expand_lessAPRI WIDGET

Piccole abitudini per grandi cambiamenti

Spesso riteniamo che per dei grandi successi servano delle grandi azioni, ma la verità è che migliorare anche solo l’1% è ciò che fa davvero la differenza

Di Carlotta Cento

Pubblicato il 28 Ott. 2020

Tutti abbiamo provato, almeno una volta nella vita, ad implementare delle nuove abitudini senza raggiungere il successo che ci aspettavamo; magari si tratta proprio di uno di quei fatidici buoni propositi che ci ripromettiamo di attuare ogni anno. Cosa ce lo impedisce?

 

Spesso riteniamo necessario che per dei grandi successi servano delle grandi azioni, ma la verità è che migliorare anche solo l’1% in modo costante, su lungo periodo, è ciò che fa davvero la differenza.

Mettere da parte 5 euro ogni giorno, non ci renderà milionari all’istante, ma in un mese ci permetterà di risparmiare in media ben 150 euro, in un anno 1825 euro e addirittura in cinque anni ben 9125 euro permettendoci magari di intraprendere il viaggio dei nostri sogni che da sempre rimandiamo.

Con questo esempio ciò che voglio trasmettere è l’idea che davvero con piccoli, a volte insignificanti, cambiamenti nella nostra giornata possiamo realmente fare la differenza nella nostra vita. Il modo più semplice per introdurre nella nostra quotidianità tali cambiamenti è implementare delle abitudini.

Cosa sono le abitudini?

Le abitudini sono le azioni che compiamo ogni giorno e che siamo propensi a ripetere. Spesso molte persone erroneamente tendono a pensare che sia la nostra personalità a determinare le nostre abitudini. Quante volte abbiamo sentito un amico o un parente giustificare una cattiva abitudine affermando ‘beh, sono fatto così, non ci posso fare niente’ e a questa frase potrebbero susseguirsi infinite possibilità tra cui ‘non mi è mai piaciuto lo sport, sono più un tipo da divano e serie tv’ oppure ‘fumo da vent’anni, non potrei più farne a meno’ o ancora, una delle mie preferite, ‘le verdure non le mangio fin da quando sono bambino, figurati se comincio adesso!’.

Mi dispiace deludervi, ma studiando psicologia ed essendo appassionata da tempo all’argomento, vi posso assicurare che non vi è nessuna validità scientifica su presunti tratti della personalità innati. Siamo ciò che decidiamo di essere, lo dicono anche gli scienziati.

La buona notizia però è proprio questa: nel momento in cui prendiamo consapevolezza di attuare delle azioni che non ci rendono fieri di noi stessi, abbiamo il potere di cambiarle.

Perché spesso è così difficile abbandonare un’abitudine o implementarne delle nuove?

Diciamolo chiaramente, tutti ci abbiamo provato, almeno una volta nella vita, ad implementare delle nuove abitudini senza raggiungere il successo che ci aspettavamo. Magari si tratta proprio di uno di quei fatidici buoni propositi che ci ripromettiamo di attuare ogni anno o magari, più semplicemente, si tratta di una piccola azione che continuiamo a ripetere e che non ci fa sentire del tutto a posto con noi stessi.

Qualunque sia l’entità del cambiamento, qualunque sia l’importanza che attribuiamo ad esso, non fa differenza perché spesso l’insuccesso deriva dal medesimo errore.

Ci concentriamo troppo sull’obiettivo, su ciò che vogliamo raggiungere, sul nostro momento di gloria e molto poco sugli schemi che abbiamo intenzione di attuare per raggiungerli.

Cosa sono gli schemi e perché sono più importanti degli obiettivi?

Secondo Hazel Markus, sociopsicologa americana professoressa presso la Stanford University, il concetto di sé è costituito da un insieme di schemi di sé corrispondenti alle dimensioni rispetto alle quali conosciamo noi stessi. In altre parole, oltre ad essere dei “magazzini” al cui interno vengono accumulate le conoscenze circa sé stessi, gli schemi svolgono un’importante funzione nel processo di codifica ed elaborazione delle informazioni inerenti alla propria persona, selezionando e interpretando gli eventi in modo attivo sulla base di quanto già sappiamo su noi stessi.

