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La storia di Edward: quando abbandono e inadeguatezza si riflettono in un paio di forbici – La LIBET nelle narrazioni

Si ipotizza il funzionamento in termini LIBET di Edward, protagonista del celebre film Edward mani di forbici, riportando anche un colloquio immaginario

Di Luca Oppo

Pubblicato il 27 Gen. 2020

Aggiornato il 03 Feb. 2020 10:55

Edward mani di forbice, solitario ma in cerca di amore, fragile e allo stesso tempo forte…forse c’è un piccolo Edward è in ognuno di noi?

La LIBET nelle narrazioni – (Nr. 3) Edward mani di forbice

 

Una volta, tanti e tanti anni fa, viveva in quel castello un inventore e tra le tante cose che faceva si racconta che diede vita ad un uomo, un uomo con tutti gli organi, un cuore, un cervello, con tutto… beh quasi tutto, perché vedi, l’inventore era molto vecchio e morì prima di finire l’uomo da lui stesso creato, allora l’uomo fu abbandonato senza un papà, incompleto e tutto solo. Il suo nome era Edward…

 

Così inizia Edward mani di forbice (Edward Scissorhands, 1990), capolavoro dal sapore gotico – romantico frutto della geniale mente di Tim Burton. Con questo film, il regista sancisce la stretta collaborazione con Johnny Depp, a cui sembra cucirsi perfettamente addosso il personaggio di Edward, introverso e solitario ma dotato di grande sensibilità.

La storia si svolge in una cittadina borghese di provincia dell’America anni ’50-‘60, in cui tutto viene dipinto in modo perfettamente ordinario, legato alle tradizioni e alle buone maniere. A fianco di questo quadro dalle tinte pastello, in un maniero barocco in cima alla collina, uno scienziato decide di dar vita ad una speciale creatura, Edward, che crescerà come un figlio fino al momento in cui improvvisamente morirà. Il nostro protagonista si ritrova così completamente solo, e imperfetto: lo scienziato non era riuscito infatti a finirgli le mani, al cui posto risplendono delle enormi e taglienti forbici. Riferendoci al modello LIBET (Sassaroli, Bassanini, Redaelli, Caselli & Ruggiero, 2014), viene quindi definito il cosiddetto contesto di apprendimento, in cui il nostro protagonista si avvicina per la prima volta alla propria sensibilità, il proprio tema doloroso, di non sentirsi amato e di essere un prodotto incompleto, imperfetto.

Per anni Edward vive nel castello nella completa solitudine, fino al giorno in cui Peggy Boggs, presentatrice porta a porta di cosmetici giunta casualmente al castello, lo convince ad andare con lei in città: conosce così i Boggs, famiglia unita e accogliente, e la loro figlia adolescente Kim di cui col tempo si innamorerà; spinti dal suo aspetto strano e inusuale, anche molti vicini di casa cercheranno di fare la sua conoscenza e in seguito di coinvolgerlo nella vita e negli impegni quotidiani tra vicini. Edward inizia così a scoprire un mondo per lui nuovo, a cui cerca di adattarsi e ‘sottomettersi’ sfruttando e normalizzando la propria diversità, improvvisandosi barbiere e giardiniere del vicinato, credendo così di riuscire dopo anni di solitudine a riscoprire l’amore e l’accettazione da parte degli altri. Un’analisi LIBET di queste interazioni, ci permette di notare come la strategia utilizzata dal nostro protagonista per risultare performante in ogni situazione, e così allontanarsi dal tema, è utilizzare un piano prescrittivo che gli permette di prevenire e reprimere le minacce, controllando il giudizio e il rifiuto altrui.

Questo piano viene tuttavia invalidato, nel momento in emergono difficoltà con la famiglia Boggs e i vicini. Joyce Monroe, spigliata e disinibita casalinga, lo accusa ingiustamente di molestie, ritorcendogli contro il vicinato e tutti i loro pregiudizi rigidi e bigotti; Jim, possessivo fidanzato di Kim, è molto geloso di Edward e lo coinvolge in un furto in casa propria al fine di incastrarlo e di metterlo in cattiva luce e far così sì che ritorni al castello. In seguito a tali episodi, definibili tramite LIBET come invalidazione, riemergono così in Edward in maniera esplosiva i vissuti dolorosi di abbandono e inadeguatezza, che innescano in lui una reazione di aggressività e ritiro, un vero e proprio esordio sintomatologico. Edward infatti fugge furiosamente dalla città tagliando e falciando ogni cosa gli capiti sotto gli occhi, e torna così a immergersi nella propria solitudine all’interno del castello che da sempre ha riconosciuto come unica e vera casa.

