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Le bugie dei genitori e gli effetti sul funzionamento psicosociale dei figli

Studi mostrano come una maggior esposizione alle bugie dei genitori possa corrispondere a un maggior numero di bugie dei figli in età adulta.

Di Giulia Samoré

Pubblicato il 28 Feb. 2020

In tutte le culture viene messa molta enfasi nell’insegnare l’onestà ai bambini, tuttavia è altrettanto noto come sia estremamente comune che i genitori ricorrano a menzogne di vario genere per ottenere comportamenti desiderati dai loro figli. Quali sono le conseguenze di tale tendenza sul funzionamento psicosociale di questi ultimi?

 

E’ intuitivo immaginare come non sempre sia facile determinare la bontà delle intenzioni di chi dice una bugia: ad esempio, nel caso del barbuto signore che porta i regali ai bambini, pochi potranno affermare che l’intento sia quello di ingannarli, quanto piuttosto di donare una magica illusione; diverso sarà il caso di qualcuno che tradisce il proprio partner e decide di non confessare il misfatto, dove il confine tra il beneficio per destinatario della bugia e quello del suo perpetratore è assai più labile e dipende in larga parte dalla scala valoriale di chi si trova a giudicare.

In tutte le culture viene messa molta enfasi nell’insegnare l’onestà ai bambini, tuttavia è altrettanto noto come sia estremamente comune che i genitori ricorrano a menzogne di vario genere per ottenere comportamenti desiderati dai loro figli (Heyman et al., 2013; Santos et al., 2017), tanto che è stata coniata un’espressione per definire questo stile genitoriale detto “parenting by lying” (n.d.t: educare con la menzogna, Heyman et al., 2013).

Essere sottoposti a questa modalità educativa proprio durante il processo di socializzazione, fase contraddistinta dall’acquisizione di quelle che sono le norme sociali condivise, solleva l’eventualità che i bambini possano inferire attraverso l’osservazione che sia socialmente accettato mentire (Bandura, 1969), da ultimo condizionandone il comportamento. Quest’idea sembra venire confermata ad esempio da uno studio sul comportamento morale nei bambini, che ha rilevato come fosse più probabile che i bambini mentissero, se prima del test lo sperimentatore aveva mentito a sua volta (Heys & Carver, 2014).

Alcuni studi hanno messo in relazione il ricorso alle bugie da parte dei bambini con disturbi esternalizzanti come comportamenti dirompenti (Gervais et al., 2000) e problemi di condotta (Warr, 2007), ed internalizzanti come isolamento sociale e ansia dovuti alla vergogna e al senso di colpa per aver mentito (Keltner & Buswell, 1996). Solo uno studio, tuttavia, si è preposto di indagare la correlazione tra le bugie subite durante l’infanzia, il ricorso alle menzogne in età adulta e la presenza di eventuali outcome maladattivi, sebbene i risultati ottenuti non erano generalizzabili all’intera popolazione in quanto relativi ad un campione esclusivamente femminile (Santos et al., 2017).

Per ovviare a questa limitazione un nuovo studio condotto da Setoh e colleghi (2020) ha selezionato un campione sessualmente eterogeneo, composto di 378 soggetti residenti a Singapore, dei quali un’alta percentuale (88,7%) è risultato essere di nazionalità cinese, ma nel quale erano tuttavia presenti altre minoranze etniche (4,2% indiani, 3,7% malesi, 3,4% di altra nazionalità) tali da rispecchiare la multiculturalità della città-stato e permettere di estendere i risultati ottenuti cross-culturalmente.

Per avere una misura del grado di menzogne subite da parte dei propri genitori, i soggetti hanno compilato un questionario self-report (Heyman et al., 2013) che indagava quattro diverse categorie di bugie. I partecipanti potevano rispondere a ciascuno dei 16 item positivamente, negativamente o affermando di non ricordare, questo per vagliare la possibilità che gli eventi riferiti all’infanzia non fossero richiamati alla memoria nitidamente dai soggetti ormai adulti.

Per indagare le bugie dette dai soggetti ai propri genitori, si è utilizzato un questionario che valutava la frequenza delle menzogne riguardanti attività e azioni, bugie prosociali ed esagerazioni aspecifiche riguardo ad eventi o circostanze, per i quali veniva espressa una valutazione da 1 (=mai) a 5 (=molto spesso).