Secondo l’approccio psicoterapeutico innovativo, definito “Schema – Focused Cognitive Therapy”, proposto dallo psicologo americano laureato presso la Yale University, Jeffrey E. Young (1990-1999) al fine di raggiungere a pieno il proprio benessere psicologico, occorre identificare e modificare gli “Schemi Maladattivi Precoci”, cioè schemi altamente disfunzionali che sorgono durante l’infanzia o l’adolescenza e che poi vengono elaborati nel corso della vita. Tali schemi maladattivi possono comprendere ricordi, emozioni e cognizioni e sono relativi a sé e alle proprie relazioni con gli altri. Inoltre, essi nascono dalla necessità umana di costruire una rappresentazione del mondo che sia stabile e coerente, dunque rappresentano qualcosa che noi conosciamo bene e da cui non ci vogliamo distaccare, ecco perché si viene attratti dalle situazioni che rafforzano tali schemi, rendendo difficoltoso non solo il cambiamento ma anche il riconoscimento della loro inefficienza.

Per questo osservarli e modificarli è fondamentale per arrivare concretamente ai risultati che vogliamo ottenere. Gli obiettivi difatti ci permettono di definire una direzione ma gli schemi definisco i meccanismi che ci permettono di fare effettivamente dei progressi.

I problemi arrivano quando si passa troppo tempo a pensare a quali sono i propri obiettivi e meno tempo a definire quali sono i propri schemi.

Molto spesso le persone di successo e quelle che non lo sono (o quantomeno non lo sono ancora) hanno gli stessi obiettivi. Quindi non sono gli obiettivi a fare la differenza, ma ciò che è importante osservare e studiare sono i diversi passi che queste due persone mettono in atto per raggiungere i loro traguardi.

Ad esempio, se la vostra casa è spesso disordinata, magari sul momento troverete l’energia per ripulirla ed in quel momento effettivamente vi sembrerà di aver raggiunto il vostro obiettivo. Il problema, però, è che se si continuerà ad avere l’abitudine di essere disornati e lasciare le vostre cose in giro per la casa, alla fine il problema si ripresenterà.

Noi siamo convinti di dover cambiare i nostri risultati, ma ciò che è rilevante è che dobbiamo cambiare gli schemi che utilizziamo per raggiungerli.

Atomic Habits

Mi ha particolarmente incuriosito il modo in cui James Clear, giornalista ed esperto di crescita personale americano, nonché autore del best seller Atomic Habits (2018) da cui ho preso l’ispirazione per introdurvi questo argomento (la cui versione italiana del libro prende il nome per l’appunto di ‘Piccole abitudini per grandi cambiamenti’), ha definito il concetto di cambiamento.

Egli definisce il cambiamento come strutturato in diversi strati concentrici.

Nel primo strato, quello più esterno, vi sono le cose che ricerchiamo, nonché buona parte degli obiettivi che ci prefissiamo: mangiare sano, andare in palestra, riuscire ad ottenere una promozione e così via.

Il secondo strato, quello intermedio, è legato ai processi, dunque riguarda gli schemi che mettiamo in atto e le nostre abitudini.

Infine, il terzo strato, quello più interno, riguarda la nostra identità: ciò in cui crediamo, i nostri valori, la nostra visione del mondo, di noi stessi e degli altri.

Tutti e tre livelli sono importanti, ma dobbiamo imparare a definire la giusta direzione. Dobbiamo iniziare il nostro cambiamento concentrandoci sulla persona che vogliamo diventare (il terzo livello), abbandonando l’idea che i nostri traguardi risiedano unicamente nei risultati (primo livello).

Se non attuiamo questo cambio di direzione, permetteremo, ancora una volta, alla nostra ‘vecchia identità’ di sabotare il cambiamento che vorremmo attuare, lasciandoci definire da aggettivi che non vorremo più ci definissero.

Ad esempio, se continuerai a vederti come un dormiglione e non come una persona che si alza presto, continuerai a ritardare la sveglia e sarà più probabile che tu non riesca ad introdurre tale cambiamento nella tua vita, anche se ciò non ti rende felice perché magari ti costringe ad arrivare sempre in ritardo a lavoro, ad iniziare la giornata di fretta o a perdere molto tempo che potresti dedicare per lavorare ad un tuo progetto.

