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Il corpo in psicologia: riflessioni sull’unità corpo-mente-relazione

L'individuo è un'unità indissolubile di mente, corpo e relazione, e per comprendere i significati del corpo è necessario un pensiero complesso e dinamico

Di Barbara La Russa

Pubblicato il 12 Mar. 2020

Il corpo oggi è al centro della scena del mondo che abitiamo costituendo la base materiale e sociale della nostra esistenza, in quanto luogo dove emerge la nostra soggettività e dove si vanno tessendo le trame della nostra esperienza.

 

Paradossalmente più l’attuale realtà ci offre mezzi per ‘dissociarci’ in qualche modo dal nostro corpo, vedi le dinamiche relative alla vita in rete, specie quella dei social network, più si producono discorsi sull’importanza dello stesso e della comunicazione face to face o, meglio, ‘corpo a corpo’. I social network sono un attuale mezzo di comunicazione che certo offre molti vantaggi, ma tra gli svantaggi che presenta vi è la perdita della relazione e comunicazione ‘vis  vis’.

Questa riflessione è protesa alla caratterizzazione dei significati del corpo, inteso come oggetto complesso ed eterogeneo che articola diversi regimi di senso. Mi riferirò al corpo vivo, organico e attivo per mezzo dell’azione e del movimento: un corpo che agisce, pensa e sente entrando in relazione con altri corpi. Un corpo quindi in perenne trasformazione, per mezzo della relazione con l’ambiente, fisico e sociale. Il mio sguardo sul corpo farà rifermento a tale entità concepita come generatore, interprete e mezzo attraverso cui circola il significato dell’esperienza, la quale, come è ormai risaputo, non sempre è traducibile in termini verbali. Infatti buona parte del ‘saper fare’ si configura come una sorta di conoscenza implicita, un saper fare del corpo che difficilmente si può tradurre verbalmente. Allo stesso modo il resoconto verbale dell’esperienza necessita del non verbale, quindi corporeo, affinché se ne comprenda il senso reale. E’ assodato infatti che la comunicazione non verbale costituisca la sostanza dell’atto comunicativo. Ma per analizzare i significati del corpo bisogna fare i conti con la sua particolare condizione di ‘terra di confine’, che divide e congiunge il mondo interno dal mondo esterno. Questa dimensione del corpo non si riferisce soltanto all’entità corporea in senso stretto in quanto ‘limen’ (in Fisiologia, Psicologia e Psicofisica indica una soglia di risposta entro cui uno stimolo è percettibile; in questo caso è inteso come ‘linea di confine’), ma sopratutto all’ambivalenza, che necessita di una visione dialettica, tra gli stessi significati cui il corpo rimanda. Per spiegare quest’ultimo concetto, mi rifaccio all’Unheimlich Freudiano (1919). Nel saggio Il Perturbante infatti Freud (1919) utilizza questo termine per descrivere qualcosa che ci riguarda da vicino ma che al contempo turba, negandosi ad ogni possibilità di essere definito e compreso. Da una parte, Heim si riferisce a qualcosa di familiare, intimo e confortevole, dall’altra però indica qualcosa di inatteso e nascosto (Freud, 1919). La cosa interessante è che la seconda accezione di Heimlich combacia con il significato del suo negativo, cioè dell’Unheimlich. Heimlich è quindi un termine tanto ambivalente che finisce col coincidere col suo contrario: Unheimlich, con il quale si intende il vissuto di inquietudine dovuta all’incontro con ciò che è estraneo, che diventa turbamento ed angoscia in quanto appartiene al contempo alla sfera intima.

A partire da quest’ultima analisi dunque Freud (1919) osservava che perturbante appariva ciò che costituiva un ritorno del rimosso, e cioè di qualcosa di dimenticato che riaffiora, e dunque di un inconsueto che riappare dopo la cancellazione di qualcosa che era noto, che aveva turbato nell’infanzia. Coerentemente coi suoi principi teorici, Freud (1919) faceva risalire il rimosso individuale a timori riguardanti la sfera sessuale e in particolare il timore dell’evirazione, e non a caso citava come eventi perturbanti situazioni come membra staccate dal corpo, teste mozze o piedi che danzano da soli. E’ interessante notare come Freud (1919) concepisca questo termine e a cosa lo accosti. Tuttavia vedremo in seguito che in realtà lo stesso Unheimlich freudiano viene utilizzato in questo lavoro come espressione di manifestazioni inconsce, ma appartenenti all’Inconscio non rimosso.

Trovo questo concetto calzante in riferimento al corpo ed alla sua natura complessa che lo vede in stretta interdipendenza con la psiche. E’ interessante notare come concependo il corpo a partire da questa visione, si sgretolino in principio i presupposti di una logica dicotomica riduzionista e meccanicista nel tentativo di comprenderlo. Esplorare i significati del corpo infatti esige un pensiero complesso e dinamico. Entrando nel vivo di questa complessità possiamo notare come il corpo non possa essere concepito né in senso assoluto quale ‘cosa naturale’ né solamente come costruito ed investito di senso in relazione al contesto in cui è inserito. Certamente, come premesso, sarà fondamentale in questa riflessione l’aspetto relazionale, che credo funga da link tra una visione più ‘ontologizzante’ del corpo e una costruttivista. Ontologia vuol dire scienza dell’ente, scienza dell’esistente; il termine deriva dal greco οντος, òntos e da λόγος, lògos (discorso), quindi letteralmente significa ‘discorso sull’essere’.

