I disturbi d’ansia sono fra i disturbi più comuni nei bambini e negli adolescenti, con una prevalenza stimata tra il 3 e il 20% (Costello et al., 2005); sono associati a numerosi problemi di sviluppo, psicosociali e psicopatologici come un cattivo rendimento scolastico e difficoltà con il gruppo di pari (Beesdo, Knappe & Pine, 2009). Inoltre, tendenze ansiose in giovane età possono predire lo sviluppo di patologie psichiatriche in età adulta (Bittner et al., 2007).
Le teorie cognitive sullo sviluppo dei disturbi d’ansia ipotizzano che l’individuo interpreti e processi le informazioni recepite dall’ambiente in maniera errata, associandole a emozioni ed eventi negativi (Beck et al., 1985). I modelli più recenti invece, come il modello metacognitivo, individuano nei processi automatici e riflessivi il cuore dei disturbi ansiosi. Nella teoria proposta da Wells & Matthews (1994), vi sono diversi fattori che influiscono sui bias tipici di questo genere di disturbi, tra i quali troviamo le credenze metacognitive (positive e negative), le strategie utilizzate dall’individuo per autoregolare le proprie emozioni e l’attention control (letteralmente controllo dell’attenzione), ovvero la capacità di inibire una risposta automatica dominante a favore di una meno accessibile ma presumibilmente più funzionale (Derryberry & Reed, 2002).
L’importanza dei processi attentivi e delle strategie di autoregolazione, viene esplicata nel Self-Regulatory Executive Function model (S-REF; Wells & Matthews, 1994), modello di riferimento della teoria e della terapia metacognitiva, all’interno del quale i disturbi psicologici sono associati allo stile di pensiero definito cognitive attentional syndrome (CAS). Il CAS rappresenta un pensiero caratterizzato da rimuginio, ruminazione e preoccupazione che fanno sì che il soggetto adotti strategie di coping maladattive per gestire le proprie sensazioni e i propri pensieri (Wells, 2009).
Diversi studi (Spada et al., 2010; Fernie et al., 2016) hanno confermato l’influenza dei processi attentivi e delle credenze metacognitive disadattive nell’esordio e nel mantenimento dei disturbi d’ansia e depressivi negli adulti e l’obiettivo dello studio qui riportato, era quello di indagare il ruolo di questi processi in bambini e adolescenti con questi disturbi (Reinholdt-Dunne et al., 2019).
La ricerca cross-sectional condotta dagli autori ha preso in considerazione 351 bambini (169 bambini con diagnosi di disturbo d’ansia come gruppo sperimentale e 182 bambini come gruppo di controllo) tra i 7 e i 14 anni.
A tutti i partecipanti sono stati somministrati il Revised Child Anxiety and Depression Scale – Child version (RCADS) per misurare i sintomi ansiosi e depressivi, l’Attentional Control Scale for Children (ACS-C) per avere una misura dell’attention control e il Metacognitions Questionnaire for Children (MCQ-C30) per indagare le credenze metacognitive positive e negative.I risultati hanno mostrato che il gruppo sperimentale riportava un numero elevato di credenze metacognitive disfunzionali e punteggi più bassi di attention control rispetto al gruppo di controllo. In entrambi i gruppi, è stata individuata una correlazione positiva tra gravità dei sintomi e numero di credenze metacognitive disadattive, in particolar modo con le credenze positive sull’utilità della preoccupazione (Reinholdt-Dunne et al., 2019).
In conclusione, nonostante i limiti dello studio come la mancanza di dati sul rapporto di causalità tra le variabili e la predominanza di un solo disturbo nel campione (Disturbo d’Ansia Generalizzata), i risultati suggeriscono che il modello metacognitivo potrebbe essere utilizzato per concettualizzare le caratteristiche psicologiche e i fattori del mantenimento della patologia in bambini e adolescenti con disturbi dello spettro ansioso o depressivo (Reinholdt-Dunne et al., 2019).