In ultima battuta, si è ricorso all’Adult Self-Report (ASR – Achenbach, 2013) per indagare le diverse misure di disturbi esternalizzanti, come ad esempio aggressione, violazione delle regole o comportamenti intrusivi, e disturbi internalizzanti come sintomatologia ansiosa, depressiva e di ritiro sociale, col fine di avere un indice del funzionamento generale dell’individuo nel suo adattamento psicosociale. Inoltre sono stati controllati la presenza di tratti subclinici di psicopatia, intesa come la tendenza a comportarsi egoisticamente e in maniera manipolatoria in situazioni sociali, considerabile un tratto psicopatologico primario, così come la presenza di comportamenti dirompenti o impulsivi.

A conferma delle ipotesi dei ricercatori, i risultati hanno mostrato che ad una maggiore esposizione al “parenting by lying” corrispondeva un maggior numero di bugie riferite in età adulta. Una spiegazione plausibile, come già accennato in precedenza, è che i bambini apprendono dai propri genitori che è accettabile mentire venendo esposti alle menzogne come metodo educativo. In alternativa, potrebbe entrare in gioco un aspetto relazionale importante, laddove la disonestà dei genitori richiamerebbe ed autorizzerebbe una risposta analoga da parte dei bambini, per ricambiare la fiducia tradita (Jones et al., 1991). L’adattamento psicosociale meno funzionale in termini di condotte esternalizzanti ed internalizzanti così come per i tratti della psicopatia, si registrava in concomitanza con una tendenza maggiore al ricorrere alle bugie in età adulta. Si è riscontrato come il mentire ai propri genitori in età adulta rappresentasse un mediatore nella relazione tra lo stile genitoriale improntato alla menzogna e gli outcome maladattivi considerati, a conferma di come proprio la frequenza delle bugie dette possa rappresentare un tratto distintivo della psicopatia nei bambini e negli adolescenti (Levenson et al., 1995). Particolarmente interessante è il dato emerso dalla path analysis che ha riscontrato sia un effetto diretto, che indiretto, nella relazione tra le menzogne subite da bambini e disturbi esternalizzanti, anche controllando la variabile delle menzogne dette ai genitori: in altre parole, lo stile genitoriale che si serve di bugie per impartire un’educazione potrebbe facilitare l’insorgere di condotte esternalizzanti che vadano oltre il semplice iniziare a dire bugie, ma che compromettano il funzionamento psicosociale globale del soggetto.

Studi futuri dovranno occuparsi di determinare la direzionalità degli effetti riscontrati, così come cercare di minimizzare le possibilità di errori nel richiamo di ricordi risalenti all’infanzia, magari adottando un metodo sperimentale longitudinale che consenta una visione più puntuale ed accurata. Da ultimo, si potrebbe prendere in considerazione se gli effetti maladattivi sul funzionamento dell’individuo siano generalizzati a tutte le bugie subite dal bambino o se questo effetto sia circoscritto ad un determinato tipo di menzogne, come quelle atte a ristabilire la gerarchia di potere ma non, ad esempio, quando esse venivano usate per ottenere collaborazione da parte del bambino.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Achenbach, T.M. (2013). DSM-oriented guide for the Achenbach System of Empirically Based Assessment (ASEBA). Burlington: University of Vermont, Research Center for Children, Youth, and Families.
  • Bandura, A. (1969). Social-learning theory of identificatory processes. In D. A. Goslin (Ed.), Handbook of socialization theory and research (pp. 213–262). Chicago: Rand McNally.
  • Hays, C., & Carver, L.J. (2014). Follow the liar: The effects of adult lies on children’s honesty. Developmental Science, 6, 977–983.
  • Heyman, G.D., Hsu, A.S., Fu, G., & Lee, K. (2013). Instrumental lying by parents in the US and China. International Journal of Psychology, 48, 1176–1184.
  • Jones, W. H., Cohn, M. G., & Miller, C. E. (1991). Betrayal among children and adults. In K. Rotenberg (Ed.), Children’s interpersonal trust: Sensitivity to lying, deception and promise violations (pp. 118–134). New York: Springer.
  • Keltner, D., & Buswell, N.B. (1996). Evidence for the distinctness of embarrassment, shame, and guilt: A study of recalled antecedents and facial expressions of emotion. Cognition & Emotion, 10, 155–172.
  • Santos, R.M., Zanette, S., Kwok, S.M., Heyman, G.D., & Lee, K. (2017). Exposure to parenting by lying in childhood: Associations with negative outcomes in adulthood. Frontiers in Psychology, 8.
  • Setoh, P., Zhao, S., Santos, R., Heyman, G. D., & Lee, K. (2020). Parenting by lying in childhood is associated with negative developmental outcomes in adulthood. Journal of experimental child psychology, 189, 104680.
 
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