expand_lessAPRI WIDGET

Il rischio di burnout negli operatori presso i servizi per minori in condizione di disagio

La sindrome di Burnout è particolarmente diffusa nelle professioni socio-sanitarie che impongono risposte immediate e puntuali ai bisogni dell’utenza

Di Dora Sorrentino

Pubblicato il 24 Lug. 2020

Secondo numerosi autori, il burnout è una sindrome multi-dimensionale in cui coesistono tre elementi, individuati a partire dal lavoro della Maslach: esaurimento emotivo, depersonalizzazione e mancata realizzazione personale.

 

Numerosi studi hanno dimostrato come il burnout coinvolga maggiormente le professioni d’aiuto, dove le eccessive richieste emotive dell’utenza possono portare ad un’esorbitante fatica mentale del lavoratore, un trattamento meccanicistico dell’utente e una percezione di diminuzione della capacità di riuscire nel lavoro.

Maslach (1992) definisce il burnout come una forma di stress interpersonale che comporta il distacco dall’utente, causato dalla continua tensione emotiva dovuta al contatto con persone che presentano una richiesta di aiuto. Il burnout si configura come una sindrome multi-dimensionale (Maslach et Leiter, 2002), le cui tre componenti sintomatiche sono: esaurimento emotivo, depersonalizzazione e realizzazione personale. La prima componente è rappresentata dalla sensazione di essere emotivamente inaridito e di sentirsi esaurito dal proprio lavoro. Il contatto continuo con emozioni stressanti finisce per logorare il soggetto, renderlo vuoto, con minori energie. La seconda componente, la depersonalizzazione, è intesa come distacco e indifferenza nei confronti sia del lavoro che dell’utente a cui viene rivolto il proprio servizio. Tale atteggiamento consente al soggetto di proteggersi al fine di evitare i coinvolgimenti emotivi imposti dalla situazione professionale. Nella terza dimensione, la ridotta realizzazione personale è descritta come una sensazione di inadeguatezza nello stabilire un rapporto di aiuto efficace con gli utenti, nonché da insoddisfazione lavorativa e sfiducia nelle proprie competenze (Maslach et Leiter, 2002).

La sindrome di Burnout: gli studi

Tale sindrome è particolarmente diffusa nelle professioni socio-sanitarie, la cui caratteristica peculiare è proprio quella di essere continuamente sottoposti a richieste di aiuto sentite come necessarie, urgenti, che impongono risposte immediate e puntuali ai bisogni dell’utenza (Baiocco et al.,2004).

In letteratura, sono state identificati due principali fattori di incidenza sul burnout: variabili personali e variabili relative al contesto lavorativo (Schaufeli etBuunk, 2015). In primo luogo, l’insorgenza e gli effetti del burnout possono essere, infatti, modulati dalle modalità individuali di reagire a situazioni stressanti e di gestire gli eventi. Le strategie di coping, ad esempio, che comprendono sia le decisioni e le azioni adottate da un individuo di fronte a un evento stressante, sia le emozioni a esse connesse, sembrano essere particolarmente implicate nello sviluppo del burnout (Carmona et al.2006). Il senso di autoefficacia, inoltre, è in grado di influenzare la risposta ad eventi negativi (Bandura, 1993). Diversi studi sullo stress lavorativo, hanno mostrato che un basso senso di autoefficacia (inteso come la convinzione di poter svolgere adeguatamente il proprio compito) è associato a maggiore disagio psicologico e a minore realizzazione personale (Borgogniet al, 2013). Alta autoefficacia percepita è stata riportata in letteratura come fattore di protezione del burnout e predittore di maggiore impegno lavorativo (Shoji et al, 2016). In secondo luogo, i fattori ambientali e le problematiche connesse all’organizzazione del lavoro svolgono un ruolo cruciale nel determinare l’insorgenza del burnout (Cherniss, 1986). Infatti, l’operatore è costretto a misurarsi, ogni giorno, non solo con i problemi degli utenti, ma anche con una serie di difficoltà che possono nascere all’interno dello stesso ambiente di lavoro (Maslach,Schaufeli etLeiter,2001). In questo ambito, l’attenzione degli studi si è rivolta soprattutto alla distribuzione dei compiti, al sovraccarico lavorativo, al clima relazionale dell’organizzazione, alla retribuzione economica e dalla carriera (Maslach, Schaufeli et Leiter,2001).

