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Il Training Autogeno nella malattia oncologica

Numerose ricerche hanno analizzato i bisogni psicologici ed assistenziali del malato oncologico, ma poche hanno studiato l'utilizzo del Training Autogeno

Di Bernardo Carli

Pubblicato il 27 Lug. 2020

A fronte delle numerose evidenze sull’utilizzo del training autogeno in vari contesti, risulta interessante l’applicazione di tale tecnica nel campo oncologico, ovvero nella riduzione del dolore e nel miglioramento generale della qualità di vita percepita.

 

Il Training Autogeno (TA) è una tecnica di rilassamento sviluppata da J.H. Schultz nel 1932 con l’obiettivo di rendere il paziente meno vincolato al terapeuta e conseguentemente di sviluppare una capacità di rilassamento autonoma. È una tecnica mind to muscle, che parte dal presupposto di arrivare ad un rilassamento corporeo attraverso la concentrazione mentale. Il concetto di base è l’ideoplasia, il fenomeno per cui il pensiero riesce a modificare uno stato corporeo, mentre il principio di funzionamento è il condizionamento classico: attraverso la ripetizione di esercizi mentali volti a raggiungere un obiettivo fisiologico, si arriva alla costante associazione tra questi (Mauti, 2012).

Il training autogeno, nella sua forma, presenta sei esercizi base:

  1. Pesantezza
  2. Calore
  3. Cuore
  4. Respiro
  5. Plesso solare
  6. Fronte fresca

Gli esercizi sopra esposti seguono una prima fase di modulazione del respiro, più profondo e lento ed una induzione alla calma e rilassamento.

In letteratura sono stati riportati gli effetti positivi di tale tecnica nel trattamento di numerosi disturbi, in particolare nell’emicrania, asma, eczema, ipertensione, tachicardia, disturbi somatoformi, insonnia, ansia, depressione e dolore cronico (Linden, 1994; Stetter & Kupper, 2002; Varvogli & Darviri, 2011).

A fronte delle numerose evidenze sull’utilizzo del training autogeno in vari contesti, risulta interessante l’applicazione di tale tecnica nel campo oncologico, ovvero nella riduzione del dolore e nel miglioramento generale della qualità di vita percepita; il TA permette infatti al paziente di svolgere tale tecnica in autonomia ed in un contesto domestico e familiare rendendo più facile e accessibile l’utilizzo della tecnica di rilassamento quotidianamente. Generalmente la diagnosi di malattia neoplastica genera nel pazienti sentimenti di incertezza, paura, rabbia, insonnia e stress (Campolmi et al., 2019; Williams et al., 2016) che spesso persistono durante l’iter oncologico, riverberandosi su numerosi aspetti della vita del paziente e del familiare; rendendo necessari e auspicabili interventi complementari che siano volti a supportare il paziente nel suo percorso e garantirgli una qualità di vita soddisfacente.

Uno studio (wright et al., 2002) ha preso in esame l’effetto del Training Autogeno su un gruppo di pazienti oncologici, dopo aver somministrato il questionario HADS (Hospital Anxiety Depression Scale) e POMS (Profile of Mood States) prima e dopo il trattamento, analizzando i dati sia quantitativamente che qualitativamente.

I principali risultati dopo 10 settimane di training hanno sottolineato una riduzione dell’ansia misurata con il questionario HADS e maggiori punteggi di vigore e spirito combattivo (POMS); in aggiunta i resoconti self-report dei pazienti hanno mostrato una minore rabbia e tensione percepita, una maggiore facilità nell’addormentamento, un effetto calmante e distensivo oltre che una maggiore focalizzazione su se stessi e sui propri pensieri ed una migliore espressione degli stessi, favorendo un incremento del benessere percepito. Gli autori commentano tali risultati sottolineando che il senso di confidenza e padronanza conferito dall’acquisizione del training potrebbe placare le paure associate all’anticipazione del futuro, l’utilizzo della tecnica in autonomia permette di avere una maggiore padronanza e di svolgerla nei momenti di maggior bisogno.

