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#thininspiration, quando la perdita di peso è una questione social: il caso di Instagram – Psicologia Digitale

#thinspiration, tra gli hashtag più popolari, mostra contenuti relativi a perdita di peso, esercizio fisico esagerato e comportamenti alimentari restrittivi

Di Chiara Cilardo

Pubblicato il 10 Gen. 2020

Aggiornato il 11 Nov. 2020 14:21

I contenuti collegati al #thinspiration sono per lo più immagini con testi che incoraggiano a non mangiare o che esprimono disagio e sofferenza, sentimenti di tristezza, isolamento, senso di inutilità, desideri di autolesionismo o pensieri suicidari.

PSICOLOGIA DIGITALE – (Nr. 5) #thininspiration, quando la perdita di peso è una questione social: il caso di Instagram

 

 La diffusione online di contenuti pro-ana (pro-anoressia) non è recente, risalgono anzi agli anni Novanta i primi blog e siti utilizzati per promuovere condotte autolesive, diete ed esercizi estremi.

Negli ultimi anni si è assistito a una migrazione della comunità pro-ana dai siti (statici, focalizzati esclusivamente sull’anoressia e facilmente rintracciabili dalla Polizia Postale che può chiuderli), verso piattaforme social come Instagram, più aperta e flessibile, che raggiunge velocemente un maggior numero di utenti oltre che più difficile da moderare e controllare. 

Instagram, non un social come gli altri: l’immagine al primo posto

Instagram incoraggia un confronto sociale basato su foto che nella maggior parte dei casi sono ritoccate; come mostrato da alcuni autori (ad esempio Hendrickse et al., 2017) da questo confronto si esce la maggior parte delle volte con un bagaglio di insoddisfazione corporea ed aspirazioni di magrezza eccessiva. Del resto, Instagram fonda il suo successo su contenuti visivi, sull’utilizzo di filtri e di hashtag per la diffusione di argomenti. Uno dei più popolari è #thinspiration, l’unione di thin, sottile, e inspiration, ispirazione. Viene usato per evidenziare contenuti che promuovono perdita di peso, esercizio fisico esagerato e comportamenti alimentari restrittivi con immagini di corpi in evidente sottopeso o estremamente sottili, immagini di ossa sporgenti, stomaci estremamente piatti o ancora di trasformazioni prima e dopo la perdita di peso.

Non mancano tentativi di arginare la condivisione di contenuti che possono istigare a comportamenti autolesivi, ovvero impedendo la pubblicazione di alcuni hashtag. Questi divieti imposti dalle piattaforme non sono riusciti a bloccare l’attività pro-ana sui social, infatti hashtag vietati come #thinspiration e #thinspo riappaiono leggermente modificati (ad es. #thinsp00) in modo da eludere i divieti, mentre una grande quantità di contenuti pro-ana fiorisce con tag alternativi come #bodycheck, #collarbones, #thighgapp, #bonespo, #anamia, #size00, #needtobeskinny, #brokenana, #secretsociety123 e #wanttobeskinny.

Thinstagrammers: ispirazione, slogan e consigli

Un numero sempre più ampio di utenti pro-ana (chiamati thinstagrammers) ha rivolto la propria attenzione a Instagram perché ogni contenuto può raggiungere facilmente un grande pubblico, grazie all’utilizzo di più hashtag sotto lo stesso post.

Instagram nasce come app visuale, dotata di numerosi filtri da applicare alle foto: la natura creativa di questo strumento può far apparire ‘artistiche e glamour’ anche condizioni come i disturbi alimentari. La componente estetica fa riferimento a canoni a volte esaltati nell’ambito della moda e ciò probabilmente attenua l’effetto disturbante che possono avere immagini forti come sporgenze ossee o autolesioni.

Ging e Garvey (2018) hanno analizzato i contenuti collegati al #thinspiration: sono per lo più immagini con testi che incoraggiano a non mangiare o che esprimono disagio e sofferenza, sentimenti di tristezza, isolamento, senso di inutilità, desideri di autolesionismo o pensieri suicidari. Non mancano suggerimenti su come mantenere e nascondere un disturbo alimentare, immagini di pasti a basso contenuto calorico, diete e piani di esercizi.

Instagram, come tutti i social network, incoraggia l’interattività: i thinstagrammers lo utilizzano in modo proattivo, ricercando automotivazione e senso di appartenenza ad una comunità che a volte viene chiamata in causa con alcuni giochi o sfide, le challenge. Si tratta di post in cui l’utente si impegna a fare o non fare alcune cose: ad esempio, digiuno o esercizio fisico eccessivo in cambio di like, o ancora chiedere ai follower di nominare un alimento che poi ci si asterrà dal mangiare per un determinato periodo di tempo. C’è anche una componente competitiva, in cui gli utenti sfidano gli altri a partecipare ai digiuni e chiedono dei #bodycheck, che consistono nel condividere peso e misure del corpo in modo che gli altri possano commentare i loro aggiornamenti, esponendosi a critiche o apprezzamenti sul loro peso.

La ricorsività con la quale hashtag pro-ana vengono pubblicati insieme ad altri (ad esempio #sad, #selfharmmm, #ansia, #depressedgirl, #bullied), svela una relazione del disturbo alimentare con altre problematiche, permettendoci così di avere una visione più ampia e contestualizzata.

Una parte di utenti utilizza hashtag correlati a #thinspiration per supportare attivamente e in maniera propositiva chi ha un disturbo alimentare: condividono informazioni su percorsi di guarigione, a chi rivolgersi per avere un aiuto professionale, ricette e suggerimenti per pasti sani ed equilibrati.

Instagram in seduta: spunti di riflessione

Se è importante essere prudenti nel correlare l’uso dei social media alla diffusione di comportamenti autolesivi, dall’altro è altrettanto importante considerare il ruolo che queste tecnologie svolgono: i social media possono da un lato offrire supporto, consigli e informazioni sui trattamenti, dall’altro possono rinforzare i sintomi e la credenza che si tratti di uno stile di vita invece che di una condizione di rischio quando non un vero e proprio disturbo.

Instagram può essere utilizzato nel processo di guarigione: informazioni sulle terapie, tracciamento dei progressi, informazioni su esercizi e pasti salutari, riduzione dello stigma, maggiore conoscenza del disturbo, supporto sociale. I professionisti della salute dovrebbero tenerne conto in seduta e nell’intero percorso terapeutico. Si può prendere in considerazione di ricavarsi uno spazio per un confronto su quanto emerso online, per indagare insieme la qualità delle informazioni raccolte, l’esperienza del paziente sui social; si può adottare un approccio ‘visivo’ al lavoro col paziente: predisporre dei task e un monitoraggio che siano altrettanto visual come Instagram. Ultimo ma non meno importante, esplorare gli aspetti positivi dell’avere il supporto online della community, che possono essere i followers o i profili seguiti; indagare che uso fa il paziente dei social media, a cosa è interessato. Non sono i social media ad essere ‘buoni’ o ‘cattivi’, ma è l’uso che se ne fa.

 


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