Premesse dello studio

Lo studio ha analizzato le relazioni esistenti tra burnout, strategie di coping, senso di autoefficacia e contesto lavorativo, all’interno delle strutture che si occupano dell’assistenza a minori in condizione di disagio. Tali strutture sono molto eterogenee e coinvolgono diverse tipologie di professionisti (come assistenti sociali, psicologi, educatori, operatori socio-sanitari), impegnati nel comprendere le specifiche necessità dei minori e realizzare un percorso educativo fuori dal contesto familiare, al fine di ripristinare equilibri e abilità, superare disagi psico-fisici e socio-relazionali. Da un lato, è fondamentale che il lavoratore partecipi emotivamente alla relazione di aiuto instaurata con l’utente; dall’altro, deve riuscire a operare una differenziazione tra il proprio vissuto e quello altrui (Sӧderfeldt et al, 1995).

Verrà indagata l’incidenza delle diverse strategie di coping e del senso di autoefficacia sulle sotto-componenti del burnout individuate nel modello della Maslach (Maslach e Leiter, 2002), ovvero depersonalizzazione, esaurimento emotivo e realizzazione personale. Inoltre, dato il gran peso attribuito dalla letteratura ai fattori dell’ambiente organizzativo (Maslach, Schaufeli e Leiter, 2001; Maslach e Leiter, 2002), verrà indagato il ruolo che le difficoltà oggettive (orari e ritmi lavorativi, retribuzione, squilibri nei carichi di lavoro, carenza formazione personale, carenza risorse) e le difficoltà soggettive (presenza di conflitti, sovraccarico lavorativo, rapporti tra colleghi e dinamiche all’interno dell’equipe, disattenzione alle motivazioni del personale, carenza coinvolgimento del personale) riscontrate sul lavoro possono esercitare sull’insorgenza del burnout.

Metodo

Per la misurazione del burnout è stato utilizzato il Maslach Burnout Inventory (MBI) ideato da Maslach e Jackson. Il questionario è costituito da 22 item, in base ai quali il soggetto deve valutare la frequenza e l’intensità con cui sperimenta sintomi, affetti e stati emotivi connessi con il suo lavoro. Il test mira a valutare i tre profili che definiscono la sindrome: esaurimento emotivo, depersonalizzazione, realizzazione personale. A ciascuna domanda l’intervistato assegna un valore secondo la scala Likert da 0 a 6, che va da “qualche volta l’anno” sperimento queste reazioni a “tutti i giorni”.

Per la rilevazione degli stili di coping è stato utilizzato Il Coping Orientations to ProblemE xperienced – Nuova Versione Italiana (COPE-NVI) (Sica e al, 2008).

Il questionario è costituito da 60 item e valuta con quale frequenza il soggetto mette in atto, nelle situazioni difficili o stressanti, un particolare processo di coping. Le possibilità di risposta sono quattro, da «di solito non lo faccio» a «lo faccio quasi sempre». I 15 diversi meccanismi di coping presi in considerazione dal questionario sono raggruppati e relativi ai seguenti domini specifici: sostegno sociale, attitudine positiva, orientamento al problema, orientamento trascendente.

Per la misurazione dell’autoefficacia personale è stata usata la Scala di autoefficacia percepita nella gestione di problemi complessi (Farnese et al. 2007).

