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La funzione del training cognitivo nello sport

Training cognitivo: quali sono le funzioni cognitive su cui agisce e come può essere utile per migliorare la pratica sportiva

Di Vincenzo Amendolagine

Pubblicato il 09 Gen. 2019

Lo studio delle funzioni cognitive e del loro incremento ha reso possibile la messa a punto di training specifici, anche per l’ambito sportivo

 

Negli ultimi anni lo studio delle funzioni cognitive e del loro incremento, attraverso il training cognitivo, ha ricevuto una particolare attenzione, non solo in campo clinico, ma anche in altri campi applicativi.

L’obiettivo che il training cognitivo si pone è quello di migliorare le funzioni cognitive attraverso degli esercizi mirati, che frequentemente utilizzano le tecnologie informatiche. Il training cognitivo dimostra la sua validità anche nel contesto sportivo, in quanto migliora la flessibilità di risposta cognitiva, incrementa i processi attentivi e potenzia la velocità di esecuzione delle performance.

Keywords: funzioni cognitive, training cognitivo, sport.

Obiettivi del training cognitivo

Negli ultimi anni lo studio delle funzioni cognitive e del loro incremento, attraverso il training cognitivo, ha ricevuto una particolare attenzione, non solo in campo clinico, ma anche in altri campi applicativi. L’obiettivo che il training cognitivo si pone è quello di migliorare le funzioni cognitive attraverso degli esercizi mirati, che frequentemente utilizzano le tecnologie informatiche. Esso può essere utilizzato, quindi, con un fine riabilitativo, laddove esiste un deficit, legato, per esempio, a patologie neurodegenerative o psichiatriche che inficiano le funzioni cognitive (Hallock e al., 2016; Motter e al., 2016), oppure come potenziamento delle funzioni cognitive nell’ambito della vita quotidiana con una finalità preventiva, o nell’ambito di alcuni contesti specifici, come quello sportivo, con l’obiettivo di incrementare le performance (Walton e al., 2018).

Le funzioni cognitive

Le funzioni cognitive sono dei processi mentali che consentono di elaborare gli input provenienti dalla realtà e di predisporre delle risposte appropriate a questi stimoli sotto forma di comportamenti (Revlin, 2014). Le funzioni cognitive possono essere distinte in funzioni cognitive di base e funzioni cognitive complesse. Fra le funzioni cognitive di base sono da menzionare i processi attentivi. L’attenzione è quella capacità che permette di concentrare le risorse cognitive su alcuni input provenienti dalla realtà.

Robertson e Manly (1999) hanno suddiviso i processi attentivi in più morfologie. Infatti, c’è l’attenzione sostenuta o vigilanza, che è l’abilità di dirigere volontariamente la propria attenzione per un tempo prolungato sugli elementi della realtà. Inoltre, esiste l’attenzione selettiva, che consente di focalizzare la propria attenzione su alcuni input, ignorandone altri.

In ultimo, l’attenzione divisa che è quella capacità che dà la possibilità di indirizzare contemporaneamente la propria attenzione su più stimoli.

Le funzioni esecutive, che rappresentano le funzioni cognitive complesse, possono essere definite come procedure cognitive che hanno lo scopo di pianificare ed organizzare i comportamenti e le emozioni di un individuo, allorquando si confronta con nuove realtà contestuali, particolarmente difficoltose, che richiedono la mobilizzazione di strategie adattative (Owen, 1997). Le funzioni esecutive, secondo il modello elaborato da Miyake et al. (2000), sono costituite da tre capacità, utilizzate nelle strategie di problem solving. Esse sono: l’inibizione o controllo inibitorio; la memoria di lavoro; la flessibilità di risposta cognitiva. L’inibizione è rappresentata dall’abilità che consente di non far interferire, nel compito che si svolge, impulsi e informazioni non pertinenti, che potrebbero esercitare il ruolo di distrattori (Miyake et al., 2000). La memoria di lavoro è quella competenza che permette di conservare il ricordo, per un breve lasso di tempo, di tutte quelle nuove informazioni utili allo svolgimento di un’attività (Miyake et al., 2000). La flessibilità di risposta cognitiva è la capacità di variare i propri modi di pensare e di agire per adattarsi ai cambiamenti richiesti dall’ambiente o dalla natura del compito che si esegue (Miyake et. al., 2000).

Il training cognitivo in ambito sportivo

Il training cognitivo utilizza, come si è detto, prevalentemente programmi informatici. In pratica, esso è costituito da una serie di esercizi ripetuti, svolti al computer, che hanno la finalità di migliorare le funzioni cognitive di base e quelle complesse (George e Whitehouse, 2011). Da ricerche svolte (Lorains e al., 2013; Farahani e al., 2017), il training cognitivo dimostra la sua validità anche in ambito sportivo, in quanto permette di ridurre i tempi di elaborazione, legati al processo di stimolo – risposta, nell’ambito della flessibilità di risposta cognitiva (Hirao e Masaki, 2018). Inoltre, consente di incrementare l’attenzione divisa (Romeas e al., 2016) e implementa la velocità delle performance atletiche (Mann e al., 2007). Infine, migliora l’accuratezza nella risoluzione di compiti cognitivi, che richiedono flessibilità (Voss e al, 2010).

In conclusione, il training cognitivo dimostra la sua validità anche nel contesto sportivo, in quanto migliora la flessibilità di risposta cognitiva, incrementa i processi attentivi e potenzia la velocità di esecuzione delle performance.

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Vincenzo Amendolagine
Vincenzo Amendolagine

Medico, psicoterapeuta psicopedagogista. Insegna come Professore a contratto presso la Facoltà/Scuola di Medicina dell’Università di Bari Aldo Moro.

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