
A seguito dello sviluppo delle scienze mediche e della sensibilizzazione ai diritti umani, sono sorti molti dilemmi bioetici riguardanti la volontà di morire. Uno dei temi più controversi, infatti, riguarda la legalizzazione dell’eutanasia (Simovic et al., 2017).
Messaggio pubblicitario È importante innanzitutto distinguere l’eutanasia dall’atto suicidario. L’eutanasia è una soppressione intenzionale e deliberata di un essere umano con un’azione diretta, come un iniezione letale o la cessazione di un trattamento farmacologico (Sivakumar et al., 2019). L’eutanasia attiva indica la soppressione – diretta o indiretta – di un paziente tramite l’assistenza di un medico, mentre l’eutanasia passiva indica la sospensione di un trattamento medico, come lo spegnimento di una macchina che mantiene in vita una persona o la cessazione di un trattamento che prolunga la vita di un paziente sofferente o in bilico tra la vita e la morte (Pavlovic, 2020). L’eutanasia volontaria avviene tramite una richiesta espressa dal paziente, mentre l’eutanasia non volontaria è applicabile ad una situazione dove il paziente non è cosciente o altrimenti incapace di intendere e volere, di conseguenza una persona nominata sceglie per quest’ultimo (Pavlovic, 2020).
Il suicidio, d’altra parte, è definito come un intervento deliberato per porre fine alla propria vita, spesso dipendente dall’interazione tra una disposizione suicidaria, una riduzione naturale o acquisita dell’istinto vitale e una maggiore sensibilità psicologica (Pavlovic, 2020). I motivi che portano una persona al suicidio possono essere endogeni – cioè somatici o psichiatrici – ed esogeni – cioè legati a temi affettivi, economici e morali (Zivkovic et al., 2018). Oltre ai tipi di eutanasia sopra elencati, il suicidio assistito viene menzionato come un modo per porre fine alla vita di una persona malata o sofferente attraverso il supporto medico (Groß et al., 2018).
Attualmente l’eutanasia è legalizzata nei Paesi Bassi, in Belgio e Lussemburgo, mentre il suicidio assistito è consentito in Svizzera, in Giappone, in Germania, in Canada e negli Stati Uniti – nello specifico Montana, Oregon, Washington, Vermont e California (Cipriania et al., 2019). Secondo il codice penale serbo, sia l’eutanasia che il suicidio assistito rappresentano atti criminali secondo gli articoli 117 e 119 (Criminal Code, n.s.). Pavlovic e colleghi (2020) hanno scritto un articolo per trattare il tema dell’eutanasia e del suicidio assistito in persone affette da disturbi mentali, tenendo in considerazione i principi fondamentali dell’etica medica contemporanea.
Messaggio pubblicitario In alcune situazioni, i pazienti psichiatrici sono incapaci di rendersi conto del loro disturbo. In questo caso, è difficile stabilire il rapporto di negoziazione e di codecisione con questi soggetti. Di conseguenza, lo psichiatra spesso si assume una grande responsabilità al fine di proteggere e tutelare il paziente fino alla fine (Pavlovic, 2020). I disturbi mentali sono tra le cause principali di disabilità nel mondo, nonché un importante fattore correlato al rischio di suicidio. Secondo i dati dell’OMS (2014) riportati da Pavlovic e colleghi (2020), in media 800.000 persone all’anno si tolgono la vita a causa di un disturbo mentale: una diagnosi accurata e tempestiva è di grande importanza nella prevenzione del suicidio (Duckers et al., 2019; Mirkovic et al., 2015).
Tale argomento è controverso in quanto emergono diverse questioni al riguardo: 1) dato che l’ideazione suicidaria è legata alla volontà ridotta di vivere, viene contrassegnata come segno di psicopatologia; Pavlovic e colleghi (2020) esplicitano che secondo molte persone l’assistenza psichiatrica nel suicidio assistito rappresenta una violazione della responsabilità morale e professionale. In secondo luogo, 2) diversi autori sostengono che il disturbo mentale non sia una malattia “terminale” o una malattia che esoneri i pazienti dalle loro responsabilità. Per questo motivo, molti non condividono l’idea del coinvolgimento di terzi per l’eutanasia e il suicidio assistito (Simpson, 2018). Questo punto in particolare è molto controverso, in quanto al contempo si è consapevoli che molti disturbi psichiatrici possano compromettere considerevolmente la capacità decisionale: in specifici casi il soggetto è considerato “incompetente” (Sjostrand et al., 2015). La legge belga pone l’accento sui principi essenziali secondo cui una richiesta sull’eutanasia deve essere volontaria, ripetuta, ben considerata e non frutto di pressioni esterne: la persona deve essere in condizioni medicalmente irrimediabili, risultato di sofferenza fisica o psicologica molto grave ove non sono presenti alternative di recupero ragionevoli (Dierickx et al., 2017). Di conseguenza 3) vi sono dei dubbi nell’ambito della chiarezza dei criteri necessari a soddisfare i requisiti elencati sopra: molti autori evidenziano come la psichiatria si trovi in una posizione meno favorevole rispetto ad altri rami della medicina perché il decorso dei disturbi mentali è soggetto a variazioni nel tempo, quindi le previsioni dei trattamenti non sono abbastanza precise per prendere una decisione definitiva (Pavlovic, 2020). I punti elencati sono le ragioni per cui l’eutanasia e il suicidio assistito non sono giustificati nel campo psichiatrico (Dierickx et al., 2017; Verhofstadt et al., 2019). Infine, 4) l’eutanasia non solo viene richiesta in caso di disturbi fisici o psicologici: uno studio condotto nei Paesi Bassi ha dimostrato come la metà delle richieste sono legate all’isolamento sociale e alla solitudine dei soggetti (Kim et al., 2014). Pavlovic e colleghi (2020) sostengono che la richiesta di eutanasia o di suicidio assistito da parte di un soggetto debba essere presa come un segnale essenziale, i medici devono impegnarsi il più possibile per ridurre la sofferenza del soggetto ove possibile attraverso l’attivazione di una rete sociale che possa sostenere e rafforzare le capacità dell’individuo sofferente.
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