Le donne con storia di aborto spontaneo vivono spesso un dolore che, sia a livello affettivo che comportamentale, si avvicina all’intensità di una vera e propria perdita. Tale dolore solitamente si allevia spontaneamente dopo circa 6 mesi, oppure con l’arrivo di una nuova gravidanza. Cosa accade quando questo non avviene?
Daniela Chieppa – OPEN SCHOOL, Studi Cognitivi San Benedetto del Tronto
Il manuale diagnostico dei disturbi mentali (DSM 5) ha inserito come specifica di molte patologie psichiatriche l’esordio nel “peripartum” a significare la crescente importanza di tutti i nove mesi di gravidanza dal concepimento e fino alle quattro settimane successive al parto.
Una delle condizioni che più frequentemente si verifica nell’arco di tale periodo è l’aborto spontaneo. Esso è definito come l’interruzione spontanea della gravidanza nel periodo gestazionale precedente alla vitalità del feto, prima dello sviluppo della capacità di vita autonoma, corrispondente circa al periodo di 23 settimane.
Le donne che hanno un aborto spontaneo, pur presentando inizialmente uno stress mentale superiore rispetto alle donne che hanno interrotto volontariamente la gravidanza (IGV), vanno incontro ad un miglioramento dei disturbi psicologici iniziali statisticamente significativo più veloce rispetto a quelle che hanno abortito volontariamente. Dunque, la risposta psicologica all’aborto spontaneo e all’aborto volontario è diversa ed è possibile attribuire questa differenza alle caratteristiche dei due tipi di aborto.
Nell’ordinamento italiano, l’aborto procurato deve avvenire prima dei tre mesi dal presunto concepimento e può essere attuato se sussiste pericolo fisico o psichico per la salute della madre. L’I.V.G., dopo i primi 90 giorni, può essere praticata quando: la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna e quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.
Le donne con storia di aborto spontaneo vivono spesso un dolore che, sia a livello affettivo che comportamentale, si avvicina all’intensità di una vera e propria perdita; tale dolore solitamente si allevia spontaneamente dopo circa 6 mesi, oppure con l’arrivo di una nuova gravidanza. Inizialmente compaiono sintomi di una generica sofferenza caratterizzata da shock e incredulità, conseguentemente si esperiscono sentimenti di tristezza, sensi di colpa, di vergogna e di impotenza, spesso associati a sintomi somatici.
Le reazioni da lutto sembrano rappresentare la forma più comune di sofferenza psichica conseguente ad un aborto, soprattutto se spontaneo; esso assume verosimilmente le stesse forme, durata e fasi di altre forme di lutto conseguente a perdite significative (Brier, 2008).
Negli anni, una letteratura sempre più ampia ha evidenziato l’importanza dell’aborto nella patogenesi di disturbi psicopatologici. La letteratura sembra dimostrare come l’interruzione di gravidanza sia certamente correlata, sebbene con frequenza estremamente variabile da caso a caso, a manifestazioni di sofferenza soggettiva, generalmente costituite da reazioni di lutto o da manifestazioni ansiose e/o depressive minori (Iles, 1989; Rosenfeld, 1992; Bianchi-DeMicheli, 2007; Romans-Clarkson, 1989; Shadmi et al, 2002).
Il rischio di sofferenza psichica sembra generalmente più elevato nel caso dell’aborto spontaneo (Friedman & Gath, 1989; Lapelle, 1991; Frost & Condon, 1996; Lee & Slade, 1996; Klier et al,2002; Geller et al, 2004; Brier, 2004; Lok & Neugebauer, 2007; Brier, 2008). Meno problematica sembra essere, in generale, l’interruzione volontaria di gravidanza, la quale sembra associarsi nella maggioranza dei casi ad un’attenuazione delle condizioni di disagio emotivo pre-esistenti all’interruzione di gravidanza stessa (Greer et al, 1976; Payne et al, 1976; Romans-Clarkson, 1990, Teichman et al,1993; Rosenfeld, 1992, Schleiss et al, 1997; Bradhaw & Slade, 2003; Bianchi-DeMicheli, 2007).
In ogni caso, anche l’interruzione volontaria di gravidanza non è necessariamente esente da significative conseguenze in termini di salute mentale. Infatti, uno studio, svolto su donne che avevano abortito volontariamente 8 settimane prima, ha rilevato che il 44% presentava disturbi mentali, il 36% disturbi del sonno, il 31% si era pentito e l’11% si era fatto prescrivere psicofarmaci dal proprio medico di famiglia. Un altro studio ha rilevato che il 25% delle donne che abortiscono esegue visite psichiatriche, in confronto al 3% del gruppo di controllo, e che le donne che abortiscono hanno una probabilità molto più alta, rispetto alle altre, di essere ricoverate successivamente in un reparto psichiatrico. Bradshaw et al. (2003) hanno esaminato il livello di stress psicologico presente immediatamente prima dell’interruzione di gravidanza ed hanno riscontrato che nel 45% delle donne è presente un elevato livello di ansia. Subito dopo l’intervento, invece, c’è una riduzione dei livelli di stress, ma una minoranza di donne continua ad avere importanti disturbi psicologici, che frequentemente consistono in un’ansia molto elevata.
Lo stress causato dall’aborto, può evolvere in un vissuto ancor di più doloroso che può condurre a incremento o inizio di assunzione di droghe e alcool, cambiamenti del comportamento alimentare, ritiro sociale, scarsa stima di sé, fino all’ideazione suicidaria e tentativi di suicidio. Inoltre, si è visto che l’aborto è correlato con il Disturbo da Stress Post Traumatico. In una ricerca su donne che avevano praticato l’interruzione volontaria di gravidanza, il 46% delle partecipanti manifestava sintomi da stress quali disturbi del sonno, stati dissociativi, ricordi ricorrenti ed intrusivi dell’evento, evitamento degli stimoli che richiamavano l’aborto.
L’aborto aumenta il rischio di suicidio, come atto impulsivo di disperazione. Uno studio finlandese ha messo in evidenza che, di tutti i suicidi commessi, il 5.4% sono associati alla gravidanza. Di questi il 5.9% è associato alla nascita del bambino, il 18.1% all’aborto spontaneo, mentre il 34.7% all’aborto volontario.
In conclusione, l’aborto rappresenta uno stressor per la donna che inizialmente non viene elaborato ed integrato nella struttura di personalità, poiché si trova in uno stato di vulnerabilità causando la comparsa di una serie di disturbi della sfera emotiva: ansia, disturbo post – traumatico da stress, depressione, abuso di sostanze e alcool e comportamenti estremi quali il suicidio.