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Cognitivismo clinico: l’utilizzo della Schema Therapy – Editoriale

Nata per trattare i disurbi di personalità, la Schema Therapy risulta efficace anche in casi di asse I con cronicità e resistenza a trattamenti standard

Di Barbara Basile, Guest

Pubblicato il 01 Feb. 2021

Questo numero monografico di Cognitivismo Clinico nasce con l’intento di raccogliere diversi contributi collocati all’interno della cornice teorica della Schema Therapy (ST; Young, Klosko & Weishaar, 2007).

Barbara Basile, Olga Ines Luppino

 

La Schema Therapy consiste in un approccio di terapia integrato che negli ultimi 20 anni ha ricevuto molta attenzione e consenso sia negli USA, dove si è sviluppato, che in Europa, in particolare nei Paesi Bassi e in Germania. Pur essendo nata come modello terapeutico con l’intento di curare i disturbi di personalità, la Schema Therapy ha sempre più negli ultimi anni trovato applicazione nel trattamento dei disturbi di Asse I, in particolare nei casi di cronicità e di resistenza agli interventi standard di terapia cognitivo-comportamentale, con prove di efficacia ad oggi piuttosto promettenti.

Il contributo di Alessandra Mancini apre questo numero speciale offrendo una breve rassegna della letteratura relativa alle principali aree di intervento clinico della ST: la modifica degli Schemi Maladattivi Precoci, l’intervento sugli Schema Mode, la relazione terapeutica (il limited reparenting e il confronto empatico) e il cambiamento del significato delle esperienze traumatiche operato tramite la tecnica dell’Imagery with Rescripting. In particolare l’autrice intende soffermarsi su quest’ultima tecnica emotivo-esperienziale che rappresenta la principale promotrice di cambiamento, avanzando l’ipotesi che alla base della sua efficacia vi sia la risoluzione del problema meta-emotivo, comunemente noto in terapia cognitiva come problema secondario. Un contributo molto interessante dunque che intende avanzare ipotesi volte a comprendere meglio i meccanismi che regolano il funzionamento e gettano luce sull’efficacia di questa tecnica.

Il secondo contributo di De Sanctis e Basile, si concentra sull’applicazione della Schema Therapy a pazienti in età geriatrica, focalizzandosi sui possibili accorgimenti e ri-adattamenti delle tecniche utilizzate all’interno del modello con questa tipologia di pazienti. Gli autori offrono una breve panoramica sullo stato dell’arte e, tramite alcune esemplificazioni cliniche, indicano come sia possibile mutuare la formulazione del caso e adattare gli interventi clinici a pazienti geriatrici, in particolar modo quando presentano residui di tratti di personalità disfunzionali. Il terzo e il quarto contributo, rispettivamente di Tenore et al., e di Luppino et al., presentano una proposta di concettualizzazione del funzionamento del Disturbo Ossessivo Compulsivo nata da un lavoro di traduzione del modello cognitivo-comportamentale, come proposto da Mancini (2018), nel lessico della Schema Therapy, più in particolare nei termini del modello dei Mode. Oltre ad approfondire il ruolo svolto da specifiche tipologie di esperienze precoci nel contribuire allo strutturarsi della vulnerabilità del paziente con DOC, le autrici si sono proposte di offrire, nell’ordine, una sintesi della prospettiva teorica nata dalla loro opera di integrazione e una proposta di rationale terapeutico inerente il lavoro con i singoli Mode coinvolti nell’esperienza ossessiva. A ciò fa poi seguito un approfondimento inerente la specificità dell’utilizzo della tecnica di Imagery with Rescripting con il paziente ossessivo e una sua declinazione a partire dall’integrazione con il lavoro di Esposizione con Prevenzione della Risposta.

Il quinto contributo, di Basile et al., nasce dalla collaborazione con i colleghi Simona Calugi e Riccardo dalle Grave dell’Unità di Riabilitazione Nutrizionale della Casa di Cura di Villa Garda (VR). Lo studio presentato ha l’obiettivo di valutare gli schemi maladattivi individuali e gli schemi genitoriali disfunzionali in pazienti con anoressia e bulimia nervosa ricoverate presso un reparto specializzato nel trattamento dei Disturbi Alimentari. I risultati della ricerca evidenziano che i pazienti presentano schemi precoci individuali più disfunzionali rispetto a quelli rilevati in un campione non clinico, appaiato per sesso ed età. Inoltre, esaminando gli schemi genitoriali dei pazienti, si distingue il ruolo della figura paterna, descritta come maggiormente invalidante e carente sul piano emotivo. Effettuando ulteriori confronti tra i due sottogruppi di pazienti, gli autori rilevano ulteriori differenze interessanti che vengono coerentemente discusse nella parte conclusiva del lavoro.

A chiudere questo numero dedicato alla ST, il contributo di Giulia Signorini, volto all’analisi degli schemi maladattivi precoci e degli stili di coping in un campione di psicoterapeuti in formazione. In linea con la limitata letteratura sul tema, gli schemi di Standard Severi, Autosacrificio e Ricerca di Approvazione risultano essere i più diffusi nel campione esaminato, con delle strategie di fronteggiamento volte alla iper-compensazione degli stessi. In altri termini, i giovani terapeuti sembrano essere particolarmente sensibili alla prestazione (valutata tramite standard interiori e riconoscimenti esterni) e maggiormente orientati all’appagamento dei bisogni altrui, a discapito dei propri. Secondo l’autrice, questi dati suggeriscono la rilevanza nell’affrontare questi temi all’interno dei percorsi di supervisione.

 

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