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L’azienda come sistema complesso

Il leader consapevole promuove la creatività e l’innovazione nelle organizzazioni, lo sviluppo di competenze emotive e l'apprendimento dagli errori.

Di Beatrice Segalini

Pubblicato il 17 Dic. 2019

L’organizzazione e le sue componenti (gli individui, i gruppi, la società) sono sistemi aperti delimitati da un confine che separa l’interno dall’esterno e al contempo permette gli scambi reciproci. La funzione regolatrice che governa gli scambi tra diversi sistemi è la leadership, idealmente collocata lungo tutto il confine.

 

Leadership e organizzazione

Le organizzazioni lavorative hanno primariamente due funzioni: contribuiscono a creare la nostra identità individuale e ci permettono di vivere l’appartenenza di gruppo. Un presupposto chiave nelle ricerche del Tavistock Istitute of Human Relations di Londra è quello di organizzazione come sistema, che deriva dalla Teoria dei Sistemi Aperti di Von Bertalanffy (1950), applicando la biologia allo studio sociale.

L’organizzazione e le sue componenti (gli individui, i gruppi, la società) sono sistemi aperti delimitati da un confine che separa l’interno dall’esterno e al contempo permette gli scambi reciproci. Questo confine è come la membrana per la cellula, come la pelle per l’individuo. Esistono quindi dei confini permeabili che separano l’individuo dal gruppo, i gruppi tra loro e rispetto all’organizzazione nel suo insieme e l’organizzazione dalla società. La vita produttiva di un’organizzazione (il compito primario, la mission) può essere descritta come una sequenza di processi:

  • risorse che attraversano il confine organizzativo in entrata (input),
  • processi che trasformano le risorse in prodotti (conversione) che trasferiscono i prodotti all’esterno (outcome).

In questo senso la funzione regolatrice che governa gli scambi tra diversi sistemi è la leadership, idealmente collocata lungo tutto il confine. Il confine (boundary) è più vicino ad uno spazio di relazione, una frontiera più che ad una barriera protettiva. Possiamo immaginare il confine come una porta sufficientemente solida da proteggere il contenuto al suo interno, ma anche sufficientemente mobile da permettere apertura e scambi con l’ambiente esterno. I confini dei gruppi e delle diverse unità aziendali sono presidiati dalla leadership che ha il compito costantemente di rinegoziarli e regolarne la flessibilità

La leadership si riferisce al processo di gestione del potere. Sono numerosissime le teorie e le ricerche condotte su questo tema. È necessario creare delle mappe per orientarsi in questo concetto così poliedrico. Propongo di assumere qui una prospettiva che vede la leadership come attributo situazionale e funzionale:

  • Situazionale: ha spazio di azione nella sua organizzazione e missione.
  • Funzionale: più che una posizione è una funzione, al servizio, che gestisca abilità e conoscenze delle persone, non solo dare ordini e controllare.

Leadership ed emozioni

La visione definita razionalistica, anaffettiva, dell’organizzazione, che considera le emozioni come limiti di cui in nome dell’efficienza bisogna liberarsi, è nettamente superata dal riconoscimento del ruolo cruciale dei fattori emotivi nel plasmare le relazioni umane e quindi anche il lavoro. Le relazioni che gli individui instaurano tra loro in team e con l’organizzazione, di cui sono parte, sono regolate in parte dal compito primario dell’organizzazione (la mission, il core business), ma in parte sono anche influenzate profondamente dai processi informali delle dinamiche emotive più in ombra. Nel compito primario, in altre parole, sono impliciti finalità e significativi bisogni emotivi. Come accade nei gruppi anche nelle organizzazioni coesistono due dimensioni: la struttura, una dimensione materiale, oggettiva, economica (l’hardware), e la cultura (il software), percezioni, vissuti, norme e valori. Questi fattori determinano nel complesso l’atmosfera emotivo relazionale che si respira in un gruppo. L’attenzione alla comunicazione, alla cooperazione nei gruppi e alla qualità delle relazioni ha permesso di riconoscere quanto di emozionale ci sia nei processi organizzativi, solitamente descritti come razionali. Le stesse decisioni dei leader sono in parte guidate dalle sue emozioni e sensazioni. D’altra parte, il coinvolgimento nel lavoro è connesso alla cultura e alla valenza emotiva dei valori e della vision dell’organizzazione.