Il questionario è costituito da 24 item e valuta il senso di autoefficacia dei soggetti nella gestione di esperienze di vita problematiche, al quale è stato chiesto di rispondere in riferimento al contesto professionale indagato. La modalità di risposta è su scala Likert a 5 punti (da 1 = “per nulla capace” a 5 “del tutto capace”). La scala si compone di quattro sotto-dimensioni (maturità emotiva, finalizzazione dell’azione, fluidità relazionale, analisi del contesto) sintetizzabili in un unico costrutto definito come “autoefficacia percepita”.

Per la misurazione dei fattori che caratterizzano il contesto lavorativo, è stato creato un questionario ad-hoc che consiste in 13 item suddivisi in fattori oggettivi e soggettivi.

I fattori oggettivi comprendono: orari e ritmi lavorativi, retribuzione, squilibri nei carichi di lavoro e sovraccarico lavorativo (eccesso di energie, sacrifici richiesti al personale), carenza formazione o aggiornamento del personale, carenza risorse o attrezzature per lo svolgimento dei compiti, carenza coinvolgimento del personale. I fattori soggettivi comprendono: presenza di conflitti tra i colleghi, rapporti con superiori/dirigenti, complessità di lavoro, mancanza chiarezza nei compiti da svolgere, disattenzione alle motivazioni del personale. Il questionario consente di valutare ciascun fattore su una scala Likert a 4 punti, con modalità di risposta che vanno da “per nulla” a “molto”. Le prime due domande riguardano prettamente la soddisfazione lavorativa del singolo operatore.

Campione

Hanno partecipato allo studio 60 professionisti operanti all’interno di strutture familiari ed educative per minori. Le caratteristiche descrittive del campione sono riportate in Tabella 1.

Il 60% del campione lavora in comunità alloggio e il 40% in centri diurni polifunzionali, tutti collocati sul territorio della provincia di Salerno. Le comunità alloggio consistono in comunità familiari per un servizio residenziale e offrono forme di accoglienza continuativa (diurna e notturna) a soggetti prevalentemente non autosufficienti. In tali strutture vengono accolti un massimo di 8 minori, di età pari o superiore agli 11 anni, preferibilmente omogenei per sesso. I centri diurni polifunzionali, sono servizi semiresidenziali che forniscono forme di accoglienza di tipo diurno, quindi un’assistenza di tipo temporanea e parziale. Possono essere accolti contemporaneamente non più di 50 minori di età superiore ai 5 anni, prioritariamente residenti nel quartiere o nel Comune.

Procedura

I partecipanti sono stati informati dell’obiettivo dello studio, della durata del compito e della possibilità di non dare il proprio consenso a partecipare alla ricerca. Dopo aver letto e firmato il consenso informato per la partecipazione allo studio, hanno compilato i questionari nel giorno stabilito in accordo con i responsabili delle strutture. A ciascun partecipante è stato garantito l’anonimato. Il progetto di ricerca è stato approvato dal Comitato etico del Dipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi Luigi Vanvitelli. Il tempo di compilazione è stato di circa 15 minuti.

Analisi statistiche

Allo scopo di valutare l’impatto delle variabili personali sul burnout, in un primo gruppo di analisi sono stati utilizzati tre diversi modelli di regressione lineare (con metodo forward) utilizzando ciascuna sottoscala del burnout come variabile dipendente. In tutti i modelli, sono state inserite come variabili indipendenti i punteggi ottenuti sui diversi stili di coping, l’autoefficacia percepita ed il genere.

Allo scopo di valutare l’impatto delle variabili legate al contesto lavorativo sul burnout, in secondo gruppo di analisi sono stati utilizzati tre diversi modelli di regressione lineare, uno per ciascuna sottoscala del burnout (depersonalizzazione, esaurimento emotivo e realizzazione personale) utilizzate come variabile dipendente, inserendo le variabili oggettive e soggettive relative al contesto lavorativo come variabili indipendenti. Le analisi sono state svolte mediante il software SPSS (IBM SPSS Statistics, Version 21, Armonk, NY:IBM Corp.).