Solitario ma in cerca di amore, fragile e allo stesso tempo forte…forse, c’è un piccolo Edward è in ognuno di noi?

Un colloquio immaginario con Edward – restituzione, validazione, motivazione al cambiamento

L: Allora Edward…arrivati a questo punto del nostro percorso insieme, penso che sarebbe utile per avere più chiara la situazione fare insieme un punto rispetto a quello che si siamo detti, che ne dice?

E: Sì, va bene…

L: Proviamo ad aiutarci anche con uno schema grafico (Fig. 1), iniziamo a costruirlo insieme…

E: Ok…

L: Oggi è venuto da me riportandomi una forte sofferenza, che ha iniziato a percepire come insopportabile dal momento in cui ha iniziato a sentire un allontanamento da parte della famiglia Boggs e da Kim, dopo le accuse della Sig.ra Monroe e l’episodio a casa di Jim. Ho capito bene?

E: Sì, da quel momento ho iniziato a stare di nuovo male, e di conseguenza non sono più stato in grado di sopportare la situazione e ho avuto delle reazioni per cui ho sentito bisogno di scappare, avevo una rabbia dentro…

L: Da quanto mi ha detto lei sta male perché in queste situazioni ha sempre cercato di accettare il volere degli altri, pensando di fare un favore agli altri, e in questo modo sperava di essere accettato…tuttavia per come si sono poi sviluppate le situazioni pensa che gli altri non siano stati in grado di comprenderla e comprendere il suo atteggiamento….

E: Io ho sempre cercato di stare bene con gli altri, ho fatto quello che mi chiedevano…volevo solo sentirmi amato e non sentirmi inadeguato e diverso…

L: Per questo ora prova emozioni come tristezza e rabbia. Il suo atteggiamento volto ad essere amato dalle persone che le stanno vicine e il desiderio di sentirsi simile agli altri non è stato compreso, e di questo se ne fa una colpa personale, pensando che siano gli altri ad avere ragione sul fatto che lei in fondo sia diverso e non meritevole d’amore. E’ corretto?

E: Sì, io ho fatto di tutto…ma non è stato abbastanza, forse non ne sono in grado… alla fine non sono come gli altri, forse non merito l’amore degli altri…

L: Questa sofferenza sta emergendo ora poiché lei ha utilizzato queste strategie, come ad esempio cercare di essere accondiscendente verso le richieste degli altri, per riuscire a tenersi lontano da alcuni stati mentali che l’avrebbero fatta soffrire… non sentirsi amato e apprezzato dagli altri e sentirsi diverso ed escluso a causa delle sue fragilità… Ora però questo sembra non essere sufficiente a proteggerla da questi stati, poiché sta riattraversando una sofferenza insopportabile, che l’ha portata a isolarsi e tornare al castello, a vedere nella rabbia e nell’aggressività verso l’esterno l’unica soluzione a questi stati. Edward, lei cosa ne pensa?

E: Non potevo fare altro, io ce l’ho messa tutta per stare bene e piacere agli altri, ma dopo le ultime cose accadute non sono più riuscito a ragionare ed ero così arrabbiato che non riuscivo più a starci dentro…

L: Questo, Edward, le è servito per sopravvivere, le ha permesso di sviluppare una grande sensibilità. Era la cosa migliore che potesse fare e per questo, pensando che potesse aiutarla in tante situazioni simili, è normale e comprensibile che lo segua ancora, come è altrettanto naturale che abbia sofferto nel momento in cui non è riuscito ad ottenere ciò che sperava e desiderava. Con quello che le è successo, è naturale che si senta così, tutti ci sentiremmo così e saremmo vulnerabili su questi punti, soprattutto con la storia che ha lei alle spalle.

E: Sono venuto da lei per questo… non riesco più a gestire nulla, sono risprofondato nella mia solitudine e non so come uscirne…

L: In questo momento, credo che la cosa più onesta che potrebbe fare è prendersi del tempo, quanto riterrà necessario, per riconoscersi che sta soffrendo molto. Ho molta fiducia in lei, so che ha la forza e le capacità per riuscire a superare questo tipo di sofferenza, fino ad ora ha fatto il meglio che potesse fare.

