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Monogamia e tradimenti: le dimensioni del fenomeno – Una serie di Roberto Lorenzini

Quale valore morale diamo alla monogamia e all'infedeltà? I tradimenti sono sempre più frequenti ma soprattutto sono ritenuti sempre più accettabili

Di Roberto Lorenzini

Pubblicato il 25 Set. 2020

Oggi pubblichiamo il secondo lavoro della serie di Roberto Lorenzini, dedicata al tema della monogamia e delle sue implicazioni psicologiche, affettive, relazionali e, perché no, sessuali. Lorenzini propone una tesi forte: la monogamia non funziona. E inizia ad argomentare analizzando le cifre della monogamia.

MONOGAMIA E TRADIMENTI – (Nr. 2) Le dimensioni del fenomeno

 Per la Corte di cassazione francese l’infedeltà non è più un atto contro la morale, in quanto scrive nel 2015: ‘con l’evolversi delle abitudini così come dei concetti morali, ad oggi non è più possibile considerare l’infedeltà coniugale come in contrasto con la comune rappresentazione della moralità nella società contemporanea‘. L’infedeltà non è quindi diversa da qualsiasi altra forma di libertà di espressione e presto non sarà più considerata una delle cause che giustificano un divorzio.

Contemporaneamente i dati diffusi da Gleeden.com, il più grande sito di incontri dedicato a donne sposate in cerca di incontri, ci dicono che in Italia nel corso dell’intera esistenza di coppia il 30% resta per sempre fedele, nel 40% dei casi uno dei due partner tradisce mentre nel restante 30% entrambi tradiscono e dunque nel 70%  dei casi le coppie vivono una situazione di tradimento singolo o doppio.

Secondo i dati raccolti su base europea dall’IFOP (istituto francese di opinione pubblica) il 45% degli italiani ha dichiarato di aver tradito il partner almeno una volta contro il 43% della Francia, il 39% della Spagna e il 36% della Gran Bretagna. Ancora più interessanti dei fatti per noi psicologi sono le opinioni che si hanno sui fatti e la ricerca ci dice che alla domanda ‘ti sei pentito/a di aver tradito il partner?’ solo un 27% di italiani ha risposto sì contro il 73% di no. E anche stavolta la percentuale è la più alta d’Europa (Francia e Germania 28%, Spagna 36% e Gran Bretagna 50%). Ma quale valore morale danno gli italiani all’infedeltà? Quello che appare particolarmente interessante non è solo l’intensa pratica dell’adulterio ma il fatto che sia in corso un mutamento della comune morale per cui si tende sempre più a ritenerlo accettabile. Secondo una ricerca condotta su scala mondiale dall’americana Pew Research il nostro paese appare molto più laico di quello che si pensa: se è vero che il 64% degli italiani pensa che l’infedeltà sia moralmente inaccettabile, la percentuale risulta comunque tra le più basse del mondo. Negli Stati Uniti, ad esempio, ben l’84% condanna pubblicamente il tradimento, così come il 76% dei Britannici e solo il 47% dei francesi e il 60% dei tedeschi.

Ancora dati IFOP ci dicono che per il 56% degli italiani si può essere innamorati del proprio partner e comunque tradirlo. Un approfondimento dello studio tutto dedicato all’Italia in quanto patria del cattolicesimo ha rivelato che per il 63% degli italiani è del tutto possibile amare due persone contemporaneamente, con un 21% degli intervistati che ha rivelato una stabile e duratura relazione con l’amante contro un 41% di avventure occasionali, il 43% degli infedeli si aspetta di essere perdonato dal partner qualora venga scoperto ed in effetti la scoperta del tradimento nel 70% dei casi non pone fine al matrimonio.

Rispetto ai tempi del tradimento il sondaggio IPSOS afferma che il 35% degli intervistati dichiara di aver ceduto al tradimento dopo il 5° anno di matrimonio, il 30% tra il 2° e il 5° anno. Per un 20% un anno di fedeltà è stato più che sufficiente, mentre un 15% ha resistito solo 3 mesi.

Ad essere intervistati sulle proprie relazioni extraconiugali sono stati 1565 italiani, uomini e donne, sposati e di età compresa tra i 24 e i 64 anni. Seguono i risultati dettagliati.

Nel primo anno di matrimonio: Il tasso di infedeltà è del 27% per gli uomini e del 21% delle donne. C’è però da considerare che tra coloro che tradiscono già al primo anno c’è un 35% che era stato infedele almeno una volta anche negli anni del fidanzamento.

Nel 2° e 3° anno di matrimonio il divario tra l’infedeltà maschile e quella femminile aumenta: il 36% degli uomini contro l’11% delle donne. Generalmente questo è il periodo in cui nasce il primo figlio, nuova situazione vissuta in maniera spesso diametralmente opposta dai due partner: le donne prese dal nuovo arrivato trascurano un po’ il marito che così è ‘costretto’ a rifugiarsi nelle braccia di qualcun’altra, o almeno questo è il luogo comune e la classica scusa utilizzata per giustificarsi!

