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The Inner Game

Possiamo trasformare il giudizio su di noi e sulla nostra performance con tecniche di autocorrezione e acquisizione di consapevolezza delle potenzialità

Di Romina Salin

Pubblicato il 26 Nov. 2019

L’atleta riesce ad esprimere la sua performance ottimale quando riesce a ridurre al minimo gli ostacoli personali interni e sviluppa la fiducia nelle proprie capacità di apprendere in modo naturale dall’esperienza diretta (W. Thimothy Gallwey).

 

L’avversario che c’è nella nostra mente, è molto più forte dell’avversario che c’è dall’altra parte. (W. Thimothy Gallwey)

Controllo della prestazione

Vi è mai i capitato di pensare per molto tempo alla vostra ultima prestazione in campo, soffermarvi a cercare di capire dove avete sbagliato, nonostante le indicazioni vi fossero chiare, e poi ritrovarvi nonostante tutto il giorno seguente a fare lo stesso errore? Ecco, vi sarete detti, come è possibile contemporaneamente sapere come tirare, ma poi non riuscire a realizzarlo?

Vi propongo una riflessione sulla pratica del “fidarsi del proprio inconscio” nel golf, così come nella pratica sportiva in generale, citando il maestro Tim Gallwey, noto per il suo enorme contributo proposto con l’Inner Game Coaching, perché essa può aiutarci a capire cosa succede nella nostra mente e, soprattutto, come riuscire a modificare quei comportamenti che non ci fanno raggiungere i nostri obiettivi, nello sport così come nella vita. Secondo questo concetto la nostra mente viene facilmente distratta dalla tendenza a preoccuparsi, a rimpiangere, a confondersi. Sono le interferenze che lo stesso giocatore subisce (come ad es. il giudizio, lo stress, l’eccessiva autocritica, la paura di sbagliare, o l’essere osservati, ecc.…) che condizionano il risultato della prestazione.

Pensate, ad esempio, a quando giocano padre e figlio, a quanto il primo, appena il ragazzo tira, si esprima in modo fortemente convinto nel dare giudizi e consigli (guidato senza dubbio dalle sue migliori intenzioni), ma come questi rimangano impressi nella testa del ragazzo anche quando il padre non sarà più presente in campo con lui, cominciando a fargli interiorizzare un’enorme pressione. Ciò che Gallway presuppone è che dentro, in ciascuno di noi, esista una sorta di partita giocata dalla nostra mente, i cui avversari sono uno esterno e uno interno, chiamati rispettivamente Self One e Self Two. Il Self  One è  la parte razionale, che giudica, paragona, decide, rende distorta la nostra percezione, mentre il Self Two è l’essere umano con tutte le sue potenzialità latenti e la sua capacità di imparare.

Secondo Gallway, il giudizio della componente Self One interferisce costantemente nello stato di apprendimento, quindi contro il Self Two, provocandoci infinite difficoltà. Questo dialogo interiore è presente pressoché in modo inconsapevole all’interno della mente, ma il guaio è che il gioco procede simultaneamente, quindi, come sospendere questa pratica continua della parte Self One?

Per farlo servono delle abilità interiori, che devono essere allenate, poiché

L’atleta riesce ad esprimere la sua performance ottimale quando riesce a ridurre al minimo gli ostacoli personali interni e sviluppa la fiducia nelle proprie capacità di apprendere in modo naturale dall’esperienza diretta. (W. Thimothy Gallwey)

Da qui la sua formula: PRESTAZIONE = POTENZIALE – INTERFERENZE

L’allenamento mentale consiste quindi tutto nello sviluppare il potenziale e nel ridurre le interferenze. Semplice a dirlo, starete pensando, ma non altrettanto a metterlo in pratica. In realtà il nostro potenziale è molto alto al nostro interno, ma altrettanto alta è la capacità di farsi colpire dalle interferenze.

Triangolo PEL

Alla base del gioco interiore c’è il triangolo PEL (o PAD ) dove ai vertici ci sono oltre alla performance altri due fattori fondamentali: l’apprendimento e il divertimento. Ogni lato del triangolo rappresentato sostiene gli altri due.

The inner game - IMM 1

Immagine 1. Triangolo PEL

Questo dialogo interiore è presente pressoché in modo inconsapevole all’interno della mente del giocatore, ecco perché risulta utile, all’interno di un percorso di coaching, indirizzare consciamente la propria attenzione, alimentandola con le informazioni di cui ha bisogno, e al contempo bloccare la strada al manifestarsi di pensieri disfattisti o emozioni negative (paura di sbagliare, sentirsi giudicati, …) che portano la persona in uno stato d’animo che limita il proprio potenziale.

In altre parole, imparando in modo naturale ad osservare le nostre azioni, possiamo distrarre le interferenze, ovvero trasformare il giudizio che abbiamo di noi stessi e della nostra performance attraverso tecniche di autocorrezione e acquisizione di consapevolezza delle nostra reali potenzialità.

In queste poche righe non si vogliono certo ridurre al minimo i concetti dei fondamenti del coaching, ma si vuole piuttosto stimolare il lettore a introdurre nella pratica quotidiana del golf, cosi come in altri sport, considerazioni sulla forza della propria consapevolezza e della propria dimensione emotiva, non dimenticando che anche la tecnica influisce in modo ingente nel migliorare la propria performance finale.

 

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