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Che cos’è e come funziona una CEB (classe di esercizi di bioenergetica)

La bioenergetica sfrutta il meccanismo base dell’organismo di carica, scarica, rilassamento, sui quali si basa la classe di esercizi di bioenergetica (CEB)

Di Silvia Di Evangelista

Pubblicato il 16 Dic. 2019

CEB è l’acronimo usato per indicare ‘classe di esercizi di bioenergetica’. Il termine classe denota un gruppo di almeno 4-5 persone che vengono guidate da un conduttore nello svolgere una pratica psico-corporea (sequenza armonica di movimenti), in un tempo specifico (1h e 30 min), con un determinato intervallo temporale (una volta a settimana), all’interno di un setting (ambiente protetto).

Silvia Di Evangelista – OPEN SCHOOL Studi Cognitivi, San Benedetto del Tronto

 

Parole chiave: respiro, carica -scarica- rilassamento, movimenti emozionali, gruppo: strumento di regolazione interattiva

L’obiettivo è quello di sviluppare in ogni partecipante una maggiore consapevolezza della propria unità mente-corpo al fine di autoregolare l’attivazione fisica ed emotiva in alcuni momenti di difficoltà, come ad esempio quando uno stress dura a lungo (stress cronico). Tuttavia gli esercizi possono essere anche utilizzati individualmente, diventando così una pratica di self-help nel recupero del proprio benessere psico-fisico.

Alexander Lowen (psicoterapeuta e psichiatra statunitense 1910-2008, fondatore dell’Analisi Bioenergetica e dell’International Institute for Bioenergetic Analysis) e sua moglie Leslie Lowen hanno messo a punto nel corso di più di vent’anni di lavoro terapeutico con i pazienti, dei programmi di lavoro corporeo, costituiti da esercizi fisici: gli esercizi bioenergetici. L’utilizzo di tale pratica favorisce l’equilibrio psicofisico durante situazioni di stress in cui vi è un’alterazione e modificazione del sistema nervoso, del sistema endocrino (Selye H., sindrome generale di adattamento, 1936) e del sistema immunitario (PNEI, Ader R., 1981).

Il respiro profondo e il grounding

L’esercizio base di una CEB è il grounding ovvero una posizione di stress in cui si è in posizione eretta, con i piedi distanziati di circa 25 cm, le punte leggermente in dentro e le ginocchia scarsamente piegate. In questa posizione la persona viene invitata a chiudere gli occhi, prestando attenzione alle sensazioni del corpo: il battito cardiaco, il ritmo del respiro, i piedi appoggiati a terra, potenziando così la sensibilità propriocettiva (corteccia somatosensoriale, nota come area S1).

Durante la posizione di grounding è stimolato un respiro profondo e calmo, in cui l’inspirazione procede dalla zona pelvica e si dirige verso l’alto, fino alla bocca e l’espirazione parte dalla bocca e scende verso il bacino. Questo tipo di respirazione attiva la modalità parasimpatica del sistema nervoso autonomo, riportando in equilibrio le funzioni del sistema neurovegetativo, avendo così benefici sul corpo e sulla mente. A livello corporeo infatti il respiro profondo bilancia il ritmo cardiaco e respiratorio, rallenta il polso, gestisce una corretta secrezione ormonale e l’aumento del rilassamento muscolare. A livello mentale invece respirare profondamente consente di calmare la tendenza a rimuginare, migliora il riposo e aumenta la resistenza allo stress.

Le prove scientifiche degli effetti calmanti della respirazione profonda sono arrivate da un team di ricercatori della Stanford University School of Medicine che ha scoperto un nuovo tipo di neuroni che collega il ritmo del respiro alla sensazione di allerta. Nel tronco encefalico è presente una subpopolazione neurale che controlla la respirazione e comunica direttamente con una struttura cerebrale, il locus coeruleus, coinvolta nelle risposte allo stress, nello stato di vigilanza generale, nella focalizzazione dell’attenzione. Kevin Yackle e il suo gruppo (2017) fecero un esperimento su alcuni topi, ai quali erano stati attentamente disattivati i neuroni connessi con la respirazione, osservando che, mentre in una prima fase gli animali non mostravano alcun cambiamento, quando venivano messi in gabbie non familiari, gli animali rimanevano tranquilli anche se erano sottoposti a stimoli che normalmente avrebbero elicitato una risposta di stress. Con questo esperimento è stato dimostrato come la disattivazione della subpopolazione neuronale generatrice dei ritmi respiratori, 175 neuroni del complesso di pre-Botzinger, sia connessa con la porzione del cervello coinvolta negli stati eccitatori.

