Lo studio preso in esame ha esaminato l’impatto dello stigma personale, lo stigma percepito e l’auto-stigma, sullo stigma del trattamento nella popolazione universitaria e quindi gli ostacoli alla ricerca di sostegno psicologico.
Gli studenti universitari costituiscono una parte della popolazione caratterizzata da specifici fattori di rischio rispetto alla salute psicologica. Difatti, essi manifestano elevati livelli di ansia, depressione e, circa il 36,1% riferisce di aver preso in considerazione il suicidio, almeno una volta nella vita (Center for Collegiate Mental Health, 2018). Nonostante questi dati, la maggior parte degli studenti che presentano disturbi psicologici, non cerca cure (Blanco et al., 2008) e i dati mostrano che il 60 % delle persone con disturbi mentali, non ha ricercato un trattamento nell’ultimo anno (Han et al., 2015). Per coloro i quali hanno fatto richiesta di terapia, invece, il lasso di tempo trascorso tra l’esordio del disturbo ed il contatto iniziale, varia dai 6 ai 23 anni, a seconda del tipo di disagio percepito (Wang et al., 2005).
I dati appena esposti esplicitano dunque la necessità di indagare quali siano le ragioni che ostacolano i giovani adulti nel ricercare le cure di cui necessitano.
In una revisione sistematica della letteratura, stigma, imbarazzo e problemi legati al riconoscimento dei sintomi, sono emersi come i principali ostacoli legati alla ricerca di sostegno psicologico (Gulliver, Griffiths & Christensen, 2010).
Per stigma personale si intende quell’insieme di convinzioni negative che un individuo ha nei confronti di coloro i quali soffrono di una malattia mentale (Corrigan, 2004). Negli studenti universitari, è stato dimostrato che alti livelli di stigma personale sono associati ad una diminuzione dell’intenzione di intraprendere una terapia (Pedersen & Paves, 2014).
Lo stigma percepito, invece, è la convinzione che gli altri non percepirebbero positivamente il fatto che un altro individuo soffra di un disturbo mentale (Busby Grant et al., 2016). È stato dimostrato che alti livelli di stigma percepito sono associati ad atteggiamenti sfavorevoli rispetto alla richiesta di terapia (Jennings et al., 2015).
L’auto-stigma comporta l’interiorizzazione di convinzioni ed atteggiamenti negativi nei confronti della malattia mentale di cui si è affetti. (Corrigan & Watson, 2002). Analogamente ai risultati per lo stigma personale e percepito, gli studenti universitari con livelli più elevati di auto-stigma avevano meno probabilità di essere aperti alla ricerca di cure (Currier, McDermott, & McCormick, 2017).
Vi è poi lo stigma legato al trattamento, ovvero quell’insieme di credenze negative che un individuo ha nei confronti della cura e dei professionisti che operano nell’ambito della salute mentale (Currier et al., 2017). Secondo la letteratura, lo stigma del trattamento precede e influenza negativamente l’intenzione di cercare supporto terapeutico (Currier et al., 2017).
Anche la scarsa alfabetizzazione in materia di salute mentale è stata definita come un ostacolo rispetto alla ricerca di cure (Gulliver et al., 2010). Difatti, una maggiore conoscenza dei disturbi psicologici sembra essere correlata alla diminuzione dei livelli di stigma personale (Patalay et al., 2017).
Alcuni studi, inoltre, hanno dimostrato come le convinzioni e gli atteggiamenti genitoriali influenzino i comportamenti dei figli, anche durante il periodo universitario (Cail & LaBrie, 2010). Ricerche precedenti hanno dimostrato l’esistenza di una relazione tra l’atteggiamento dei genitori e dei figli nei confronti della terapia, che a sua volta ha influenzato l’intenzione dello studente universitario di richiedere un trattamento psicologico (Vogel et al., 2009).
Sulla base di quanto appena esposto, lo studio preso in esame si è posto l’obiettivo di colmare alcune lacune presenti in letteratura. In primo luogo, è stato esaminato l’impatto che lo stigma personale, percepito e l’auto-stigma, esercitano sullo stigma del trattamento nella popolazione universitaria. Poiché lo stigma del trattamento precede l’intenzione di intraprendere una terapia, la comprensione dei suoi possibili predittori potrebbe fornire ulteriori informazioni sulle motivazioni per le quali gli studenti universitari non cercano assistenza quando necessario. In secondo luogo, è stato valutato il ruolo che gli atteggiamenti e le convinzioni genitoriali esercitano sui sistemi di credenze degli studenti. Infine, è stata analizzata l’influenza della precedente educazione ricevuta dagli studenti in merito ai disturbi psicologici, in modo da poter raccogliere maggiori informazioni sull’effetto che tale formazione può avere sulle differenti tipologie di stigma.
Lo studio è stato condotto su un campione costituito da 69 studenti. Inoltre, anche 39 genitori hanno fornito la loro disponibilità.
Sono state utilizzate le sottoscale dell’Endorsed and Anticipated Stigma Inventory per misurare lo stigma personale, quello percepito e lo stigma del trattamento (Vogt et al., 2014) e il Self Stigma of Mental Illness Scale (Tucker et al., 2013) è stato utilizzato per valutare l’auto-stigma. Infine, ai partecipanti è stato chiesto se avessero ricevuto un’istruzione rispetto ai disturbi psicologici e, in caso di risposta affermativa, è stato chiesto loro di indicare dove avessero ricevuto tali nozioni.
I risultati hanno mostrato come le differenti tipologie di stigma predicevano in modo significativo lo stigma al trattamento. Inoltre, alti livelli di stigma da parte dei genitori si sono rivelati essere dei predittori significativi dell’auto-stigma da parte dei figli. Difatti, gli studenti che crescono con genitori che presentono un pregiudizio nei confronti di coloro i quali manifestano disturbi psicologici, si potrebbero sentire a disagio qualora dovessero sviluppare in prima persona un disturbo di questa natura. Da questo punto di vista, sarebbe dunque necessario intervenire affinché si possa ridurre lo stigma genitoriale ed informare questi ultimi di come il loro sistema di credenze possa essere interiorizzato dai figli, anche in età adulta.
Inoltre, è stato confermato che coloro che avevano ricevuto un’istruzione precedente sui disturbi psicologici, avevano ridotto significativamente i livelli di stigma personale, ma non quelli di auto-stigma. Una possibile spiegazione è che coloro i quali possiedono una comprensione più accurata dei disturbi psicologici sanno come essi influenzano significativamente la qualità di vita di un soggetto, motivo per cui, l’ipotesi di poter subire tale impatto, determina sentimenti negativi diretti verso sé stessi.
Concludendo, sarebbe necessario integrare i programmi psicoeducativi sulla salute mentale con una descrizione accurata delle differenti tipologie di stigma. In secondo luogo, potrebbe essere utile discutere, all’interno dei programmi di formazione, le statistiche relative al recupero da disturbi psicologici ed impegnarsi, affinché i giovani comprendano cosa fare, a seguito dell’esordio dei primi sintomi.