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Teoria Polivagale e Psicoterapia, ristabilire il ritmo della regolazione – Report dal workshop con Deb Dana

Ogni terapeuta dovrebbe interrogarsi e saper agire con consapevolezza sul proprio stato autonomico, per garantire al paziente di segnali di sicurezza

Di Ilaria Cosimetti

Pubblicato il 12 Dic. 2019

Nel corso di due giornate, Deb Dana mostra i risvolti applicativi della Teoria Polivagale in ambito psicoterapeutico, arricchendo l’evento formativo con numerosi esempi di osservazione e comprensione del proprio SNC e dimostrazioni di attività terapeutiche volte a un rimodellamento funzionale dello stesso.

 

 ISC International ha organizzato nelle giornate del 30 novembre e 1 dicembre a Milano un workshop condotto da Deb Dana, consulente specializzata nel lavoro sul trauma complesso di fama mondiale. È suo il merito di aver trasformato una teoria fondata sulla neurobiologia in una pratica clinica di riconosciuta efficacia.

In linea con le aspettative, Deb Dana dedica le due intere giornate formative ad illustrarci le ricadute applicative in ambito psicoterapeutico della Teoria Polivagale di Stephen Porges. Lo scopo formativo è quello di rendere applicabile, all’interno di una pratica clinica integrata, gli importanti contributi teorici della teoria di Porges, in cui riveste un ruolo fondamentale il Sistema Nervoso Autonomo, che, in caso di emozioni negative persistenti e disregolate, reagisce con stati di attivazione o difesa cronici producendo danni psicobiologici che incidono sulla salute mentale della persona.

È infatti il SNA, spiega Dana, ad occuparsi della segnalazione della presenza o assenza di una minaccia e lo fa attraverso tre stati autonomici al servizio della nostra sopravvivenza: lo stato ventro-vagale, lo stato simpatico e lo stato dorso-vagale.

Lo stato ventro-vagale permette la calma in assenza di minaccia, è lo stato della sicurezza che consente l’ingaggio sociale. Lo stato simpatico interviene invece al primo segnale di pericolo attivando una reazione di attacco o fuga che ci spinge quindi al movimento per ritrovare la via verso la riconquista di uno stato sicuro e sociale. Quando però il pericolo è estremo la risposta risiede nello stato dorso-vagale, una condizione protettiva di collasso che ci fa sentire congelati, assenti.

Il benessere psicofisico della persona prevede che queste tre componenti del SNA lavorino insieme, per questo motivo diventa importante accompagnare il paziente a familiarizzare con il proprio sistema per verificare le proprie personali risposte e il ruolo che esse hanno nel mantenimento del disagio psicologico.

Deb Dana invita in più momenti il pubblico a salire sul palco per dimostrare come si possa aiutare una persona a monitorare le sfumature della propria neurocezione per elevare la comprensione delle proprie esperienze. Quando il paziente riesce a identificare in modo prevedibile il proprio stato, si riduce infatti la sensazione di trovarsi fuori controllo; tale mappatura permette inoltre di interrompere l’automaticità determinata dalla storia di vita e consente di esercitare la capacità di separare lo stato dalla storia.

Altro concetto chiave della Teoria Polivagale, protagonista di questo evento formativo, è sicuramente quello della coregolazione, in virtù delle importanti ricadute nella pratica clinica. Se è vero che veniamo al mondo programmati per entrare in connessione con l’altro, la mancanza di opportunità di coregolazione durante l’infanzia costituisce un trauma che rende la coregolazione stessa pericolosa e interrompe quindi lo sviluppo di capacità coregolatorie, requisito indispensabile per sperimentare la sicurezza. A questo punto il SNA può rispondere con la mobilitazione tipica del simpatico (arrabbiandosi, lottando per l’attenzione) o con lo spegnimento tipico del dorso-vagale (silenzio, distanza, isolamento). Il sistema nervoso dei pazienti è quindi modellato più spesso in pattern di protezione che di connessione.

Deb Dana ci invita quindi a riflettere sull’importanza che ogni terapeuta si interroghi e sappia agire con consapevolezza sul proprio stato autonomico, perché solo attraverso l’offerta al paziente di segnali di sicurezza garantiti dal nostro stato ventro-vagale possiamo invitarlo alla connessione con noi: sono esperienze come queste a permettere ai pazienti di costruire nuovi pattern autonomici verso la scrittura di una storia diversa, più funzionale al benessere.

In estrema sintesi una psicoterapia basata sulla teoria Polivagale dovrebbe seguire quindi quelle che Dana chiama “le quattro R”:

  • Riconoscimento degli stati autonomici
  • Rispetto delle risposte di sopravvivenza adattiva
  • Regolazione/co-regolazione ventro-vagale
  • Riscrittura della propria storia autonomica

Il cambiamento del paziente è dunque possibile solo quando il suo sistema presenterà una regolazione ventro-vagale, l’unico compatibile con la sicurezza e quindi con la guarigione.

Infine la relatrice aggiunge, ai numerosi esempi di osservazione e comprensione del proprio SNC, dimostrazioni di attività terapeutiche volte ad un rimodellamento funzionale dello stesso, come per esempio quelle centrate sulla respirazione, il movimento o la prossimità. Si tratta di spunti interessantissimi che forse spingono al desiderio di una maggiore conoscenza di se stessi, del proprio modo di funzionare a livello di SNC prima ancora che all’ambizione di poterli introdurre con sicurezza all’interno della propria pratica clinica.

Un workshop molto interessante, che ha sicuramente offerto ai professionisti presenti nuove prospettive nell’ambito degli interventi terapeutici rivolti in particolar modo al trauma e agli stati di sofferenza da esso derivanti, non tradendo le aspettative legate alla grande fama di Deb Dana.

La sicurezza è il trattamento. (Porges)

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