Un altro studio (Hidderley, 2004) ha esaminato come l’insegnamento del training autogeno in un gruppo di pazienti oncologici influisca sulla risposta immunitaria e sulle variabili di ansia e depressione (HADS). Suddividendo il campione di 31 soggetti in due sottogruppi, uno sperimentale ed uno di controllo, i risultati hanno mostrato una riduzione dei punteggi di ansia e depressione dei soggetti che avevano partecipato al percorso di training autogeno; inoltre, nel medesimo sottogruppo, è stata osservata una maggiore risposta immunitaria attraverso l’analisi dei linfociti T e B sia rispetto al periodo antecedente il  training sia rispetto al sottogruppo di controllo. Tale dato sembra essere confermato anche da un altro studio (Minowa & Koitabashi, 2014) dove è stato evidenziato un incremento della risposta immunitaria attraverso l’analisi della immunoglobulina A salivare, in un gruppo di pazienti oncologici sottoposti a trattamento con TA rispetto al gruppo di controllo. Gli autori commentano che la stimolazione del sistema parasimpatico indotta dall’utilizzo del training potrebbe indurre una risposta immunitaria maggiore, laddove è ben documentato l’effetto dello stress nella riduzione della stessa (Taylor, 2014).

Generalmente, durante l’iter oncologico, una fase critica è rappresentata dal trattamento medico, sia farmacologico che chirurgico, dove è frequente il riscontro di sentimenti ambivalenti come la speranza per il sollievo dal dolore o dalla progressione della malattia e contemporaneamente paura ed ansia per l’invasività o l’esito del trattamento (Stark & House, 2000)

Minowa e Koitabashi (2013) hanno preso in esame l’effetto della pratica del training autogeno sulle le variabili di ansia e di dolore percepito attraverso rispettivamente il test STAI (Stait-Trait Anxiety Inventory) e VAPS (Visual Analogue Pain Scale), in un campione di 60 pazienti con tumore al seno a seguito dell’intervento chirurgico. Un gruppo di pazienti ha seguito un protocollo di TA per 20 minuti, 3 volte al giorno nei 3 giorni successivi l’intervento, mentre l’altro gruppo ha seguito l’assistenza usuale. I risultati mostrano una significativa riduzione dei parametri dell’ansia nel post-test all’interno del gruppo che aveva partecipato al training rispetto al gruppo di controllo; gli autori commentano questo dato, in linea con quanto affermato da Wright e coll. (2002), che la stimolazione del sistema parasimpatico possa aver indotto uno stato di calma e rilassamento contribuendo ad interrompere il circolo vizioso di ansia, tensione e dolore. Per quanto concerne i punteggi di dolore, vi è stata una riduzione significativa nel gruppo che ha partecipato al TA rispetto al gruppo di controllo, nonostante sia stata seguita la medesima terapia medica. Gli autori specificano che l’effetto di rilassamento del training, nel presente studio, si è mantenuto per circa un giorno, mentre in accordo con la letteratura, sono necessarie circa 8 settimane per padroneggiare efficacemente la tecnica ed avere un effetto più duraturo.

Il training autogeno si è dimostrato inoltre efficace nella prognosi dell’insonnia in pazienti affetti da malattie croniche, dove stress e ansia possono essere sia causa che conseguenza di difficoltà nel sonno.

Pertanto, Robinson e colleghi (2010) hanno preso in esame l’effetto della pratica del TA in un campione di 153 pazienti con problemi cronici di salute ed è emerso un significativo aumento della qualità del sonno percepita: nello specifico sono stati riportati minor risvegli notturni, un sonno percepito come maggiormente ristoratore e una minore latenza nell’addormentamento.

Analoghi risultati sono stati trovati in uno studio di Simeit e collaboratori (2004), dove è stata riscontrata una minor latenza nell’addormentamento, qualità e durata maggiore di ore di sonno in un campione di pazienti oncologici a seguito di un percorso di TA.

