Ideata da Steven Hayes, l’ACT (Acceptance and Commitment Therapy, terapia basata sull’accettazione e sull’impegno) è considerata il ramo di terza generazione della classica Cognitive Behavior Therapy (CBT).
In un interessante libro di Harris, è riportata una bella sintesi che rende l’idea di come opera questa metodologia; A sta per accettare i propri stati d’animo ed emozioni, C significa connettersi con i propri valori, infine T è da leggersi come tradurre i propri valori in azioni. Al di là di queste considerazioni teoriche, mi piacerebbe soffermarmi su quanto la ricerca della felicità, paradossalmente, porti a concentrarsi troppo sulla ricerca di soluzioni del problema, che altro non fanno se non alimentarlo, invece di seminare e costruire una vita piena e significativa, termini usati dai terapeuti ACT.
Spiegato meglio con una metafora, provate a pensare al vostro problema più assillante come se fosse rappresentato da erbacce alte in un giardino di casa che volete ovviamente estirpare per renderlo ordinato; ora, mentre strappate erbaccia dopo erbaccia, inevitabilmente ne cresceranno contemporaneamente altre di nuove, e vi affannerete a strappare anche quelle, di fatto non risolvendo nulla ma creando un circolo vizioso e, aggiungerei noioso e improduttivo. Se invece di strappare le erbacce provate a spostare l’attenzione su come abbellire il giardino seminando rose, forse vi godreste di più la vita. Ancora, pensate a chi siete veramente e non identificate voi stessi con i vostri problemi, voi non siete la somma dei sintomi del DSM, siete persone con pregi e difetti. Avete delle passioni che magari non conoscete perché non siete connessi con il vostro vero sé.
La vita è un viaggio, da immaginare come una camminata, se ad ogni passo pensiamo a risolvere problemi, come dove spostare il peso sulle gambe e sui piedi per mantenere l’equilibrio, il viaggio sarà poco piacevole e non alzeremo lo sguardo verso l’orizzonte, non avremo scopi.
Per godersi la vita e raggiungere la realizzazione non dobbiamo tenere sotto controllo tutto, ma agire più istintivamente, consentendoci di sbagliare qualche volta, in fondo nessuno è perfetto. Certe tecniche delle due precedenti generazioni cognitivo comportamentali sono certamente ancora molto utili per alcuni pazienti, e alcune di queste tecniche e strategie sono presenti anche nell’ACT, ma trovo questo tipo di approccio una grandiosa sintesi tra cognitivismo, comportamentismo e psicodinamica (o più precisamente psicologia del profondo in senso lato). Gli approcci e i tentativi falliti precedentemente vengono smontati nella terapia e si trovano nuove vie per raggiungere ciò che si vuole.