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I sogni lucidi e l’uso della sveglia

Nei sogni lucidi il dormiente è consapevole di sognare. Circa il 50% della popolazione li fa almeno una volta nella vita e il 20% li fa regolarmente.

Di Catia Lo Russo

Pubblicato il 13 Ott. 2020

Studi passati hanno suggerito che la deliberata alterazione dei comportamenti legati al sonno, come ad esempio il breve riaddormentarsi dopo il risveglio, può essere usata per indurre sogni lucidi.

 

Lo studio attuale (Smith &Blagrove, 2015) amplia questo lavoro indagando l’associazione tra la frequenza dei sogni lucidi e l’uso della sveglia. Ottantaquattro partecipanti hanno completato un questionario retrospettivo online che ha misurato la frequenza dei sogni lucidi, la frequenza dell’uso della sveglia, la frequenza dell’uso del pulsante snooze al mattino e il numero medio di risvegli per notte.

Il termine “sogno lucido” è stato coniato da Van Eeden (1913) per indicare un sogno in cui il dormiente sa di sognare. Si stima che circa il 50% della popolazione generale faccia almeno una volta nella vita un sogno lucido e circa il 20% delle persone fa sogni lucidi regolarmente (Schredl&Erlacher, 2011). Studi fatti hanno suggerito che tale tipologia di sogni si verifichi subito dopo il sogno REM, infatti, è stato verificato, per mezzo dell’uso del eye-movement signaling durante il sonno REM, che il sogno lucido si accompagna ad un movimento rapido degli occhi (LaBerge, Nagel, Dement, &Zarcone, 1981). Inoltre, nel sonno REM, la corteccia prefrontale dorsolaterale (DLPFC) si disattiva selettivamente (Schwartz&Maquet, 2002), e la sua riattivazione consente il pensiero diretto, la metacognizione e la consapevolezza durante il sogno (Hobson, Pace-Schott, & Stickgold, 2000). La ricerca di Brain imaging supporta tale speculazione, come dimostrato da Voss, Holzmann, Tuin e Hobson (2009), i quali sono stati in grado di convalidare per la prima volta che il sogno lucido è direttamente associato a modelli di attivazione corticale sulle regioni frontali durante il sonno REM. Pertanto, per passare dal sogno REM al sogno lucido, si verifica un aumento di attività in alcune aree cerebrali, tale per cui vi sono immagini visive più vivide, una maggiore attività cognitiva e una maggiore lunghezza delle parole dei sogni (Antrobus, Kondo, Reinsel, &Fein, 1995).

Anche se sono stati fatti tentativi per sviluppare tecniche per indurre e aumentare la frequenza del sogno lucido, Stumbrys, Erlacher, Schädlich e Schredl (2012) hanno trovato che la tecnica Wake-Back-To-Bed (WBTB) è una delle tante tecniche di induzione che è efficace per provocare sogni lucidi. In questa tecnica un individuo programma una sveglia per svegliarsi un’ora prima dell’ora naturale di risveglio e, al risveglio, si concentra sull’essere lucido quando si addormenta di nuovo (LaBerge, 1985). Il primo obiettivo dello studio attuale è quello di valutare la prevalenza dei sogni lucidi in funzione della frequenza di utilizzo delle sveglie. Il secondo obiettivo è quello di valutare la prevalenza dei sogni lucidi in funzione della frequenza di utilizzo del pulsante snooze. L’ipotesi è che un uso maggiore del pulsante snooze possa essere associato a sogni lucidi frequenti. Il terzo scopo dello studio è quello di condurre un’analisi dell’associazione tra il sogno lucido e l’uso del pulsante dello snooze che controlla altre variabili che potrebbero essere correlate alla frequenza del sogno lucido o all’uso del pulsante dello snooze, ovvero la frequenza di richiamo del sogno, il numero di risvegli per notte e la frequenza dell’uso della sveglia.

Innanzitutto ai partecipanti è stata fornita una definizione di sogno lucido:

esso si verifica quando un individuo si rende conto che sta sognando e, pur rimanendo addormentato, può controllare alcuni degli eventi o del contenuto del sogno.