Pertanto fare dei respiri profondi ha un effetto calmante perché non attiva quei neuroni collegati con il centro del cervello connesso agli stati di eccitazione.

Carica, scarica e rilassamento: i tre momenti della CEB

Una CEB si articola in tre momenti: carica-scarica-rilassamento. La tecnica bioenergetica sfrutta il meccanismo base dell’organismo vivente di carica, scarica, rilassamento. Infatti, quando l’organismo raggiunge un punto massimo di tensione (carica), inizia a cedere (scarica) l’energia in eccesso, arrivando al rilassamento muscolare. Il concetto di carica e scarica bioenergetica è analogo a quello di tremore neurogeno studiato da Peter Levine. Levine, attraverso un approccio ecologico, osservò che la reazione degli animali ad un evento pericoloso era quella di ‘scrollarsi’ via dal corpo la paura provata, attraverso delle vibrazioni corporee, ripristinando lo stato neurofisiologico antecedente l’evento traumatico. Dall’osservazione di tale reazione egli elaborò una metodologia di lavoro psico-fisiologico chiamata Somatic experiencing il cui principio di base consisteva nel processo di scarica dei processi fisiologici (attraverso vibrazioni corporee), in modo da supportare il sistema nervoso nel lasciar andare l’eccesso di attivazione. In questo modo veniva ripristinato l’equilibrio omeostatico dell’organismo. Lo stesso principio è condiviso dalla prospettiva bioenergetica che vede in un muscolo contratto un blocco dell’energia emozionale dovuto ad uno stress più o meno intenso. L’obiettivo degli esercizi bioenergetici è quello di sciogliere questo blocco emozionale, attraverso vibrazioni corporee indotte con posture stressanti come il grounding, per arrivare al limite della tolleranza e stimolare il corpo a cedere e riportare un processo fisiologico di autoregolazione psicofisica.

Durante la fase di rilassamento vengono svolti sia esercizi di rilascio muscolare che esercizi di massaggio con l’altro. Gli esercizi di rilascio muscolare stimolano a livello cognitivo la capacità di auto-osservazione, attraverso la mobilitazione di alcune sensazioni e di alcuni pensieri che solitamente sono al di fuori del campo di coscienza, aumentando così il grado di consapevolezza corporea. Gli esercizi di massaggio, vengono effettuati reciprocamente dai partecipanti, consistono in una lieve pressione su muscoli in tensione, inducono anch’essi ad uno stato di rilassamento, favoriscono la respirazione e la propriocezione oltre che un senso di contatto e di vicinanza nel gruppo.

Movimenti emozionali

In una CEB sono diversi gli esercizi che possono essere proposti: ci sono quelli di orientamento spaziale, quelli di carica e scarica energetica, esercizi più espressivi che utilizzano il suono della voce con diverse intensità, esercizi di allungamento, esercizi assertivi ed esercizi simili a quelli svolti in alcune pratiche come il pilates o la ginnastica dolce. Tuttavia ciò che caratterizza una CEB e la differenzia da altre attività corporee è l’utilizzo degli esercizi corporei come movimenti emozionali cioè movimenti che hanno una risonanza emotiva.

Questo vuol dire che l’obiettivo di esecuzione degli esercizi non è quello di realizzare una buona performance come nello sport. Il focus al contrario è quello di stimolare, ovvero incoraggiare ogni individuo nel dirigere l’attenzione sulle sensazioni del corpo ed osservare senza giudizio come le sensazioni fisiche siano legate alle proprie emozioni e ai pensieri.

