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Il Dr Google dice che si è affetti da “Cybercondria”

Il rischio di affidarsi al dr Google, per chi soffre di Cybercondria, è quello dell’autodiagnosi. Eppure cercare i sintomi online non crea che altra ansia

Di Concetta Papapicco

Pubblicato il 09 Lug. 2020

Aggiornato il 15 Set. 2020 15:31

I ricercatori hanno notato che vi è correlazione tra ansia riguardo la propria salute e l’ipocondria, tale per cui le ricerche online su argomenti relativi al proprio stato di salute possono indurre elevata paura e ansia. Il fenomeno della cybercondria.

 

A seguito della Rivoluzione digitale, la ricerca di informazioni circa la salute fisica e psichica è la terza attività su Internet (Fox, 2013). Anche se Internet e, nello specifico Google come motore di ricerca, risulta una fonte preziosa per ricercare informazioni mediche, il risultato è da un lato l’aumento di ansia, della paura o di comportamenti ossessivo-compulsivi, soprattutto in personalità tendenzialmente fobiche (Aiken, Kirwan, Berry & O’Boyle, 2012; Norr, Albanese, Oglesby, Allan, & Schmidt, 2015). Dall’altro, il rischio di affidarsi al dottor Google è quello dell’autodiagnosi. Numerosi all’interno del cyberspazio sono, infatti, forum medici e psicologici in cui gli stessi utenti, senza competenze, si confrontano su sintomi e casistiche di malattie, dimenticando tutta la dimensione soggettiva.

In particolare, i ricercatori hanno notato che vi è correlazione tra ansia riguardo la propria salute e l’ipocondria, tale per cui, le ricerche online su argomenti relativi al proprio stato di salute possono indurre elevata paura e ansia (Aiken et al., 2012). Questi collegamenti hanno portato ad una concettualizzazione del termine “cybercondria”, con il quale ci si riferisce ad un’escalation di preoccupazioni sulla sintomatologia mentale o fisica dipendente dalla recensione dei risultati della ricerca online (Starcevic & Berle, 2013; White & Horvitz, 2009). A livello terminologico, ‘cybercondria’ deriva dalla contrazione tra ‘cyber’ e ‘ipocondria’.

La ricerca di informazioni sulla propria salute tramite Internet, però, può avere effetti positivi e negativi sulle persone. I forum online possono essere efficaci nella condivisione, ad esempio, incentivando le persone nel fare maggiore esercizio fisico o nell’adottare abitudini alimentari più sane, o nell’aderire alla terapia farmacologica: in questi casi la ricerca di informazioni sullo stato di salute su Google può portare a risultati positivi (Mcelroy & Shevlin, 2014).

Al contrario, tali sforzi nella ricerca di informazioni potrebbero aumentare l’incertezza legata alla diagnosi, oppure le preoccupazioni circa l’accuratezza, la pertinenza e l’affidabilità di informazioni: questi sono gli effetti negativi (Starcevic & Aboujaoude, 2015). Inoltre, Norr et al. (2015) hanno suggerito che la sensibilità all’ansia e l’intolleranza verso situazioni di incertezza sono potenziali fattori di rischio per i cybercondriaci (Norr, Albanese, Oglesby, Allan, & Schmidt, 2015).

La Cybercondria, quindi, è uno stato di allarme elevato concernente il disagio per quanto riguarda il proprio stato di salute a causa di ricerche di informazioni mediche nel contesto virtuale (McElroy & Shevlin, 2014). Dalla teorizzazione di cybercondria, si nota immediatamente come la ricerca di informazioni, da un lato ha una funzione rassicurante, dall’altro, la persona entra in un circolo vizioso, in cui non si accontenta delle informazioni raccolte e quindi intensifica la ricerca, al fine di verificarne anche la veridicità e l’accuratezza.

A tal proposito, è stato costruito uno strumento di valutazione della cybercondria, denominato Cyberchondria Severity Scale (CSS). Il CSS (McElroy & Shevlin, 2014) è composto da 33 item e cinque sottoscale:

  1. Ossessione,
  2. Distress,
  3. Eccesso nella ricerca,
  4. Ricerca di rassicurazione,
  5. Sfiducia nel professionista medico.

Lo strumento risulta avere buone proprietà psicometriche (Selvi et al., 2018). L’attenzione a questa nuova dimensione dell’ipocondria consente di occuparsi non solo della salute fisica, ma anche psichica delle persone, soprattutto in periodi di emergenza sanitaria, come quella vissuta in relazione al Covid19.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Aiken, M., & Kirwan, G. (2012). Prognoses for diagnoses: medical search online and “cyberchondria”. Paper presented at the BMC Proceedings.
  • Aiken, M., Kirwan, G., Berry, M., & O’Boyle, C. A. (2012). The age of cyberchondria.
  • Fox, S.. Peer-to-peer health care is a slow idea that will change the world, 2013.
  • McElroy, E., & Shevlin, M. (2014). The development and initial validation of the cyberchondria severity scale (CSS). Journal of anxiety disorders, 28(2), 259-265.
  • Norr, A. M., Albanese, B. J., Oglesby, M. E., Allan, N. P., & Schmidt, N. B. (2015). Anxiety sensitivity and intolerance of uncertainty as potential risk factors for cyberchondria. Journal of Affective Disorders, 174, 64-69.
  • Norr, A. M., Allan, N. P., Boffa, J. W., Raines, A. M., & Schmidt, N. B. (2015). Validation of the Cyberchondria Severity Scale (CSS): replication and extension with bifactor modeling. Journal of anxiety disorders, 31, 58-64.
  • Selvi, Y., Turan, S. G., Sayin, A. A., Boysan, M., & Kandeger, A. (2018). The Cyberchondria Severity Scale (CSS): Validity and reliability study of the Turkish version. Sleep and Hypnosis (Online), 20(4), 241-246.
  • Starcevic, V., & Aboujaoude, E. (2015). Cyberchondria, cyberbullying, cybersuicide, cybersex:“new” psychopathologies for the 21st century? World Psychiatry, 14(1), 97-100.
  • Starcevic, V., & Berle, D. (2013). Cyberchondria: towards a better understanding of excessive health-related Internet use. Expert Review of Neurotherapeutics, 13(2), 205-213.
  • White, R. W., & Horvitz, E. (2009). Cyberchondria: studies of the escalation of medical concerns in web search. ACM Transactions on Information Systems (TOIS), 27(4), 23.
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