Successivamente gli è stato chiesto se avevano vissuto o meno un sogno lucido (es. “Hai mai fatto un sogno lucido?”) e in caso di risposta affermativa, hanno indicato la frequenza (mai, meno di una volta all’anno, una volta all’anno, 1-2 notti all’anno, 1-3 notti al mese, 1-3 notti alla settimana, 1-3 notti al mese, 4-7 notti alla settimana). Le stesse opzioni di risposta, sono state utilizzate per valutare la frequenza di richiamo dei sogni. Ai sognatori lucidi è stato poi chiesto di scrivere un rapporto di un sogno lucido per assicurarsi di aver classificato correttamente il sogno e di averne compreso la definizione. Il numero di risvegli è stato valutato dalla domanda “Quante volte in una notte ti svegli, anche solo brevemente?”; inoltre, ai partecipanti è stato chiesto “Utilizzi una sveglia?”, e, in caso di risposta affermativa, è stato poi chiesto “Quante mattine a settimana utilizzi la sveglia?”, “Quante volte, in media, premi il tasto di snooze?” e il numero medio di volte che lo utilizza ogni mattina.

Dai risultati è emerso che la categorizzazione dei partecipanti in base all’utilizzo o meno di una sveglia non ha portato a differenze significative tra i gruppi di utilizzo della sveglia per la frequenza dei sogni lucidi. Inoltre, è emerso che esiste una relazione significativa e positiva tra la frequenza del sogno lucido, il gesto di premere il tasto di snooze della sveglia, nel caso di persone che utilizzino una sveglia, e la frequenza di richiamo dei sogni. Tuttavia, un limite del presente studio è costituito dal fatto che non è stato chiesto ai partecipanti quanto spesso o se i loro sogni lucidi si verificano durante i periodi di sonno dopo l’uso del pulsante snooze; pertanto, potrebbe essere che i sogni lucidi si verifichino in momenti diversi dai periodi di snooze, nel qual caso potrebbe essere necessario proporre e studiare qualche altra spiegazione per la relazione tra l’uso del pulsante snooze e il sogno lucido valutato retrospettivamente.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Antrobus, J., Kondo, T., Reinsel, R., &Fein, G. (1995). Dreaming in the late morning: Summation of REM and diurnalcorticalactivation. Consciousness and Cognition: An International Journal, 4, 275–299.
  • Hobson, J. A., Pace-Schott, E. F., &Stickgold, R. (2000). Dreaming and the brain: Toward a cognitive neuroscience of consciousstates. Behavioral and Brain Sciences, 23, 793–842.
  • LaBerge, S. (1985). Luciddreaming. New York, NY: Ballantine Books.
  • Laberge, S. P., Nagel, L. E., Dement, W. C., &Zarcone, V. P., Jr. (1981). Luciddreamingverified by volitionalcommunicationduring REM sleep. Perceptual and Motor Skills, 52, 727–732.
  • Schredl, M., &Erlacher, D. (2011). Frequency of luciddreaming in a representativeGerman sample. Perceptual and Motor Skills, 112, 104–108.
  • Schwartz, S., &Maquet, P. (2002). Sleepimaging and the neuro-psychological assessment of dreams. Trends in Cognitive Sciences, 6, 23–30.
  • Smith, B.V., &Blagrove, M. (2015). Lucid Dreaming Frequency and Alarm Clock Snooze Button Use. Dreaming, 25(4), 291-299.
  • Stumbrys, T., Erlacher, D., Schädlich, M., &Schredl, M. (2012). Induction of luciddreams: A systematicreview of evidence. Consciousness and Cognition: An International Journal, 21, 1456–1475.
  • Van Eeden, F. (1913). A study of dreams. Proceedings of the Society for Psychical Research, 26, 431–461.
  • Voss, U., Holzmann, R., Tuin, I., &Hobson, J. A. (2009). Luciddreaming: A state of consciousness with features of bothwaking and non-luciddreaming. Sleep: Journal of Sleep and Sleep Disorders Research, 32, 1191–1200.
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