Tutto questo ha lo scopo sia di regolare l’attivazione fisiologica, sia di sviluppare maggiore conspevolezza. Infatti grazie al lavoro corporeo è possibile aumentare la propria finestra di tolleranza (Siegel D., 1999) poiché si amplia la capacità di tollerare le sensazioni fisiche e gli stati emozionali. Inoltre gli studi di Kandel sulla plasticità neuronale dimostrano come l’apprendimento e la memorizzazione delle esperienze, attivino nuove reti neurali di risposta, che vengono consolidate con la ripetizione. Pertanto durante una CEB porre attenzione alle proprie esperienze percettive e la ripetizione di nuovi schemi senso-motorio-emozionali, genera nuovi apprendimenti. In questo modo l’individuo viene aiutato ad essere più consapevole e a modulare le proprie abituali forme di risposta agli stimoli interni ed esterni.

Il gruppo e l’apprendimento per imitazione in una CEB

In una CEB il gruppo svolge una funzione importante nel processo di regolazione emozionale e nello sviluppo di nuovi apprendimenti grazie ad una comunicazione imitativa. Infatti nell’ambito delle Neuroscienze, la scoperta dei neuroni specchio (Rizzolati et al., 1994) localizzati nella corteccia pre-motoria e connessi al sistema limbico, area del cervello responsabile dell’origine e della gestione delle emozioni, costituisce la base della comprensione relazionale e dell’empatia. Pertanto, grazie ai neuroni specchio, se l’altro compie un movimento, è possibile non solo percepire la sua azione, ma anche comprendere le intenzioni ed emozioni che sta provando. Infatti l’attivazione uditiva-motoria-cinestetica consente l’attivazione di questi neuroni provocando un rispecchiamento, permettendo cioè una comunicazione emozionale, veicolata dal linguaggio del corpo. Questa comunicazione pre-verbale, consente la regolazione delle proprie sensazioni ed emozioni nell’interazione con l’altro. Il conduttore all’inizio guida il percorso di una CEB con ritmi, intervalli, intensità, che poi vengono rimodulati dalla risposta dell’intero gruppo per creare una buona sintonia comunicativa.

Conclusioni

La CEB è uno strumento di promozione della salute che agisce a livello dei processi psico-fisiologici del corpo. Pur avendo degli effetti terapeutici non è un percorso di psicoterapia. Si tratta infatti di un lavoro esclusivamente corporeo, non verbale; manca il processo di elaborazione dell’esperienza emotiva che il paziente fa insieme allo psicoterapeuta, attraverso la riflessione e la costruzione di significato, traducendo il linguaggio del corpo in narrazione, favorendo così lo sviluppo di maggiore consapevolezza.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Lowen A. & Lowen L. (1979). Espansione e integrazione del corpo in Bioenergetica. Manuale di esercizi pratici. Astrolabio.
  • Giammarini Green E. (1990). What is Bioenergetic exercise class? Or: What Bioenergetic class is not. International journal of Bioenergetic Analysis. Traduzione di Piero Rolando, a cura di Luciano Marchino.
  • Borrello M.R. (2009). La classe di esercizi bioenergetici, momenti di regolazione interattiva e di autoregolazione. Il corpo narrante n. 2.
  • Yackle, K., Schwarz, L. A., Kam, K., Sorokin, J. M., Huguenard, J. R., Feldman, J. L., ... & Krasnow, M. A. (2017). Breathing control center neurons that promote arousal in mice. Science, 355(6332), 1411-1415.
  • Payne, P., Levine, P. A., & Crane-Godreau, M. A. (2015). Somatic experiencing: using interoception and proprioception as core elements of trauma therapy. Frontiers in psychology, 6, 93.
  • Bailey, C. H., Kandel, E. R., & Harris, K. M. (2015). Structural components of synaptic plasticity and memory consolidation. Cold Spring Harbor perspectives in biology, 7(7), a021758.
  • Rizzolatti, G., & Gnoli, A. (2016). In te mi specchio. Per una scienza dell'empatia. Rizzoli Editore.
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