F. D. Horowitz, R. F. Subotnik, & D. J. Matthews (Eds.), The development of giftedness and talent across the life span, Washington, DC: American Psychological Association, pp. 189–208.
  • Lovecky, D. V. (2009). Moral Sensitivity in Young Gifted Children. In. D. Ambrose, T. Cross (Eds.), Morality, Ethics and Gifted Minds (pp. 161-176). New York: Springer Science + Business Media.
  • Morawska, A., & Sanders, M. R. (2008). Parenting gifted and talented children: what are the key child behaviour and parenting issues? Australian and New Zealand Journal of Psychiatry, 42, 819-827.
  • Pfeiffer, S. I. (2012), Serving the gifted: Evidence-based clinical and psycho-educational practice, New York, Routledge.
  • Pfeiffer, S. I., & Stocking, V. B. (2000). Vulnerabilities of academically gifted students. Special Services in the Schools, 16(1-2), 83–93.
  • Salovey, P., & Mayer, J. D. (1990). Emotional intelligence. Imagination, Cognition and Personality, 9, 185–211.
  • Zeidner, M. (2017). Tentative guidelines for the development of an ability-based emotional intelligence intervention program for gifted students. High Ability Studies, 28(1), 29-41.
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