Lavorare ad ogni livello genera ansia, essere leader ne genera di più. Se non riusciamo a padroneggiare emozioni negative, troviamo delle soluzioni per difenderci da tali vissuti. Le difese sono per lo più meccanismi inconsci in certa misura indispensabili per la sopravvivenza degli individui, dei gruppi e delle organizzazioni, ma se non esplicitate e contenute possono essere molto limitanti. Le difese organizzative non padroneggiate si rivelano anti-task, distolgono l’attenzione e compromettono il compito pur di allontanare ansia e disagio e quindi sono estremamente costose in termini economici e di tempo, per esempio, isolamento, abbandono del gruppo o del compito (burnout, malattie psicosomatiche, elevati turnover), resistenze al cambiamento (sabotaggio del compito, svalutazione), diffusione della responsabilità, ossessività e irrigidimento nei controlli nelle procedure. Questi processi possono generare sofferenza disagio nelle persone che lavorano all’interno e influiscono negativamente sul clima e sul compito primario la produttività dell’organizzazione.

Funzioni della Leadership

Due prospettive nell’organizzazione:

  • i membri che lavorano al suo interno (che ruolo gli è stato assegnato, che funzione hanno, che vantaggi e che rischi, che legami) i quali possono avere resistenze al cambiamento per i costi emotivi che questo comporta;
  • i manager che esercitano un ruolo direttivo primariamente orientato alla gestione dell’innovazione e del cambiamento.

Nella cultura italiana il clima organizzativo può essere più partecipativo o più autoritario, ma il concetto di leadership resta intrecciato con la figura del capo (headship) e con il concetto di comando, del dare ordini. Nella cultura anglosassone si è articolato meglio il concetto della followership. La costruzione di una followership implica creazione di presupposti formativi, responsabilità e autorità che permettano ai dipendenti di funzionare come supporto della leadership (Perini, Vera 2001). Spostamento dell’attenzione dalla figura del leader alla relazione che si instaura tra il leader e i suoi follower. La gestione del rapporto con il proprio leader implica tre modalità fondamentali: obbedire, sfidare e sostenere.

Una linea di ricerca approfondita dal modello psicoanalitico riguarda l’autorità e il potere: se il potere è un attributo della persona, l’autorità è un attributo del ruolo. In questo senso il leader ha autorità e potere in funzione di un determinato compito istituzionale.

Anton Obholzer,  Psicoanalista e Docente del Leadership Centre di INSEAD, ritiene che la forza della leadership dipenda dal tre punti:

  1. il conferimento dall’alto (dai superiori);
  2. la sanzione dal basso (riconoscimento da parte dei subordinati);
  3. l’autorizzazione dall’interno (autolegittimazione all’esercizio dell’autorità).

Soffermandoci sul sanzionamento dal basso, emerge la possibilità per i follower di esercitare una certa quota di autorità nel proprio ruolo, un personale contributo ai processi organizzativi.

Tra le conseguenze della nostra cultura che sovrainveste il ruolo del leader e non tiene adeguatamente conto del ruolo dei follower, c’è un leader sovraccarico di stress e responsabilità. D’altro canto i leader delegano difficilmente, anche quando proprio quella quota di autorità dei follower di cui si parlava porterebbe miglioramenti all’organizzazione. Perché il leader non delega?

Teme di perdere il potere e non tollera di dover stare per un certo tempo senza diretto controllo su tutti i processi. In questo sono rinforzati spesso dai collaboratori che prediligono un atteggiamento di dipendenza che li protegga da un ruolo più autonomo e quindi più esposto ad errori e rischi. È possibile invece creare spazi di riflessione per aumentare la governance e la funzione della delega.

Un passaggio importante prendendo spunto dalla cultura anglosassone è quello di promuovere, al posto della dipendenza, l’interdipendenza tra leader e follower e una maggiore consapevolezza.

Una recente teorizzazione propone quattro funzioni fondamentali di un leader efficace, orientato alla relazione e non al comando:

