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Che fatica le relazioni sociali! I meccanismi della dipendenza relazionale – Report e video dall’evento

Report dal webinar tenuto dal CIP di Modena sui rapporti interpersonali, in particolare sui meccanismi che portano a sviluppare una dipendenza relazionale

Di Alessia Rapacchi

Pubblicato il 27 Gen. 2021

Aggiornato il 13 Mag. 2022 15:21

Report dall’evento online organizzato dal CIP di Modena sul tema delle relazioni sociali, in particolare sui meccanismi che portano a sviluppare una dipendenza affettiva.

 

Uno dei motivi più frequenti di richiesta di inizio di un percorso terapeutico risiede nella difficoltà di regolazione di un’emozione specifica che si ripercuote sulle relazioni interpersonali. La manifestazione di problematiche emotive è dovuta a difficoltà nell’acquisizione della competenza emotiva, ossia la capacità di percepire e riconoscere le emozioni, di discriminarle tra loro e di riuscire a nominarle; aspetto che comporta complicazioni anche per quanto riguarda il riconoscimento delle emozioni negli altri.

Un contributo importante nell’acquisizione della competenza emotiva è svolto dalle esperienze infantili precoci, in particolare dalla relazione di attaccamento con figure di riferimento e da un ambiente validante. Infatti, l’attaccamento rappresenta il comportamento che spinge il bambino a cercare la vicinanza delle persone che si prendono cura di lui nel momento in cui vive emozioni spiacevoli. Si tratta di un comportamento innato che si ripercuote sulla modalità di gestione delle emozioni anche in età adulta, in base alla risposta del genitore ricevuta in infanzia. Un atteggiamento validante invece risulta benefico poiché permette al bambino di provare sia emozioni positive sia negative, di riconoscerne le funzioni e le relative modalità di espressione più adeguate.

Con il termine personalità si intende il modo di vedere, comprendere e relazionarsi con il mondo esterno, così come la modalità in cui una persona vede se stessa. La personalità si forma a partire dall’infanzia dall’interazione di fattori ereditari ed ambientali e determina il modo in cui una persona pensa, sente, percepisce e si comporta. Quando la modalità di esperienza interiore e di comportamento è pervasiva, inflessibile, stabile e causa una sofferenza che condiziona il funzionamento della persona si parla di disturbo della personalità. Per dipendenza invece si intende una condizione in cui l’organismo ha bisogno di una determinata sostanza, persona o attività per funzionare; le caratteristiche principali consistono nel non riuscire a rinunciare alla sostanza o al comportamento senza sperimentare disagio ed apprensione e la centralità che tale sostanza o comportamento assume nella vita dell’individuo. Tutti dipendono da qualcuno o qualcosa nei momenti di vulnerabilità, ciò che distingue una dipendenza sana da una problematica però riguarda il mantenimento della propria identità nel primo caso; in altre parole l’assenza di una persona significativa può provocare mancanza affettiva ma non condiziona l’individuo, non gli impedisce di funzionare. Nel caso del disturbo di personalità dipendente invece la dipendenza relazionale è patologica poiché si osserva un intenso timore dell’abbandono, un atteggiamento passivo e sottomesso ai desideri dell’altro e una richiesta costante di rassicurazioni.

Ma come si configura un disturbo di personalità dipendente? I fattori relativi alla predisposizione genetica (timidezza) e alle esperienze infantili (relazioni trascuranti, di solitudine) fanno sì che si sviluppino credenze centrali su di sé e sugli altri (solo, non amato, incapace), rispetto alle quali l’individuo mette in atto delle strategie disfunzionali di fronteggiamento, vale a dire comportamenti di sicurezza che hanno lo scopo di impedire l’attivazione delle credenze (cercare qualcuno a cui appoggiarsi). Tuttavia quando queste credenze e strategie si cronicizzano, diventando rigide e pervasive possono configurarsi in un disturbo di personalità dipendente. Le persone che soffrono di questo disturbo di personalità sperimentano spesso ansia, che tendono a gestire attraverso l’evitamento; il loro attaccamento con le figure di accudimento è frequentemente di tipo insicuro-ambivalente o resistente (C), per cui il genitore si è dimostrato imprevedibile, capace di fornire vicinanza e protezione ma non sempre disponibile a concederle. Conseguentemente il bambino si attribuisce la colpa o il merito di conquistare la vicinanza del genitore tramite le prestazioni (“se faccio il bravo la mamma mi abbraccia”) e il giudizio sulla propria amabilità dipende dalla risposta del genitore, aspetto che impedisce al bambino di costruirsi un’immagine di sé stabile. Nello specifico, il bambino tenderà a ricercare la vicinanza rinunciando all’esplorazione dell’ambiente e a considerare l’intimità come intensamente desiderabile e allo stesso tempo temibile, per paura di venire rifiutato perché considerato non amabile. Inoltre, tenderà a utilizzare come strategia comportamentale l’evitamento, richiudendosi in poche relazioni più prevedibili. In sintesi, un individuo con un disturbo di personalità dipendente tendenzialmente si considera debole, incompetente, non amato e vede l’altro come capace, supportivo e protettivo. Pertanto si appoggia a un’altra persona e solo vicino a qualcun altro si sente sicuro, con la conseguenza di essere disposto a tutto pur di mantenere la relazione.

Come pensa, si sente e vive le relazioni una persona con disturbo di personalità dipendente? Lo stato desiderato è l’autoefficacia, ovvero la rappresentazione di sé come competente, che raggiunge solo in presenza di una relazione solida; quando una persona si allontana infatti sperimenta un vuoto disorganizzato con sintomi depressivi, ansiosi e apatici. Avendo diverse relazioni di riferimento da mantenere l’individuo si trova in una condizione di overwhelming, cioè possiede una rappresentazione caotica di molteplici scopi e compiti, a volte contraddittori, dato che ha il desiderio di accontentare tutti, finendo per provare confusione ed abbattimento. L’individuo presenta la tendenza a soddisfare i bisogni altrui, tuttavia quando le proprie aspettative sono incompatibili con quelle altrui sperimenta un senso di obbligo a cui si ribella emotivamente con rabbia (ribellione alla coercizione); a tale rabbia però segue senso di colpa e timore dell’abbandono poiché vede l’altro sofferente. Le relazioni interpersonali dunque sono caratterizzate da oscillazioni tra accudimento e aiuto negato perché l’altro non è sempre disponibile a soddisfare il bisogno di continue rassicurazioni del paziente.

Per quanto riguarda le linee di intervento, il lavoro terapeutico parte dall’aiutare a rendere consapevole il paziente del proprio funzionamento e ad identificare le proprie credenze disfunzionali; in seguito lo si aiuta a vedere come la strategia di fronteggiamento che utilizza (dipendenza) gli arrechi dolore e a cercare alternative di regolazione più funzionali, incrementando l’autonomia. Per raggiungere questi obiettivi, è possibile integrare una serie di tecniche di intervento, quali: Terapia Cognitivo-Comportamentale (CBT), Terapia Metacognitiva (MCT), Skills Training, validazione della Terapia Dialettico-Comportamentale (DBT) e Mindfulness.

 

CHE FATICA LE RELAZIONI! ANALIZZIAMO I MECCANISMI DELLA DIPENDENZA RELAZIONALE

Guarda il video integrale del webinar:

 

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