I dati hanno dimostrato anche un miglioramento della qualità di vita percepita attraverso la somministrazione del QLC-30, sottolineando un beneficio psicologico generale dell’intervento.

I risultati sopra esposti sono incoraggianti prendendo in considerazione che la prevalenza dei disturbi del sonno è presente nel 23-60% dei pazienti oncologici in rapporto al 9-30% della popolazione generale (Semeit et al., 2004).

In conclusione, sebbene siano numerosi gli studi che prendono in esame i bisogni psicologici ed assistenziali del malato oncologico, sono relativamente poche le ricerche che inseriscono e studiano il Training Autogeno come intervento complementare nella pratica oncologica.

I risultati sopra esposti mettono in luce gli aspetti positivi dell’utilizzo del TA nell’incrementare il benessere percepito, nel ridurre variabili di ansia, stress e problemi legati al sonno; potenzialmente si può evincere che tale tecnica di rilassamento, soprattutto per la possibilità di essere svolta in autonomia e relativa facilità di apprendimento, rappresenti un importante ausilio nell’intervento con il malato oncologico, migliorando molteplici variabili psicologiche e fisiche che, interconnesse, possono incrementare la qualità di vita del paziente. Sarebbe inoltre interessante approfondire la ricerca in questo campo estendendo l’utilizzo del training autogeno ad i familiari dei pazienti con il cancro, essendo quest’ultima una malattia che si riverbera inevitabilmente sul sistema di relazioni della persona che ne è affetta, stravolgendo i ruoli e la quotidianità del contesto familiare di cui fa parte.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Campolmi E., Riccio M., Carli B., et al. (2019). Melanoma Diagnosis: traumatic impact of the event on the patient. Giornale Italiano di dermatologia e venereologia.
  • Edward B., Clarke V. (2004). The psychological impact of a cancer diagnosis on families: The influence of family functioning and patients' illness characteristics on depression and anxiety. Psycho-oncology, 13, 8, 562-576.
  • Hidderley M., Holt M.P. (2004). A pilot randomized trial assessing the effects of autogenic training in early stage cancer patients in relation to psychological status and immune system responses. European Journal of oncology nursing, 8, 61-65.
  • Linden W. (1994). Autogenic training: a narrative and quantitative review of clinical outcome. Biofeedback and self-regulation, 19, 3.
  • Mauti E. (2012). Training autogeno, tecniche, sequenze ed esercizi. Demetra Giunti.
  • Minowa C., Koitabashi K. (2013). Effect of autogenic training in perioperative anxiety and pain in breast cancer patients: a randomized controlled trial. Kitakanto medicine journal, 63, 1-11.
  • Minowa C., Koitabashi K. (2014). The effect of autogenic training on salivary immunoglobulin A in surgical patients with breast cancer: A randomized pilot trial. Complementary Therapies in Clinical Practice, 20, 4, 193-196.
  • Robinson N., Bowden A., Lorenc A. (2010). Can improvements in sleep be used as an indicator of the wider benefits of autogenic training and CAM research in general?. European journal of integrative medicine, 2, 57-62.
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  • Stetter F., Kupper S. (2002). Autogenic training: a meta-analysis of clinical outcome studies. Applied psychophysiology and biofeedback, 27, 45-98.
  • Taylor S. (2014). Health Psychology. New York: MacGraw-Hill
  • Varvogli L., Darviri C. (2011). Stress management techniques: evidence-based procedures that reduce stress and promote health. Health science journal, 5, 2.
  • Williams K., Jackson S.E., Beeker R.J., et al. (2015). The impact of a cancer diagnosis on health and well-being: a prospective, population-based study. Psycho-Oncology, 25,626-632.
  • Wright S., Courtney U., Crowther D. (2002). A quantitative and qualitative pilot study of the perceived benefits of autogenic training for a group of people with cancer. European journal of cancer care 11, 122-130.
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