Ontologizzare il corpo vuol dire affermare che esso esiste in modo oggettivo, cioè indipendentemente dal fatto che qualcuno ne costruisca il significato a partire da uno specifico sguardo o per mezzo dell’esperienza nel mondo; quindi il rischio di tale approccio è proprio quello di cercare di definire il corpo in quanto unità avulsa dal contesto e dalle relazioni che intrattiene necessariamente con gli altri corpi. D’altro canto avere una visione strettamente costruttivista, potrebbe indurci a dimenticare che esso è anche materia, dunque che è massa, che occupa uno spazio, ha un tempo, e delle caratteristiche specifiche che sarebbe surreale non considerare per certi aspetti oggettive.

Con visione costruttivista si fa riferimento a una posizione filosofica e epistemologica che considera la nostra rappresentazione della realtà, e quindi il mondo in cui viviamo. Foucault è uno dei maggiori esponenti della visione costruttivista del corpo; Le opere dove questo tema assume maggiore centralità sono: Naissance de la Clinique (1963), Surveiller et punir (1975) e Histoire de la sexualité (1976).

Il corpo è senza dubbio generatore di senso, ma non bisogna mai dimenticare che possiede una certa fisicità, che ne determina la materia. Come premesso è attraverso uno sguardo relazionale che queste due visioni si incontrano senza scontrarsi, contribuendo ad una comprensione che rende giustizia alla complessa realtà che ci accingiamo a spiegare. Ed è partendo da tale presupposto che il corpo deve essere oggetto di studi psicologici tanto quanto la mente. L’individuo deve essere concepito come Unicum, cioè unità indissolubile mente-corpo-relazione, che peraltro sono in rapporto di interdipendenza.

La gravidanza è l’esempio più immediato e vivido di questo importante concetto: il corpo della donna diventa contenitore di un altro corpo (contenuto), che può crescere e svilupparsi solo per mezzo di una relazione psicobiologica. Certo la gravidanza è l’esempio più vivido dell’unicum corpo-mente-relazione, ma la stretta interdipendenza tra questi tre elementi resta indiscussa per tutto l’arco della vita. Sulla scia di questa immagine e sulla base della consapevolezza che la psiche nasce dal corpo per mezzo di una relazione primaria sana e funzionale a dar senso all’esperienza, è possibile affermare che il corpo sia il luogo dove si sovrappongono le determinanti biologiche, psicologiche e relazionali dell’individuo. Tali determinanti nella loro costante interazione partecipano alla strutturazione della soggettività. Il corpo non cela nulla, ci permette di esprimere l’inesprimibile e dice di noi ciò che vorremmo nascondere. Attraverso un rossore improvviso, lo stress, i sintomi che produce come campanello di allarme e tanti altri segnali, ci costringe a comunicare, ricordandoci che ‘Non si può non comunicare’ – I Assioma della comunicazione (Watzlawick et al., 1972).

Il corpo pertanto si configura così come veicolo principe della comunicazione. Corpo dunque non solo come laboratorio di significati, ma anche come conduttore degli stessi al di là del verbale. In definitiva corpo, come afferma Marsciani (2008), quale ‘luogo delle trasformazioni’.

Questo l’aspetto più teorico di un corpo che concretamente vive e attua le sue funzioni attraverso un corrispettivo neurobiologico dato dall’ormai assodata scoperta che il Sistema Nervoso, il Sistema Endocrino e il Sistema Immunitario siano in rapporto di stretta interdipendenza e in perenne comunicazione. La regia di questa comunicazione è condotta dalle emozioni, presenti e agenti tanto nella mente quanto nel corpo appunto. Alla luce di ciò, considerando che dal cervello dipendono tutte le operazioni mentali, normali e patologiche (Kandel, 2006), pochi restano i dubbi sull’unità bio-psichica dell’individuo, e sulla sua matrice squisitamente relazionale dello stesso.

Per questo motivo non possiamo indagare il corpo a prescindere da noi stessi, perché lo abitiamo e, al tempo stesso, abitano in lui moti fisici di sangue, ossa, organi, che non si esauriscono nella loro descrizione fisiologica ma che creano rimandi e intrecci con la nostra esperienza emozionale e psichica. Quindi la vera differenza non è, come aveva detto Platone, tra anima e corpo, ma, come aveva sostenuto Husserl (1931), tra corpo vivente impegnato in un mondo ed il cadavere ridotto a cosa del mondo (Nannini, 2005).

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Freud, S. (1919). Il perturbante. In Opere, vol. 9; Bollati Bringhieri, Torino (1967).
  • Marasciani, F. (2008). Il Corpo. In Studi Culturali. Temi e prospettive a confronto. McGraw-Hill, Milano.
  • Nannini, S. (2005). Mente e corpo nella filosofia analitica contemporanea. In Laboratorio dell’ISPF; I,  ISSN 1824-9817. Available here.
  • Watzlawick, P., Beavin, J. H., & Jackson, D. D. (1972). La pragmatica della comunicazione umana. Ed. Adelphi, Roma.
  • Husserl (1931). Méditations cartésiennes. Introduction à la phénoménologie. Parigi: Colin. Tr.it. dall'edizione tedesca Meditazioni cartesiane, Milano: Bompiani 1989.
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