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Il sogno tra significati e funzioni

Per la psicologia e in particolare per la psicoanalisi, il valore dei sogni risiede soprattutto nella loro dimensione simbolica.

Di Barbara La Russa

Pubblicato il 01 Dic. 2020

Secondo la neurobiologia, i sogni sono un modo singolare che il nostro corpo utilizza per tenere ‘allenato’ il cervello.

 

Secondo le antiche tradizioni invece, i sogni sono messaggi mandati dagli dei. Per la psicologia e in particolare per la psicoanalisi, il valore dei sogni risiede soprattutto nella loro dimensione simbolica. I sogni sarebbero l’espressione di pensieri, sentimenti e ricordi che di giorno evitiamo, ma che nei sogni emergono sia pure camuffati, poiché da essi continuiamo a difenderci.

Freud (1899b) fu il primo a sostenere che i sogni rappresentassero la via principale per accedere ai contenuti inconsci. Nella sua teoria l’enfasi è stata posta in particolare sul concetto di desiderio, secondo Freud (1899b) infatti nel sogno i desideri rimossi e inaccettabili trovano una via per essere espressi nel Contenuto manifesto, che cela invece il Contenuto latente, cui non è consentito svelarsi nella sua ‘essenza’ dalla funzione di censura della coscienza. Il sogno può essere considerato quindi, già a partire da questi punti essenziali della teoria freudiana, come una forma di pensiero che si esprime principalmente per immagini, suoni, e sensazioni corporee e che ci permette di avere accesso a contenuti inconsci rimossi, sebbene in forma criptica. Freud (1899b) tuttavia concepiva le manifestazioni oniriche più come ‘processi distorsivi’ in cerca di interpretazione, che come processi di pensiero. L’impostazione di Jung, fondatore della psicologia analitica, è piuttosto diversa da quella di Freud. Per Jung i sogni sono l’espressione di un ‘inconscio collettivo’, ossia di quel patrimonio di simboli e d’immagini ‘archetipiche’ (cioè primordiali e appartenenti alla specie) che tutti gli uomini condividono. La loro forza risiede nel loro essere portatori di un sapere profondo, illuminante, capace di trasmettere saggezza ed energia. Secondo Jung il sogno non poteva essere solo un ‘appagamento camuffato di un desiderio nascosto’, ma era qualcosa di più complesso: i sogni erano indipendenti sia dalla nostra volontà sia dalla nostra coscienza. Secondo lo scienziato gli oggetti e le persone di un sogno non erano sempre investiti di un desiderio (sessuale o non) mancato. Inoltre, se da un lato Freud applicò alla realtà un punto di vista riduttivistico che lo portò a cercare di decifrare i segni presenti nei sogni, Jung, da un punto di vista teleologico e finalistico, si concentrò invece a rintracciare quale fosse la funzione dei sogni e quindi a decifrarne i simboli. Segni e simboli infatti rimandano a significati ben diversi: i primi vengono considerati significanti universali, i secondi rimandano a contenuti strettamente personali del sognatore, che ne riequilibrano la personalità. L’interesse di Jung per il mondo onirico non deriva però dai sogni in quanto tali, ma da quanto questi possono dire sul funzionamento della psiche in generale. Ritiene infatti, a differenza di Freud, che il sogno non nasconda nulla, che non inganni il sognatore, ma che semplicemente vada in qualche modo ‘tradotto’ attraverso i simboli propri di ogni persona e cultura. Naturalmente, la diversità teorica si riflette anche in una diversità pratica e quindi in diversi metodi di analisi pratica del contenuto onirico.

Oggi sappiamo che il sogno è anche la via regia per accedere alla memoria, dunque anche ai contenuti dell’inconscio, in quanto ci consente una ‘rappresentazione pittografica e simbolopoietica’ di tracce mnesiche anche implicite significative, a-verbali e a-simboliche (Mancia, 2004; p.69). Ciò è confermato anche in ambito neuroscientifico, dove diversi studi hanno dimostrato che durante il sonno REM (Rapid Eye Moviment) si ha l’attivazione di ampie aree associative tra cui quelle temporo-parietali, frontali e limbiche, che possono essere considerate responsabili delle funzioni mnestiche, semantiche, simboliche ed emozionali che connotano il pensiero onirico. Nel sonno REM si verificano inoltre condizioni di attivazione cerebrale che consentono il recupero di tracce mnestiche più definite e anche di narrazioni di una certa lunghezza (Mancia, 2004). C’è un chiaro legame tra il sogno e la memoria, in quanto nelle sue espressioni il sogno stesso non farebbe altro che allacciare, con la sua ‘logica’ peculiare, tracce mnesiche esplicite e implicite, cercando una certa continuità con l’esperienza presente del sognatore.

