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Il ruolo dei familiari nel mantenimento e nel trattamento del disturbo ossessivo compulsivo – Report del webinar

Un webinar arricchente, curato ed accurato, in grado fornire contenuti, esperienze e materiale immediatamente spendibili per il trattamento del DOC.

Di Valentina Nocito

Pubblicato il 16 Nov. 2020

Il 16 ottobre 2020, si è tenuto un webinar organizzato dalle Scuole di Psicoterapia Cognitiva APC-SPC-AIP-SICC-IGB sul tema del ruolo dei familiari nel mantenimento e nel trattamento del disturbo ossessivo compulsivo (DOC).

 

Ad argomentarlo è stato lo psicologo e psicoterapeuta Dott. Angelo Maria Saliani.

Un webinar ricco di contenuti, parti esperienziali e condivisione di materiale, immediatamente spendibile nella pratica clinica per il professionista.

Partendo dal contributo di Van Noppen, Rasmussen ed Eisen (1919), sono state esplorate le tipiche reazioni dei familiari alla sintomatologia ossessivo compulsiva del paziente. Gli autori citati infatti, evidenziano le tipiche reazioni emotive e comportamentali inserendole lungo un continuum che va dall’accomodamento all’antagonismo.

IMMAGINE 1 – La relazione tra il paziente e il familiare

Ha spiegato infatti il Dott. Saliani che spesso, nelle dinamiche relazionali tra paziente e familiare, si assiste ad un coinvolgimento emotivo che può andare dall’essere per l’appunto accomodanti, accondiscendenti e complici nell’esecuzione ad esempio di rituali di controllo o comportamenti di evitamento, creando inoltre quella che il Dott. Saliani definisce situazione del Primo Tipo ossia quella in cui il familiare partecipa attivamente al sintomo, oppure all’altro estremo, dove il familiare reagisce con antagonismo ossia con rifiuto, ostilità, critica, punizioni, dettate dalla frustrazione emotiva che inquina l’atmosfera familiare quotidiana. Oltre ad averci illustrato il perché tali strategie non funzionano se non in senso di mantenimento del sintomo e peggiorativo in quanto alimentano nel paziente, specie con l’antagonismo, chiusura, vergogna e senso di colpa, il Dott. Saliani ha illustrato ulteriori modalità messe in atto dal familiare, delle vere e proprie trappole interpersonali denominate insieme al gruppo di lavoro Balestrini, Mancini e Barcaccia:

  • Pacca sulla spalla: caratterizzato dal tentativo del familiare di fornire rassicurazioni circa i timori del paziente;
  • Bugia a fin di bene: sempre nel tentativo di placare l’ansia del paziente, a volte il familiare ricorre anche a per l’appunto dire bugie a fin di bene (es. “Ma sì, stai tranquillo. Ho controllato anch’io…”);
  • Suggerimento di soluzioni: inconsapevolmente il familiare, colludendo con il sintomo, propone delle strategie alternative, ma alquanto disfunzionali (es. per essere sicuri che i tuoi oggetti non entrino in contatto con i nostri, stabiliremo uno spazio nella tua camera dove avrai accesso solo tu);
  • Disputa razionale: in questo caso il familiare cerca di dimostrare con spiegazioni razionali, l’infondatezza dei suoi timori;
  • Supplica addolorata: spesso, in preda all’esasperazione il familiare supplica il paziente di smetterla, interrompere l’esecuzione del sintomo, facendo notare la sofferenza che crea nel resto dei familiari. Ovviamente anche in questo caso l’effetto sarà peggiorativo, in quanto aumenterà il senso di colpa, già abbondantemente presente in una persona con DOC;
  • Biasimo: in questo caso si assiste ad esplosioni di rabbia dei familiari che a questo punto agiscono con critiche, offese, rimproveri e musi lunghi nei confronti del paziente.

IMMAGINE 2 – Le trappole interpersonali messe in atto dal familiare

IMMAGINE 3 – Le trappole interpersonali messe in atto dal familiare

Ampiamente approfondite e spiegate tali strategie, i partecipanti hanno avuto la possibilità di esercitarsi ed entrare nel vivo di quanto finora spiegato.

Tuttavia, oltre all’elenco delle trappole, sono state fornite anche quelle strategie terapeutiche per uscire da tali trappole, attraverso cinque principi fondamentali:

  1. Validare lo stato emotivo del paziente: il paziente è diventato una vittima del meccanismo ossessivo compulsivo (così come i familiari che vanno anch’essi ascoltati e validati);
  2. Rifiuto gentile e fermo: non va assecondata la richiesta ossessiva;
  3. Motivare il rifiuto senza entrare nella logica ossessiva;
  4. Sostenere ed incoraggiare il paziente a tollerare l’ansia;
  5. Chiudere gentilmente lo scambio: spesso il paziente può divenire anche insistente nelle sue richieste di rassicurazione o controlli ed evitamenti (es. “fai tu al posto mio”), ed in quel caso diventa utile, dopo aver applicato i passi sopra elencati, chiudere lo scambio che rischia di divenire sterile né far surriscaldare emotivamente.

Anche in questo caso i partecipanti hanno avuto modo, suddivisi in gruppi, di mettersi alla prova nel ruolo del terapista, del familiare e del paziente, provando a simulare un dialogo che da disfunzionale, divenisse virtuoso.

Ma continua a spiegarci il Dott. Saliani, possiamo assistere anche a trappole del Secondo Tipo, ossia quelle in cui il paziente non richiede un coinvolgimento diretto nell’esecuzione del sintomo, ma il familiare lo subisce. In questo caso l’intervento terapeutico con i familiari in questo può essere più complicato rispetto a quello sopra descritto (del Primo Tipo), ma non impossibile.

Anche in questo caso sono state illustrate le strategie per uscire da tali trappole, che prevedono la messa in atto di un dialogo virtuoso che contempli le cinque variabili come le precedenti descritte, e che prevedono l’aggiunta del contratto.

Un contratto, continua a spiegare il Dott. Saliani, che verrà concordato e scritto anche in presenza del terapeuta, che andrà stipulato a freddo (non nel momento in cui il paziente è in preda al meccanismo ossessivo compulsivo), ed applicato con coerenza e fermezza a caldo (pensiamo ad esempio al paziente che usufruisce del passaggio del familiare e che perde tempo in eccessivi controlli compulsivi. Da contratto potrebbe esser stabilito ad esempio il numero di controlli di cui potrà usufruire e del tempo massimo che il familiare aspetterà. In quel caso, anche il familiare, infranto il patto concordato, sarà chiamato ad attenersi al contratto, ossia in riferimento all’esempio appena citato, andare via se il paziente non rispetta il tempo pattuito).

Il webinar nella sua seconda parte, è entrato nel vivo del lavoro terapeutico con i familiari, della strutturazione del setting, delle singole sedute, temi da affrontare di volta in volta, compiti da assegnare, il tutto illustrato e spiegato con precisione.

Un webinar sicuramente molto arricchente, curato ed accurato e che ritengo dunque aver centrato a pieno gli obiettivi formativi prefissati.

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SCRITTO DA
Valentina Nocito
Valentina Nocito

Psicologa e Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale

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