Risultati

Dato il duplice scopo del lavoro, nel valutare il ruolo delle variabili personali e lavorative, il primo gruppo di analisi che segue, risponde alla domanda sulle variabili personali mentre il secondo risponde alla domanda sulle variabili lavorative.

Variabili personali: ruolo delle strategie di coping e del senso di autoefficacia sul burnout

Come mostrato in Tabella 1, dai risultati sull’esaurimento emotivo, il modello estratto indica un effetto significativo (F(2,57) = 7.99; p=.001; R2= .219) dell’orientamento al problema e del sostegno sociale. In particolare, l’orientamento al problema presenta una relazione negativa con l’esaurimento emotivo, tale che ad un aumento di questa strategia di coping corrisponde una diminuzione dell’esaurimento emotivo (Fig 1-A). Il sostegno sociale, invece, presenta una relazione positiva, tale che al suo aumentare, aumenta anche l’esaurimento emotivo (Fig 1-B). Tutte le altre variabili non hanno mostrato un effetto significativo (p>.05).

Come mostrato nella Tabella 2, dai risultati sulla realizzazione personale, il modello estratto indica un effetto significativo (F(2, 57)= 5.279; p=.008; R2=.156) dell’autoefficacia percepita e dell’orientamento trascendentale. In particolare, l’autoefficacia percepita mostra una relazione positiva con la realizzazione personale (Fig 1-C), mentre l’orientamento trascendentale mostra una relazione negativa con la realizzazione personale (Fig 1-D). Tutte le altre variabili non hanno mostrato un effetto significativo (p>.05).

Dai risultati sulla depersonalizzazione, nessuna variabile considerata nel modello statistico riporta un’influenza significativa (p>.05).

Contesto lavorativo: ruolo delle difficoltà oggettive e soggettive dell’ambiente di lavoro sul burnout

I risultati su tutte le sottodimensioni del burnout (esaurimento emotivo, depersonalizzazione e realizzazione personale) hanno indipendentemente mostrato un’incidenza significativa delle variabili oggettive e nessuna incidenza delle variabili soggettive. Nella Tabella 3 è mostrato l’effetto significativo, dove sia per l’esaurimento emotivo (F(2, 57)= 7, 286 ; p=.002; R2=.204), che per la depersonalizzazione (F(2, 57)=8.235; p=.001; R2=.224) si evidenzia una relazione positiva tra le due variabili, tale per cui all’aumentare delle difficoltà oggettive corrisponde un aumento delle due sottodimensioni del burnout (Fig. 2-A e 2-B). La realizzazione personale (F(2, 57)= 2.675; p=.078; R2=.086 ) mostra invece una relazione negativa, ad indicare che all’aumentare delle difficoltà oggettive essa si riduce (Fig. 2-c).

Le relazioni tra le dimensioni del burnout e le strategie di coping rivelano che l’utilizzo di strategie di orientamento al problema è associato a minore esaurimento emotivo (Fig 1-A). L’uso di tale strategia può infatti essere utile ad elaborare ed intraprendere attività mirate al superamento del problema e alla gestione dello stress, inibendo ogni altra azione interferente (Sica e al, 2008). Nel caso del presente studio, in cui gli operatori hanno la possibilità, seppur limitata, di controllo delle condizioni lavorative complesse e stressanti, l’uso di tali strategie probabilmente consente di aiutare a raggiungere un maggiore adattamento e benessere psicologico.

I risultati del presente studio riportano che la strategia di coping che mira al sostegno sociale è associata positivamente con l’esaurimento emotivo (Fig 1-B). Affidarsi esclusivamente al sostegno sociale potrebbe, infatti, rinforzare una certa passività da parte dell’individuo. Questa ipotesi sarebbe corroborata dal fatto che sia il sostegno sociale che l’orientamento trascendentale sono visti come modalità passive di gestione dell’ansia e delle preoccupazioni (per una rassegna, si veda Chiri et Sica, 2007), che può risultare poco efficace nel lungo termine. Se nelle strategie di coping funzionali, come l’orientamento al problema, vi è una tendenza a gestire attivamente gli eventi critici o stressanti, la definizione del sostegno sociale è inquadrata come strategia emozionale, volta alla ricerca di comprensione, sostegno morale, rassicurazioni, sfogo emotivo dei propri sentimenti.

