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L’adolescenza e lo psicoterapeuta ai tempi del Covid-19

Il terapeuta che oggi lavora con gli adolescenti non può esimersi dal contestualizzare l’individuo nell'attuale fase storico-culturale della pandemia

Di Silvia De Napoli

Pubblicato il 24 Feb. 2021

Aggiornato il 26 Feb. 2021 13:08

L’adolescenza per suo stesso significato etimologico indica il crescere, da adolescens, participio presente di adolescere “crescere”.

 

Infatti con questo termine indichiamo il bambino che sta crescendo per divenire adulto; il tempo che divide queste due fasi è proprio quello dell’adolescenza, in cui le modifiche somatiche si legano alle modifiche sociali, intrapsichiche ed emotive, che sono interdipendenti e intrecciate tra loro.

Piaget descrive molto bene questa fase di sviluppo prendendo in considerazione le diverse modifiche e sviluppi su base cognitiva, sociale e comportamentale. Da un punto di vista biosociale si parla di crescita fisica, si accentuano le diversità tra i due sessi. L’insieme di cambiamenti cognitivi ha un ruolo centrale in quanto l’adolescente inizia ad interpretare il mondo in termini di possibilità e non più in termini di concreta realtà, infatti Piaget parla di ultimo stadio dello sviluppo attraverso il Pensiero Operativo Formale, cioè lo sviluppo del ragionamento scientifico. Erickson si sofferma a studiare questo stadio dell’evoluzione della persona in termini di identità, in cui la persona cerca di definire il proprio sé come unico a se stante, da qui la crisi dell’adolescenza. In questa epoca della vita della persona, mutevole e ambigua, iniziano i conflitti che sorgono dalla rottura dall’immagine genitoriale, dal bisogno di essere accettati e sopra ogni cosa di accettarsi. Con Siegel, Olson e Bruner si tenderà a leggere lo sviluppo non secondo vincoli ben delineati come precedentemente, ma dando maggiore rilievo alle caratteristiche personali e all’utilizzo degli strumenti forniti dall’esterno, si darà maggiore rilievo al rapporto instaurato con l’altro, all’interesse suscitato, ai fattori esperienziali, linguistici e conversazionali. Bruner mette in evidenza come la mente soggettiva non possa esistere se non in riferimento ad un contesto socio-culturale specifico di riferimento, così Olson dà importanza al binomio del contesto educativo verso le abilità/le risposte del singolo, quindi al continuo confronto tra stimolo, elaborazione e risposta.

C’è una tendenza sempre maggiore a leggere questa età, l’adolescenza, come fosse una patologia, errore assai comune; le diverse manifestazioni quali la tendenza alla trasgressione, all’opposizione, allo sperimentare nuove soluzioni per poi ritornare alle precedenti o creare nuove alternative, spaventano, irrigidiscono e chiudono l’adulto, il genitore. Oggi si tende a dare uno standard comune per tutti, una realtà condivisa e condivisibile, viene da sé che questa realtà non può configurarsi comoda per gli adolescenti, l’era della libertà e della sperimentazione per antonomasia.

La nostra società richiede ai giovani di restare all’interno di standard di bellezza, di successo, di danaro, di followers specifici, se non si rientra in questi standard si è esclusi.

Per il lavoro del clinico diviene una chimera poter trovare la formula giusta e adeguabile per leggere e spiegare l’adolescente se si tralascia la contestualizzazione dello stesso. L’ambiente, la famiglia, gli affetti e le singole caratteristiche possono darci la giusta lettura dell’adolescente. Infatti in questa età si manifestano sintomi e comportamenti che in qualsiasi altro contesto richiederebbero una diagnosi, un intervento immediato, ma contestualmente allo sviluppo di cui stiamo trattando rientrano in parametri “consoni”.

Fatta questa premessa pensiamo all’adolescente calato nell’anno scolastico 2020-2021, l’anno della pandemia, l’anno dello stravolgimento di tutte le certezze e le abitudini nella quali sono cresciuti e dalle quali dovevano distaccarsi, una forza maggiore li ha distaccati. Il Covid-19 è giunto nelle nostre vite nel pieno delle relazioni online, giovani proiettati nel web, nelle relazioni virtuali mentre le vivono fisicamente, le comunicazioni social che non sono altro che un continuum di quelle sociali. L’anno 2020 rappresenta una rottura di questo equilibrio tra il social e il sociale, gli adolescenti si sono trovati isolati nel mondo dei social, a dover incontrare la propria scuola, classe, professori e compagni nelle piattaforme online e non più in un istituto, a dover condividere attraverso webcam e non in vivo.

