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Perché non rispettiamo le regole? Una ricerca dell’Università La Sapienza di Roma

Quali sono state le caratteristiche psicologiche e i determinanti psico-sociali alla base del rispetto delle regole durante la pandemia da Covid-19?

Di Annalisa Balestrieri

Pubblicato il 23 Ott. 2020

Con la diffusione del Covid-19 ci è stato richiesto di seguire alcune regole che fossero d’aiuto al contenimento del contagio a tutela della nostra e dell’altrui salute. In nome di un più grande bene comune, è stato chiesto alle persone di sacrificare i propri diritti personali per contribuire alla sicurezza collettiva.

 

Eppure oggi sembra che uno dei maggiori alleati di questo virus, che gli consente di continuare a diffondersi con numeri ancora considerevoli, siamo proprio noi, o meglio il comportamento di chi tra noi decide di non seguire le regole.

Sembra impossibile aver già dimenticato i morti dei mesi scorsi, la disperazione dei parenti ai quali non è stato consentito neppure di salutarli, eppure oggi c’è chi ridimensiona o addirittura nega contro ogni logica, l’effettiva portata di questa pandemia.

Oggi uno studio dell’Università La Sapienza di Roma, condotto e coordinato dal Professor Guido Alessandri e pubblicato sulla rivista Frontiers of Psychology, ha indagato le caratteristiche psicologiche e i determinanti psico-sociali alla base del rispetto delle regole durante l’esplosione della pandemia del COVID-19.

A cosa servono le regole

Le regole servono a dare ordine all’ambiente che ci circonda. Rendono possibile la vita sociale, tutelano i più deboli, definiscono il rispetto anche sacrificando una parte della libertà individuale per un superiore interesse della collettività. Fare proprie le regole di un gruppo significa integrarsi, imparare a collaborare e sentirsi sicuri.

In realtà a tutti è capitato di trasgredire a qualche regola anche la si ritiene giusta. Vi siete mai trovati ad attraversare con il semaforo rosso? Eppure non esitereste ad affermare che sia un’azione sbagliata.

A questo punto si presenta un problema: in noi nasce un conflitto tra quello che riteniamo giusto e quello che effettivamente è il nostro comportamento. Come conciliare le due cose?

Per evitare sensi di colpa che ledono la nostra autostima e fanno insorgere ulteriori sensi di colpa tendiamo a giustificare i nostri comportamenti mettendo in atto un meccanismo di “disimpegno morale”, una strategia cognitiva che crea una frattura tra giudizio morale e condotta.

In particolare si vedono queste conseguenze:

  • una nuova descrizione del comportamento che, visto sotto una nuova luce, da scorretto diventa comprensibile se non addirittura appropriato;
  • una distorsione del rapporto causa – effetto;
  • una rivalutazione della vittima, che assume connotati fino a diventare responsabile della nostra condotta.

Gli studi sul disimpegno morale hanno inoltre dimostrato che essere in grado di riconoscere i propri obblighi morali e di distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato non sempre comporta la volontà e la capacità di comportarsi di conseguenza.

Come si è svolta la ricerca

I dati per la ricerca sono stati raccolti nel periodo tra il 22 marzo e il 6 aprile, durante la prima fase della pandemia, su un campione di 1520 partecipanti sparsi sul territorio. Ad essi è stato sottoposto un questionario attraverso il quale dovevano dichiarare la frequenza con cui erano usciti di casa durante quel periodo e se si fossero o meno attenuti alle regole imposte dal governo.

Lo studio

Lo studio ha permesso di identificare nel disimpegno morale e nella fiducia sociale generalizzata il ruolo di predittori prossimali di comportamenti che rispettano le regole.

Le cause che hanno influenzato le scelte di comportamento sono state sostanzialmente tre:

  • il disimpegno morale ha mediato la relazione tra stabilità emotiva, narcisismo, psicopatia e allontanamento sociale, trovando giustificazioni laddove non si sono rispettate le regole;
  • il grado di fiducia nel governo ha influenzato il livello di allontanamento sociale, favorendo il non rispetto delle regole nel caso in cui la fiducia fosse carente;
  • la fiducia sociale generalizzata ha moderato l’effetto indiretto dei tratti della personalità sui comportamenti che rispettano le regole attraverso il disimpegno morale.

Quando le persone si impegnano in comportamenti che contravvengono ai loro standard personali, sperimentano generalmente un effetto negativo prodotto dallo stato di dissonanza cognitiva generato dal contrasto tra le loro azioni e i loro principi. Per contrastare questo stato emotivo negativo spiacevole e spesso insopportabile, le persone ricorrono come abbiamo visto ad una serie di strategie cognitive volte a svincolarsi dalle sanzioni morali di tale comportamento. È importante sottolineare che queste manovre non avvengono necessariamente dopo aver commesso la trasgressione, ma sono spesso anticipatrici e mirano a ridurre i sentimenti di presunta colpevolezza.

Il disimpegno morale può essere innescato in ambienti moralmente permissivi, in cui l’interesse personale dei singoli individui viene anteposto all’obbedienza ai valori della società. Più gli individui coinvolti nell’esperimento hanno percepito il restare a casa come mezzo per raggiungere un obiettivo comune perseguito collettivamente insieme a tutti gli altri concittadini, più avranno cercato di rispettarlo.

Allo stesso modo, più i cittadini avranno avuto fiducia nelle decisioni imposte dal loro governo, più si saranno impegnati nel rispettarle e più avranno considerato moralmente inaccettabile trasgredire.

I tratti di personalità

Il disimpegno morale e le fiducia sociali e politiche non sono quantità fisse possedute allo stesso modo da tutti gli individui appartenenti a un determinato contesto sociale. Studi precedenti hanno infatti dimostrato che la variazione nelle risposte degli individui al disimpegno morale può essere attribuita a differenze individuali di base nei modi di pensare, di sentire, di comportarsi, vale a dire i tratti della personalità.

Un ruolo fondamentale – spiega il Prof. Alessandrini – è giocato dalle disposizioni di base delle persone. I tratti della personalità possono determinare le scelte comportamentali influenzando la tendenza degli individui a disimpegnarsi moralmente ossia ignorare le regole senza mostrare disagio, vergogna o rimorso, arrivando a trovare una piena giustificazione delle loro azioni. Chi aveva più alto livello di disimpegno sociale ha riferito di aver violato più frequentemente le regole di isolamento o distanziamento.

A fronte delle disposizioni di base di ciascuno, il disimpegno morale, la fiducia negli altri e soprattutto nel governo sono dei potenti incentivi o disincentivi al rispetto delle regole. Rappresentano delle leve psicologiche fondamentali che nelle fasi avanzate della gestione della pandemia sempre più fanno affidamento sulle capacità di auto regolamentazione degli individui e sempre meno sulla stretta regolamentazione del loro comportamento.

In conclusione, è interessante notare che nello studio è stato scoperto che il livello di disimpegno morale mostrava una tendenza significativa ad aumentare con il passare dei giorni e ad essere negativamente associato all’aumento del numero di persone infette.

 

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