Ciò ci permette di comprendere come a partire da Freud (1899) la concezione del sogno abbia subito un’evoluzione in concomitanza all’evolvere delle teorie psicanalitiche, dal ‘pulsionale’ al ‘relazionale’, ma anche grazie alle nuove scoperte scientifiche. E’ ormai assodato infatti che il cervello durante il sonno non riposa, semplicemente cambia i suoi ritmi e alterna la funzionalità di determinate aree in modo tale da consentire l’omeostasi a livello biologico dell’individuo, che tenderà a regolarizzare le sue varie funzioni vegetative, restringendo progressivamente ed in parallelo il campo di coscienza. Dunque dobbiamo trattare l’attività del cervello durante il sonno consapevoli che lo stesso si organizza secondo ‘turni di lavoro’ differenti che cambiano, modificando la loro attività di conseguenza alla fase del sonno in cui ci troviamo (Mancia, 2004). Tra le varie fasi del sonno la fase REM è quella che da sempre ha suscitato maggiore interesse, e non solo in ambito scientifico, in quanto rappresenta la base neurofisiologica del sogno nella sua forma più vivida e passibile di ricordo, consentendo al soggetto di dare sfogo al proprio inconscio, rimosso e non, per mezzo di intense allucinazioni e visioni, che appunto vanno di pari passo ad alterazioni dal punto di vista neurofisiologico, come il battito cardiaco e il respiro che diventano aritmici, la termoregolazione che viene sospesa e in sintesi l’intero sistema vegetativo che va in subbuglio per alcuni minuti (durante la notte comunque le varie fasi del sonno si alternano, accompagnando il soggetto fino al risveglio). Il sonno REM, per mezzo del sogno ci consente di collegare il nostro mondo interno, costituito da tracce mnesische implicite ed esplicite del ‘là e allora’, al mondo esterno e presente del sognatore, costituendo un vero e proprio ‘ponte temporale’ alla ricerca della continuità dell’esperienza e del significato simbolico della stessa, anche se forclusa dalla vita psichica del soggetto.

In altre parole il sogno rappresenta quel link mancante tra le esperienze del nostro passato e l’esperienza presente, in modo particolare per ciò che ne concerne relazioni interiorizzate e vissuti emotivi annessi. L’obiettivo delle produzioni oniriche è dunque quello di ‘simbolizzare’, di cercare quei significati mancanti, che tuttavia non potendosi manifestare in quanto tali in forma diretta, si manifestano in forma di ‘significanti dai molteplici significati’, operando una trasformazione che ha molto in comune con l’espressione artistica (Mancia, 2004; p. 91). In questo senso il sogno va concepito, non più come un processo di distorsione dei contenuti mentali inconsci, ma come una forma di pensiero da non scindere da quello diurno, dunque da concepire in continuità con lo stesso, sebbene si sviluppi a differenza di quest’ultimo con una logica ben diversa, basata sulla metafora e su significati simbolici, un po’ come accade nel linguaggio poetico, che nasce dalla ‘necessità dell’uomo di drammatizzazione del mondo interno e di elaborazione tesa alla costruzione del pensiero’ (Mancia, 2004; p. 91). In definitiva le funzioni simbolopoietiche del sogno consentono anche ai contenuti registrati dalle strutture della memoria implicita, appartenenti all’inconscio non rimosso, di venire rappresentati per mezzo di immagini, suoni, sensazioni corporee, che attraverso il linguaggio onirico permettono la simbolizzazione e verbalizzazione della storia affettiva ed emozionale del soggetto.

Il sogno può quindi rendere pensabili anche esperienze prive di ricordi, divenendo il teatro in cui vengono messi in atto affetti ed emozioni appartenenti alla storia relazionale del soggetto che, contestualizzati nel qui ed ora della relazione terapeutica permettono di accedere al ‘mondo interno’ del paziente, in particolare anche a quelle esperienze primarie presimboliche e preverbali, anche traumatiche, che altrimenti resterebbero non passibili di ricostruzione.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • FREUD, S. (1899b), L’interpretazione dei sogni. In Opere, vol. 2; Bollati Boringhieri, Torino (1967).
  • MANCIA, M. (2004), Sentire le parole. Bollati Boringhieri, Torino.
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