Si è evidenziata una relazione positiva tra l’autoefficacia percepita e la realizzazione personale (Fig 1-C). In generale, elevati livelli di controllo personale del lavoro, risorse interne e senso di competenza comportano un maggiore livello di benessere. L’alto senso di efficacia nel lavoro sociale (Golia etPedrazza, 2014) è legato al benessere personale e al conseguente riscontro di alte prestazioni e di soddisfazione lavorativa. Le relazioni con gli utenti, soprattutto nei servizi per i minori, possono essere spesso soddisfacenti e gratificanti per le sfide complesse che si ritrovano ad affrontare, e possono apportare un senso di realizzazione personale (Papadaki et Papadaki, 2006).

Per strategia di coping volta all’orientamento trascendentale si intende il cercare aiuto o conforto nella religione. La relazione negativa emersa tra l’orientamento trascendentale e la realizzazione personale (Fig 1-D) si può considerare in linea con le ricerche sulle modalità passive di gestione dello stress riportate in precedenza (Chiri et Sica, 2007). Tale strategia, infatti, non è sufficiente da sola a garantire una condizione di benessere personale (Sica et al, 2008). Le strategie di coping funzionali per la risoluzione dei problemi, piuttosto che l’affidarsi al controllo esterno (ad esempio, al fato o alla religione), sono cruciali per la capacità di gestire lo stress e consentire al soggetto di sentirsi capace e realizzato nella propria vita lavorativa.

I risultati sulle difficoltà oggettive legate al contesto lavorativo hanno evidenziato un impatto su tutte le sotto-componenti del burnout prese in esame nel presente studio. I fattori oggettivi analizzati comprendevano item relativi agli orari e ritmi lavorativi, retribuzione, squilibri nei carichi di lavoro e sovraccarico lavorativo, ecc. In particolare, come mostrato nella Figura 2, all’aumentare delle difficoltà oggettive, aumentano l’esaurimento emotivo e la depersonalizzazione, e diminuisce il senso di realizzazione personale. Studi precedenti (Maslach et Leiter, 2008), hanno dimostrato la relazione tra l’intensità dello stress sul lavoro e il rischio di burnout professionale. Gli operatori che svolgono la professione in contesti complessi, quali le strutture familiari, non si limitano all’erogazione di un servizio ma spesso ne vengono coinvolti globalmente. Qualora l’organizzazione trascura l’investimento emotivo ed umano del servizio, l’operatore ne resta deluso nelle aspettative, sperimentando senso di demotivazione che influisce notevolmente sul suo entusiasmo iniziale. A conferma di ciò, nel loro studio Lin et al (2016) hanno sottolineato che alcune caratteristiche del lavoro (quali domanda di lavoro elevata, basso controllo, cattiva cultura organizzativa e mancanza di comunicazione, collaborazione e risorse) risultano essere fattori predittivi di burnout. Nell’ambito delle professioni sociosanitarie, in particolare, l’aumento della depersonalizzazione e dell’esaurimento emotivo correla negativamente con la soddisfazione degli utenti nel ricevere cure e supporto (Vahey et al., 2004). Lo squilibrio nel carico del lavoro, con conseguente sovraccarico ed eccessivo dispendio di energia, sacrificio spesso ritenuto necessario per rientrare nei tempi previsti dalle organizzazioni, si è visto essere associato con un progressivo logoramento e sviluppo di burnout (Maslach e Leiter, 2002).