È molto difficile cambiare le nostre abitudini senza cambiare anche le credenze che hanno supportato quelle azioni fino ad ora.

Fai in modo che le tue abitudini siano parte della tua identità

Una delle migliori motivazioni interne è rendere un’abitudine parte della nostra identità perché è molto diverso ripetere a noi stessi ‘io sono una persona che vorrebbe essere più studiosa’ che dirsi ‘io sono una persona studiosa’.

Ad esempio, se sei fiero dei tuoi addominali e ti piace che gli altri ti considerino quello sportivo del gruppo, non salterai gli allenamenti per non perdere quel lato di te.

L’obiettivo non è leggere più libri, è diventare un lettore.

L’obiettivo non è andare in palestra più spesso, è diventare una persona in salute.

L’obiettivo non è imparare a suonare uno strumento, è diventare un musicista.

Questo perché quello che facciamo è un riflesso di quello che crediamo di essere, il che purtroppo vale anche per le cose negative. Una volta che si è adottata un’identità è difficile abbandonarla.

Questo dipende anche dall’innata tendenza umana di ricercare coerenza in noi stessi e in ciò che ci circonda. In altre parole, non amiamo affatto contraddirci e quest’ostacolo si può evitare semplicemente integrando nella nostra identità quel determinato cambiamento che vogliamo attuare in modo che il nostro cervello non abbia più l’impressione di contraddirsi.

Come cambiare la propria identità?

L’identità non nasce dal nulla, in realtà essa nasce proprio dalle nostre abitudini. Ogni cosa in cui crediamo è appresa e confermata dalle nostre esperienze, più si ripete un comportamento più si rinforza l’identità associata a quel comportamento. Qualsiasi sia la tua identità in questo momento, ci credi perché ne hai la prova. Se, ad esempio, studi un’ora tutti i giorni hai la prova di essere una persona studiosa. Se vai in palestra anche quando nevica hai la prova che sei una persona dedita all’esercizio fisico e a mantenersi in salute.

Più prove hai per una certa credenza e più fortemente ci crederai e di conseguenza più l’immagine che hai di te stesso potrà cominciare a cambiare.

In conclusione, secondo la prospettiva sopra presentata, il modo più pratico per cambiare chi sei, è cambiare che cosa fai.

Dunque dobbiamo capire che persona vogliamo essere e poi dimostrarlo a noi stessi tramite delle piccole vittorie, delle prove che accumuliamo nel tempo per confermare la nostra nuova identità ed è proprio questo che fanno le abitudini! Ovvero ci danno una piccola prova, ogni giorno, nel tempo, della persona che siamo.

 

Si parla di:
Categorie
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Markus, H. (1980). The self in thought and memory. In D. M. Wegner& R. R. Vallacher (Eds.), The self in social psychology (pp. 102-130). Hillsdale, New Jersey: Erlbaum.
  • Van Nuys, David. "An Interview with Jeffrey Young, Ph.D. on Schema Therapy". Pecan Valley Centers.
  • Clear, J., (2018). Atomic Habits: An Easy &Proven Way to Build Good Habits& Break Bad Ones
CONSIGLIATO DALLA REDAZIONE
Conoscere le conseguenze delle proprie azioni per una vita piu salutare
Promuovere abitudini più sane, aumentando la consapevolezza delle conseguenze dei propri atti

Secondo lo studio sarebbe possibile limitare i comportamenti poco salutari rendendo più evidenti alle persone le conseguenze delle proprie azioni

ARTICOLI CORRELATI
Il ruolo degli antiscopi nel mantenimento della sofferenza psicologica: “So quello che non voglio! Trascuro quello che vorrei”.

Spesso anziché focalizzarci su quello che ci piacerebbe raggiungere, diamo attenzione a quello che non vorremmo accadesse, gli antigoal

Nuovi propositi a Capodanno: la tenacia potrebbe non bastare - Psicologia
“Anno nuovo, vita nuova”: Capodanno e i propositi di cambiamento

Con il Capodanno le persone tendono a stabilire dei nuovi propositivi, che spesso però non vengono perseguiti se non per qualche settimana

WordPress Ads
cancel