E: Forse del tempo sarebbe la soluzione, ma non sono mai riuscito ad affrontare questi momenti, non so se ne sarò in grado neanche tra un po’ di tempo…

L: È venuto da me a chiedere aiuto, questa è una grande prova di coraggio e un grande passo che lei ha fatto da solo sulle proprie gambe! C’è ancora della strada da percorrere, non lo nego, e il percorso che le propongo è impegnativo e difficile, ma lei non è da solo nel percorrerlo. È anche vero che in questo è importante che lei si metta in gioco per cambiare, in modo da poter percorrere questo percorso insieme mettendo a frutto tutte le sue sensibilità e utilizzandole per stare meglio.

E: Sì io vorrei stare meglio… non ne posso più di stare così, di sentirmi così, vorrei solo essere come tutti gli altri, avere una famiglia e degli amici come tutte le persone là fuori…

L: Edward, queste cose che mi sta dicendo sono bisogni molto importanti, lei merita di avere tutto questo, ma come pensa che sia possibile rinchiuso nella solitudine del suo castello?

E: Non lo so, il mondo fuori mi spaventa, nel castello mi sento protetto e al sicuro, ma allo stesso tempo vorrei poter vivere il mondo là fuori insieme a tante persone che mi vogliano bene per come sono

L: Come abbiamo detto, per fare questo l’isolamento non è la soluzione. Secondo lei, cosa potrebbe succedere di brutto se ritornasse a vivere in mezzo alle altre persone?

E: Non saprei, non credo di riuscirci, forse non ne sono capace, l’ultima volta che ci ho provato nessuno mi ha più voluto e mi hanno cacciato, dopo tutto quello che avevo provato a fare…

L: Lei ha sempre fatto quello che riteneva giusto, cercando di andare sempre incontro agli altri, assecondandoli in tante richieste e mostrandosi compiacente. Questo però l’ha portata a stare male, a passare attraverso questa grandissima sofferenza. Secondo lei, che peso possono avere la frustrazione che lei vive in questi momenti e lo scopo di poter piacere a tutti, un obiettivo che non è perfettamente raggiungibile? Cosa succederebbe se lei abbandonasse tutto questo? Se iniziasse a mostrarsi meno compiacente e a imporre di più la propria volontà, magari anche rifiutando alcune situazioni o richieste?

E: Non so, gli altri potrebbero allontanarsi ancora di più…

L:  Lei cosa spera di realizzare con il nostro lavoro assieme? Se avesse una bacchetta magica, cosa vorrebbe cambiare di sé attraverso questo percorso di terapia?

E: Vorrei stare meglio, e riuscire ad avere una vita come tutti. Una famiglia che mi voglia bene, degli amici che mi stiano vicino…

L: Ok…e per lei quanto è importante da 0 a 10 cambiare questo aspetto?

E: Molto… 10…

L: Quanto pensa che sarebbe in grado di cambiare questo aspetto da 0 a 10?

E: non so, 5 forse…ma vorrei tanto che qualcosa cambiasse

L: Noi insieme lavoreremo su questo, cercando di far si che sia maggiore la tolleranza di alcuni stati emotivi negativi e di conseguenza si riducano alcuni comportamenti che lei mi ha riportato come problematici e che le creano e sostengono la sofferenza. Insieme cercheremo di comprendere cosa la attiva in questi momenti, quali sono i pensieri sottostanti e cercheremo di metterli in discussione, cercheremo nuove strategie per tollerare questa sofferenza.

E: Mi sembra molto difficile, io vorrei molto provare a cambiare, chissà se ne sarò in grado…

L: Tutto questo costa molto impegno, molta fatica, lei è libero di scegliere se farlo o meno. Secondo lei cosa la potrebbe motivare in questo?

E: Sicuramente l’idea di non stare più così male, e magari di poter riabbracciare Kim, e tornare a stare con i Boggs che per me sono stati come una vera famiglia…

L: Potremmo intanto provare a impegnarci per una settimana?

E: Sì posso provare…

L: So che per lei è molto difficile, ma penso che abbia a disposizione tutto ciò che serve. Direi che per oggi sono emerse molte informazioni utili e abbiamo fatto ulteriori passi in avanti. Fissiamo un appuntamento per la prossima settimana?

 

Edward mani di forbice abbadono e inadeguatezza Analisi in chiave-LIBET-Fig1

Fig. 1. Schema grafico del funzionamento in termini LIBET

 

 

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