 

Si parla di:
Categorie
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Baiocco R., Crea G., Laghi F., Provengano L (2004). Il rischio psicosociale delle professioni d’aiuto: La sindrome del burnout negli operatori sociali, medici, infermieri, psicologi e religiosi. Trento: Erickson.
  • Bandura A (1993). Perceived Self-Efficacy in Cognitive Development and Functioning. Educational Psychologist 28: 117-148
  • Borgogni L., Dello Russo S., Miraglia M., Vecchione M (2013). Il ruolo dell'autoefficacia della soddisfazione del lavoro sulle assenze dal lavoro. Rev. Eur. Psychol. Appl. 63: 129-136.
  • ChernissC (1986). La Sindrome Del Burn-Out. Lo Stress Lavorativo Degli Operatori Dei Servizi Socio Sanitari. Torino: Cst
  • Chiri L., Sica C (2007). Aspetti psicologici, fisiologici e psicopatologici del costrutto di “worry”. Giornale italiano di psicologia. 34: 531- 552.
  • Golia S.,PedrazzaM (2014). Valutare la competenza relazionale come la dimensione centrale della percezione di autoefficacia dell'assistente sociale attraverso il modello rasch. Giornale elettronico di analisi statistica applicata 7 (1): 58-80.
  • Lin T.C., Lin H.S., Cheng S.F., Wu L.M.,Ou-Yang M.C (2016). Sforzo di lavoro, livelli di esaurimento professionale e depressione: uno studio clinico di infermieri di terapia intensiva pediatrica a Taiwan. J ClinNurs ; 25 : 1120-1130.
  • MaslachC (1992). La sindrome del burnout. Assisi: Cittadella Editrice
  • Maslach C.,Schaufeli W.B.,Leiter M.P (2001). Job Burnout. Annu Rev Psychol; 52: 397-422
  • Maslach C., Leiter P (2002). Burnout e organizzazione. Modificare i fattori strutturali della demotivazione al lavoro. Trento: Ed.Erickson
  • Papadaki V., Papadaki E(2006). Soddisfazione professionale nei servizi sociali a Creta, in Grecia: le vedute degli assistenti sociali. European Journal of Social Work; 9: 479-495.
  • Schaufeli W.B., BuunkB.P (2003). Burnout: una panoramica di 25 anni di ricerca e teorizzazione. In: Schabracq MJ, Winnubst JAM, Cooper CL, redattori. Il manuale del lavoro e la psicologia della salute. West Sussex: Wiley. pp. 383-425
  • Shoji K., CieslakR., Smoktunowicz E., RogalaA., Benight C.C.,LusczynskaA (2016). Associazioni tra il burnout del lavoro e l'autoefficacia: una meta-analisi. Coprire lo stress di ansia; 29 : 367-386
  • Sica C., Magnia C., Ghisib M (2008). CopingOrientation to ProblemsExperienced-Nuova versione Italiana (COPE-NVI): uno strumento per la misura degli stili di coping. Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale, 14: 27-53.
  • Sӧderfeldt M., Sӧderfeldt B., Warg L.E (1995). Burnout nel lavoro sociale. Soc lavoro; 40 : 638-646
  • VaheyD.C., Aiken L.H., Sloaneli D.M., Clarkrei S.P., Vargas D (2004). Burnout dell'infermiera e soddisfazione del paziente. Med care; 42 : 57-66.
CONSIGLIATO DALLA REDAZIONE
Burn out nei medici specializzandi uno studio su tre scuole del Policlinico Umberto I di Roma
Burnout nei medici specializzandi: uno studio su tre scuole del Policlinico Umberto I di Roma

Il presente articolo illustra la ricerca sul burnout effettuata presso tre corsi di specializzazione di medicina dell’Università La Sapienza di Roma.

ARTICOLI CORRELATI
Affari di famiglia: equilibrio tra passato e futuro

I familiy business o imprese familiari sono caratterizzate da particolari dinamiche psicologiche. La presenza di uno psicologo può rivelarsi utile

Lavoro su turni: il costo della flessibilità

Diversi studi sottolineano come il lavoro su turni sembri essere correlato a un maggior rischio di deterioramento cognitivo, disturbi d’ansia e depressione

WordPress Ads
cancel