Tra il 3° e il 9° anno di matrimonio il tasso di infedeltà cresce esponenzialmente e non si registrano più grandi differenze tra uomini e donne. Il 58% degli intervistati uomini ha confessato uno o più tradimenti, per le donne invece la percentuale è del 46%.

Dal 9° al 25° anno, l’infedeltà si fa ‘seriale’, il tradimento è ormai una routine per il 49% degli intervistati uomini e per il 36% delle donne.

Dopo il 25° anno di matrimonio il tasso di infedeltà è solo del 13%: ovviamente il fatto è probabilmente da imputare ad un fattore di età.

L’Italia presenta forti contraddizioni tra la pratica che la vede come il paese più infedele d’Europa, e la teoria mostrandosi ancora in bilico tra rivendicazioni laiche ed eredità ancora fortemente cattolica. Il 76% degli Italiani ha infatti dichiarato che rimanere fedeli per tutta la vita è possibile e la risposta è trasversale a qualsiasi fascia d’età, religione e orientamento politico.

È evidente la contraddizione tra ciò che si fa e ciò che si dice di credere. Meglio sarebbe dire ‘tra ciò che si dice di fare e ciò che si dice di credere’.

Quello che gli italiani non riescono ad accettare quando si parla di infedeltà è la manifestazione del suo lato puramente sessuale: tra gli atti che costituiscono fonte di tradimento infatti figurano baciare alla francese una persona diversa dal partner (77%), avere rapporti orali (89%), fino al rapporto sessuale vero e proprio, sia che si tratti di un episodio momentaneo (89%) che di una pratica regolare (92%).

Innamorarsi di un’altra persona ve bene quindi, basta che l’amore rimanga platonico e non si traduca in qualcosa di più fisico.

Un dato incontrovertibile sia per gli Stati Uniti che per l’Europa è che le donne hanno raggiunto e molto spesso superato gli uomini nella tendenza a tradire e che le differenze precedenti che volevano gli uomini tradire per motivi sessuali e per relazioni occasionali mentre le donne per motivi sentimentali e per relazioni più profonde e prolungate, non sono più attuali e le differenze nel tipo di tradimento non riguardano il genere ma la singola personalità. Tutte queste ricerche si basano su interviste degli interessati che possono comunque mentire. Dati più oggettivi ci giungono da quella che in ambito giuridico è diventata ormai ‘la prova regina’ ovvero il test del  DNA utilizzato per l’accertamento di paternità in continuo aumento in Italia dove dice l’avvocato Gian Ettore Gassani presidente dell’associazione dei matrimonialisti italiani:

Secondo le stime ricavabili dai dati statistici, il 15% dei secondi figli è di un padre diverso da quello ufficiale e la percentuale arriva al 25% nel caso dei terzi figli. In aumento vertiginoso le perizie che i tribunali dispongono per accertare la paternità. Inoltre, è aumentata di circa il 30% la vendita online di kit per l’accertamento ‘fai da te’ della paternità. Tali stime dimostrano che le infedeltà coniugali sono in netto aumento nel nostro Paese o almeno il livello del sospetto degli uomini di non essere padri dei propri figli oggi è particolarmente elevato e preoccupante.

In conclusione un figlio su 5 non è del padre legittimo. Credo sia ragionevole ipotizzare che tale percentuale sia molto superiore tra gli aborti in quanto tale esito, volontario o meno, è un rischio molto maggiore in una gravidanza adulterina. Se infine consideriamo che non tutti i rapporti sessuali comportano una gravidanza, soprattutto se non si tratta di rapporti sessuali consentiti, si può avere una stima di quanti coiti avvengano in sedi non istituzionali.

Sperando di aver motivato il lettore a proseguire la lettura delle prossime puntate, considerata la rilevanza del tema per molti di noi (anche se, come tradizione vuole, saremo gli ultimi a saperlo), nel prossimo articolo mi permetterò di prenderla larga per dare la falsa sensazione di un lavoro scientifico fondato su ampie ricerche bibliografiche, lunghe e profonde riflessioni e magari qualche ricerca seppure condotta da altri, coloro che hanno i fondi e le competenze per farle: darò uno sguardo a come stanno le cose nel mondo che potremmo definire ‘culture-free’ degli animali.

 

Ndr: il testo del presente articolo è tratto dal capitolo di un precedente contributo di Roberto Lorenzini, “Covid-19 e amanti”, pubblicato su State of Mind il 27 Maggio 2020.

 

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  • Immagine: Marion Fayolle – New York Times  
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