  1. Stretching: sfidare le abitudini del team e assumere rischi orientati a promuovere il cambiamento e raggiungere i risultati. Funzione più difficile che espone il leader ad ambivalenze e grandi costi emotivi (ansia, stress o solitudine o colpa).
  2. Empowering: potenziare promuovere le risorse e lo sviluppo delle persone. Questa funzione presenta difficoltà proprio per le resistenze alla delega alimentate reciprocamente da leader e follower.
  3. Coaching: allenare, formare, riconoscere il potenziale individuale e aiutarne l’espressione. Questa funzione è gratificante, ma non esente da rischi di cadere in meccanismi di controllo più che di autonomia. Gli individui inconsapevoli sono sempre un limite perché sono inaffidabili quale che sia il loro ruolo. D’altra parte rendere il team più consapevole delle proprie risorse, emozioni e competenze porta in sé maggiore autonomia di pensiero minore conformismo. Follower consapevoli richiedono maggiori competenze, anche emotive, del leader per essere gestiti.
  4. Sharing: condividere informazioni, conoscenze, risorse, promuovere la comunicazione efficace. Questa funzione appare come il vertice delle competenze emotive del leader: richiede di condividere il know how sul quale si fonda la percezione del potere individuale, implica di accettare critiche, di riconoscere i propri errori e di fare i conti con i propri vissuti.

Leadership e cambiamento

La gestione di un’organizzazione implica un continuo processo di cambiamento. Se da un lato il cambiamento è inevitabile e l’innovazione vitale per l’organizzazione, dall’altra genera ansia e resistenze sia a livello conscio che inconsapevole. Il cambiamento genera invidia, gelosia, rivalità e paure. Nel proporre un cambiamento è necessario fissare tempi, risorse e modalità di attuazione, tenendo conto anche dei processi non espliciti, delle fantasie e delle paure che governano i comportamenti. Il cambiamento viene presentato con entusiasmo come desiderabile e utile, talvolta indispensabile, spesso però negando i costi altrettanto inevitabili che ogni cambiamento ha. Riconoscendoli, dandogli espressione e non negandoli da costi si trasformano in consapevolezza e migliore gestione. Esempio del capro espiatorio che si fa portavoce di resistenze presenti in forma latente nell’organizzazione. La posizione di chi si oppone (attacco-fuga di Bion) può diventare una risorsa se il leader la accoglie e la interpreta non solo come individuale, ma come possibile rappresentazione di dubbi, paure, resistenze e clima di gruppo.

Alcune buone pratiche del leader:

  • promuovere una cultura organizzativa che preveda l’espressione dei vissuti negativi, dia voce alle critiche e alle polemiche. Alcune imprese hanno introdotto l’advisory box una cassetta dei suggerimenti per raccogliere vissuti opinioni suggerimenti anonimi che nessuno ha il coraggio di portare direttamente;
  • promuovere l’apprendimento dagli errori senza negarli e alimentare le iniziative;
  • prevedere l’invidia: le buone idee mettono sempre  in ombra qualcuno;
  • tollerare l’ambivalenza (per esempio tra invidia ed emulazione) e il bisogno di dipendere dei follower;
  • gestire i conflitti: l’esperienza di far parte di un gruppo di lavoro promuove la collaborazione e l’appartenenza, ma anche l’incontro tra diversità. Proprio la diversità, che è un elemento fondante della strutturazione e della creatività del gruppo e dell’organizzazione, nello stesso tempo genera conflitto.

Manager e altri professionisti che sviluppano competenze emotive riconoscono più velocemente i conflitti emergenti nel team, le vulnerabilità da gestire, i processi decisionali, le relazioni informali che generano opportunità. Il leader consapevole promuove la creatività e l’innovazione nelle organizzazioni che cambiano.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • BION, W.R. (1961). Experiences in groups. Tavistock Publications, London. Trad. it.: Esperienze nei gruppi. Armando, Roma, 1971.
  • BION, W.R. (1962). Learning from experience. Heinemann, London. Trad.it.: Apprendere dall'esperienza. Armando, Roma, 1972.
  • GOLEMAN, D. (1995) Emotional Intelligence. London, Bloomsbury. Tr.it. Intelligenza emotiva. Rizzoli, Milano 1997.
  • MILLER, E.J. (ed.) (1976) Task and Organization. London, Wiley.
  • OBHOLZER, A. - ZAGIER ROBERTS, V. (eds) (1994) The Unconscious at Work. Individual and organizational stress in the human services. Routledge, London. Trad.it. L’Inconscio al Lavoro. Stress Individuale e Organizzativo nei Servizi alla Persona. Etas Libri, Milano 1998. - ed.ridotta dell’originale.
  • PERINI, M. – VERA, E. (2001) Autorità, Leadership e Innovazione. Lettera Asfor Formazione Manageriale, Anno XIII, n° 1-2 Gennaio-Giugno 2001
  • VON BERTALANFFY L., (1968) Teoria generale dei sistemi. Fondamenti, sviluppi, applicazioni, ILI
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