Tutte le esperienze emotive, prestazionali, sociali passano ora attraverso il grande filtro del web.

Negli anni precedenti si è parlato della dipendenza da social, della sindrome di hikikomori, oggi li abbiamo costretti a calarsi in questa realtà.

L’unicità delle esperienze e dell’espressione della ricerca del sé attraverso la ricerca del gruppo dei pari, delle esperienze sessuali, delle esperienze trasgressive ai tempi del Covid è sospesa. Sentimenti come l’incertezza, la preoccupazione, la confusione, non è peregrino immaginare che prendano il posto dell’opposizione, dell’identificazione e della rabbia. In un mondo sociale affettivo dove le grandi certezze come la famiglia e la cultura hanno continue modifiche oramai da decenni, la scuola restava un luogo di certezza, l’obbligo scolastico, la frequenza, i limiti che l’istituzione scuola dava; oggi ci troviamo a veder sgretolare quest’ultimo capo saldo, l’istituto scolastico è stato deprivato dei suoi confini fisici ed entra nelle case attraverso il web.

Riprendendo quanto pubblicato da Save the Children, una indagine IPSOS sull’abbandono scolastico rileva che uno studente su 3 abbandona la frequenza delle lezioni. Possiamo affermare con poco stupore che è in linea con quanto detto sinora: l’adolescente non si riconosce più in un gruppo, in un luogo, persino in un look, restando dentro casa, spesso in pigiama, in tuta per collegarsi, dovendo condividere quello spazio personale con i propri familiari, o lo stesso pc-tablet o altro presidio utilizzato con altri membri della famiglia, l’adolescente viene deprivato del suo mondo, del suo spazio vitale in cui esperire se stesso e sperimentarsi. Secondo l’indagine sopra citata l’85% dei giovani intervistati ammette l’importanza di uscire con gli amici e relazionarsi “in presenza”. Il 35% ritiene che le proprie prestazioni scolastiche siano peggiorate a causa della difficoltà di mantenere l’attenzione, il 38% parla della didattica a distanza in termini negativi, aumentano le difficoltà nella concentrazione oltre che i problemi tecnici dovuti alla connessione e alla scarsa dimestichezza con i mezzi online da parte dei docenti.

Lo psicoterapeuta che si trova ad intervenire in un simile contesto non può esimersi dal prendere in considerazione tutti quegli elementi tipici dell’età evolutiva adolescenziale, quindi un quadro di personalità fluido e composito, ma soprattutto deve contestualizzare l’individuo in una fase storico-culturale unica come quella attuale che comporta delle deroghe alla standardizzazione alla quale i clinici sono abituati nella loro pratica terapeutica, sintomi prodromici e determinate categorie comportamentali oggi vanno letti in maniera fluttuante tra ciò che è frutto di una metamorfosi bio-psico-fisiologica e quella che è intrinseca alla metamorfosi socio-cultuarle del contesto di cui lo stesso terapeuta è vittima. Sicuramente il terapeuta che lavora con l’adolescente ha ben chiaro che non dovrà instaurare un rapporto che venga esperito come una dipendenza, ma non dovrà configurarsi come un intervento episodico, dovrà essere accorto nel rispettare il desiderio di autonomia nell’adolescente ma allo stesso tempo fornire punti di riferimenti e certezze emotivo-affettive.

Qualsiasi sia l’orientamento dello psicoterapeuta che lavora con l’adolescente non può prescindere dal prendere in esame le singole risorse, bisogni e difficoltà, qualora i segnali siano prognostici verso lo sviluppo di psicopatologie future o comportamenti gravi, dipendenze, disturbi alimentari, deliri ecc, resta doveroso ricorrere al coinvolgimento nella terapia del gruppo famiglia per un supporto che riesca a dare al giovane la stabilità e le certezze di cui necessita per la formazione di una personalità adulta.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Andreaoli V. (2012), Lettera ad un adolescente, Milano, Rizzoli
  • Rudolph Shaffer H. (2005),"Psicologia dello sviluppo", Milano, Raffaello cortina Editore
  • Tambelli R. (2012), Psicologia clinica dell’età evolutiva, Bologna, Il Mulino
  • Verardo A., Lauretti G., Noi adolescenti al Tempo del Coronavirus – istruzioni per la sopravvivenza emotiva, EMDR. Disponibile qui.
  • Scuola e Covid-19: pensieri e aspettative degli adolescenti. Save the Children.
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