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Sadismo sessuale: il confine sottile tra dolore e piacere

Uno studio fornisce una revisione sistematica della letteratura riguardante il sadismo sessuale coercitivo degli ultimi tre anni.

Di Virginia Armellini

Pubblicato il 09 Mar. 2020

Secondo il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5, APA 2013), il sadismo sessuale è una forma di parafilia sessuale in cui i comportamenti sadici si accentuano fino a diventare dannosi.

 

Un comportamento sessuale sadico moderato è una pratica sessuale riscontrabile tra adulti consenzienti, di solito è di portata limitata, non è nocivo e non soddisfa i criteri clinici per un disturbo parafiliaco. Tuttavia, il suo divenire patologico e coercitivo dipende dal grado di espressione. Infatti, il sadismo consiste nell’infliggere sofferenze fisiche o psicologiche (es. umiliazione, terrore) sull’altro per stimolare l’eccitazione sessuale e l’orgasmo.

Quando il sadismo sessuale comporta la messa in atto di comportamenti, fantasie o impulsi che causano disagio significativo, compromissione comportamentale significativa o danno ad altri, si parla di disturbo da sadismo sessuale. In particolare, per la diagnosi di disturbo da sadismo sessuale è fondamentale che il comportamento sadico venga messo in atto nei confronti di una persona non consenziente. Inoltre, bisogna specificare se avviene in ambiente controllato (individui che vivono in ambienti istituzionali o in altri ambienti dove le possibilità di impegnarsi in comportamenti sessuali sadici sono limitate) e se è in fase di remissione completa, ossia l’individuo non ha messo in atto tali desideri con una persona non consenziente e non si è verificato alcun disagio o compromissione significativa del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti della vita di un individuo per almeno 5 anni e all’interno di un ambiente non controllato. Si possono distinguere forme diverse di sadismo: sadismo criminale, sadismo perverso e sadismo nevrotico.

Lo scopo del presente studio è fornire una revisione sistematica della letteratura riguardante il sadismo sessuale coercitivo degli ultimi tre anni. È stata condotta una ricerca sistematica qualitativa della letteratura presente sul sadismo sessuale in diversi database, focalizzando successivamente l’attenzione su 25 studi e articoli pubblicati in un periodo di tempo limitato agli ultimi tre anni.

La maggior parte degli studi ha evidenziato che il comportamento sadico sembra essere particolarmente presente nel contesto criminale e in psichiatria forense. Quando viene praticato con partner non consenzienti, il sadismo sessuale costituisce un’attività criminale e generalmente continua sino a che il soggetto che attua comportamenti sadici non venga arrestato; tuttavia, esso non è sinonimo di abuso sessuale, ma una complessa miscela di sesso e potere sulla vittima. In particolare, uno studio dimostra che la percentuale di autori di reati sessuali maschili con diagnosi di sadismo sessuale era del 4,4%, ma il tratto è presente in una percentuale molto più elevata di persone che hanno commesso omicidi motivati sessualmente (Eher et al., 2019).

Altri studi, invece, erano focalizzati su una possibile analisi dell’eziologia del disturbo sadico coercitivo e degli elementi coinvolti evidenziando che il legame tra sadismo e coercizione sessuale non può essere attribuito a cause genetiche o esclusivamente all’ambiente familiare. Inoltre, è stata evidenziata una correlazione significativa tra il disturbo sadico sessuale e il disturbo antisociale di personalità e disturbo della condotta (Baur et al., 2016).

Ciò che emerge dagli studi è l’importanza di sottolineare l’utilità degli indicatori comportamentali per la valutazione del sadismo sessuale in procedimenti legali e contesti forensi, in modo da prevedere un possibile comportamento sadico criminale. In questo caso la valutazione era effettuata tramite l’utilizzo della Sexual Sadism Scale (Yoon et al., 2019) e del Massachusetts Treatment Center (MTC; Longpré et al., 2019). Quest’ultimo strumento era basato sui dati di archivio di 486 autori di reati sessuali maschili adulti che erano stati valutati in un’istituzione correzionale in Massachusetts tra il 1959 e il 1984 e valutano vari aspetti del comportamento della scena del crimine. Questi indicatori sostengono, in termini clinici, una struttura dimensionale del sadismo sessuale che non preclude l’uso di etichette e soglie diagnostiche, ma lo definiscono piuttosto un continuum che prevede diverse manifestazioni comportamentali.

Tra i trattamenti maggiormente proposti con i pazienti sadici vi è la psicoterapia psicodinamica, (anche se non sempre risulta efficace) il cui obiettivo non è quello di eliminare la parafilia, ma di modificare le relazioni oggettuali (ossia i rapporti stabiliti nel corso dello sviluppo con persone o cose dell’ambiente esterno significative sul piano affettivo), del funzionamento dell’Io e l’integrazione del comportamento perverso con il resto della personalità. Altri trattamenti si basano sulla psicoterapia cognitivo-comportamentale e su interventi multidisciplinari che includono in alcuni casi anche la prescrizione di psicofarmaci, quali psicotropi serotoninergici e antiandrogeni che vanno a contrastare gli elevati livelli di testosterone nei pazienti.

Un limite di questa review è costituito dal fatto che quasi tutti gli studi hanno riguardato partecipanti o autori di sesso maschile e, poiché esistono casi di sadici sessuali femminili, sono necessarie ulteriori ricerche su questo argomento. Inoltre, si potrebbero approfondire le possibilità di trattamento per gli individui più patologici.

 

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