Nelle pagine di Maddalena bipolare troviamo la storia di Sabrina, ne ricostruiamo il percorso clinico e di vita, giriamo con lei nei corridoi della clinica psichiatrica e ci immergiamo nella sofferenza umana.
Maddalena bipolare è la storia, narrata in prima persona in un misto di prosa e di epistolario, di Sabrina/Maddalena, una giovane trentenne che viene ricoverata ‘nella clinica dei matti’ a seguito di un ennesimo episodio di euforia maniacale che, quando le capita, la porta ad identificarsi con personaggi vari, come per esempio Maria Maddalena, che dà il titolo al romanzo.
‘Mi chiamo Sabrina, ho trent’anni e soffro di un disturbo dell’umore che a volte di aggrava in un disturbo di conversione. E sono anche istrionica, che è un disturbo della personalità‘ (p. 57). Così si descrive la protagonista e appare come un’eterna bambina, seduttiva e drammatica, che nel disperato tentativo di piacere a tutti e di sentirsi amata (‘Mica puoi piacere a tutti. Eh già, ditelo a un’istrionica!’, p. 59), si ritrova sopraffatta da un turbine di emozioni e bloccata nel corpo. In clinica, oltre ad una serie di altri personaggi, appare lo psichiatra Guido, che entrerà nella relazione con la paziente in maniera incauta, innescando un sentimento di innamoramento e attrazione, che si svilupperà nel corso delle pagine. Attraverso la narrazione diretta vediamo esplodere questo moto emotivo e costruirsi nella mente della paziente, trovare forma e giustificazione, coerenza e nutrimento. Sabrina viene dimessa e comincia una corrispondenza epistolare unidirezionale, fino a che uno giorno Guido risponde. Si affida alla lettura il seguito e l’epilogo.
Nelle pagine che scorrono troviamo la storia di Sabrina, ne ricostruiamo il percorso clinico e di vita, la vediamo incontrare Guido, il primario, la sentiamo emozionarsi e perdersi nei suoi pensieri, giriamo con lei nei corridoi della clinica psichiatrica e ci immergiamo nella sofferenza umana; leggiamo poesie. E tra citazioni di Alda Merini – grande esempio di poesia e follia – e riferimenti alla storia tra Jung e Sabina Spielrein ci muoviamo nella franca esperienza della paziente che oscilla tra dramma e tenerezza.
È una storia che con semplicità, ma con accurata precisione, ci ricorda quanto è fragile l’animo che soffre e quanto è importante il tocco di chi cura, che ci racconta della relazione tra chi dà cura e chi la riceve, quella relazione medico-paziente, tanto preziosa quanto delicata e scivolosa, a volte. È un libro che ci fa tornare nelle corsie delle cliniche psichiatriche, tra luci e ombre del trattamento della malattia mentale; che ci fa vedere e sentire la sofferenza dei pazienti e la fragilità che può avvolgerli, tanto da rendere ogni movimento da parte di chi si offre di aiutare necessariamente attento e consapevole.