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Terapie affermative per pazienti LGBT-Q+

Da diversi anni le terapie riparative sono state sostituite da terapie in grado di supportare i pazienti LGBT-Q+, come le terapie affermative.

Di Greta Riboli

Pubblicato il 25 Giu. 2020

Aggiornato il 30 Giu. 2022 17:41

Far parte di una minoranza sessuale crea spesso un senso di appartenenza ad una comunità in cui vengano condivisi vissuti simili. La LGBT-Q+ include molte esperienze di diverso tipo, tutte accomunate da vissuti di minoranza.

 

L’orientamento sessuale è costituito da attrazioni emotive, romantiche e/o sessuali nei confronti di uomini, donne, entrambi e/o altri generi. Inoltre, una componente importante dell’orientamento sessuale è data anche dal senso di identità fondato sulle sopra citate attrazioni, sui comportamenti ad esse corrispondenti e sull’appartenenza ad una comunità di persone che condividono attrazioni simili. Spesso l’esser parte di una minoranza sessuale crea un senso di appartenenza ad una comunità, a prescindere dallo specifico orientamento sessuale, tant’è che la sigla LGBT-Q+ include molte esperienze di diverso tipo, ma appartenenti a vissuti di minoranza.

Alcune esperienze vissute dalle persone LGBT-Q+ si riferiscono a componenti legate al genere e non necessariamente all’orientamento, i quali sono due costrutti differenti. Il primo (identità di genere) si riferisce al senso psicologico dell’essere maschio, femmina, entrambi o nessuno. A differenza dell’identità di genere, del sesso biologico e del ruolo di genere, l’orientamento sessuale è un vissuto personale, che comporta anche un’espressione dello stesso attraverso comportamenti relazionali, che possono rispondere a profondi bisogni di attaccamento e intimità (American Psychological Association, 2008).

Le persone LGBT-Q+ possono vivere momenti complessi dettati dall’appartenenza ad una minoranza sessuale. Le esperienze di discriminazione, stigma, basso supporto sociale familiare o di amici e una possibile omofobia interiorizzata possono portare a disagio psicologico marcato. Inoltre, l’ansia è un’emozione spesso condivisa da pazienti LGBT-Q+ i quali, affrontano la difficoltà del coming out e delle conseguenze dello stesso, di eventuali outing, di trovare amici-partner se si abita in zone a bassa densità di popolazione (piccoli paesi/province) e la possibile scelta di intraprendere percorsi di transizione in caso di esperienze legate ad identità di genere transessuali.

Nonostante l’omosessualità già dal 1974 è stata eliminata dal manuale diagnostico dei disturbi mentali, dagli anni Ottanta sono entrate in vigore le terapie riparative allo scopo di guarire le persone dall’omosessualità e negli anni a seguire da altre condizioni, legate all’identità sessuale, considerate, da parte di alcuni teologi, psichiatri e psicologi, patologiche. Moltissimi studi sono stati condotti a riguardo e hanno riscontrato la nocività di tali trattamenti, i quali possono provocare sintomatologia ansiosa e depressiva. Per questo motivo, da diversi anni le terapie riparative sono state bannate, per lasciare spazio a terapie in grado di supportare e trattare pazienti LGBT-Q+ in base alle problematiche da essi riportati. In particolare, la terapia affermativa è un tipo di psicoterapia il cui scopo è quello di convalidare e sostenere le esigenze di clienti che appartengono a minoranze sessuali. Evidenze scientifiche riportano gli effetti benefici di tali terapie sull’autorealizzazione dei propri pazienti, i quali nel corso di queste terapie vivono un ambiente di accoglienza, accettazione e assenza di eterosessismo, come presupposti terapeutici. La maggior parte delle persone appartenenti a minoranze sessuali vivono quotidianamente esperienze di eterosessismo e molti di essi hanno vissuto tali esperienze a contatto con operatori sanitari, tra cui psicologi e psicoterapeuti. L’eterosessismo può esser definito come un insieme di atteggiamenti a favore di una sessualità eterosessuale, escludendo possibili altre forme di sessualità e, nelle declinazioni più estreme, considerando le esperienze eterosessuali come unica e superiore opzione. Atteggiamenti di chiusura da parte di un terapista possono minacciare l’alleanza terapeutica e impedire di lavorare adeguatamente con il proprio paziente o portarlo ad un rapido drop-out.

 

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