Parliamo di bambini, parliamo di ricerca. Parliamo di quel che accade nella mente umana nei primi mesi di vita. Un argomento che molto spesso affascina clinici, ricercatori ma anche i meno esperti.
Da sempre la ricerca in questo campo ha cercato di rispondere a numerosi interrogativi, tanto facili da sollevare quanto difficili da indagare, avvalendosi di strumenti sempre più evoluti e compiendo così molti passi in avanti nella comprensione dei processi cognitivi e percettivi dei più piccoli.
Tra i laboratori di ricerca ad oggi più all’avanguardia, troviamo il MinDevLab di Milano: una realtà che vanta studi innovativi, i cui risultati hanno un notevole impatto, sia sulla comunità scientifica nazionale e internazionale, che sui tanti genitori ed educatori che si rivolgono al centro per comprendere meglio lo sviluppo cognitivo del bambino.
Per conoscere le attività del laboratorio, i temi e le metodologie di ricerca, abbiamo intervistato il Prof. Herman Sergio Bulf.
Intervistatore (I): Salve Prof. Bulf, e grazie per l’intervista. Lei è Professore di Psicologia dello Sviluppo presso l’Università di Milano Bicocca e ricercatore presso il MinDevLab. Ci parli del laboratorio: come è nato e quali sono le vostre attività?
HB: Il MidDevLab è uno dei pochi laboratori in Italia che si occupano di studiare la mente dei bambini prima che inizino a parlare. L’obiettivo è quello di comprendere come si sviluppa la mente nelle prime fasi dello sviluppo, quando il cervello è estremamente plastico, e come il cervello si organizza modificando la propria anatomia e funzionalità in base agli stimoli che riceve. Studiamo in particolare quando emergono, e come si sviluppano, le capacità percettive e cognitive nei primi mesi di vita. Il laboratorio è nato grazie all’interesse dei ricercatori del MindDevLab, e in particolare delle Prof.sse Chiara Turati e Viola Macchi Cassia, per l’indagine dello sviluppo cognitivo precoce.
I: Quali sono i principali temi di ricerca su cui lavorate?
HB: Le nostre ricerche hanno l’obiettivo di indagare come i bambini di pochi mesi di vita riconoscono volti con diverse espressioni emotive, se sono in grado di comprendere sequenze di gesti e azioni, e come rispondono al tocco sociale. Siamo inoltre interessati a comprendere se i bambini sono in grado di discriminare tra insiemi di diversa numerosità e se sanno comprendere l’ordine con sui si susseguono diversi eventi in una sequenza. Tutte queste capacità sono fondamentali per l’emergere di competenze più complesse e astratte, come ad esempio le competenze comunicative e linguistiche.
I: Come è nato il suo interesse per queste determinate aree di ricerca? C’è stato un episodio o un momento in cui ha capito che questa sarebbe stata la sua strada o è più una passione maturata nel tempo?
HB: Mi sono letteralmente innamorato dello studio delle competenze cognitive e percettive precoci quando ero uno studente di psicologia dello sviluppo. Ho capito che indagare il funzionamento della nostra mente in età estremamente precoci è fondamentale non solo per meglio comprendere i meccanismi di funzionamento della mente adulta, ma anche per identificare marcatori precoci di eventuali disturbi dello sviluppo, consentendo così di intervenire quando la plasticità del cervello è massima.
L’ARTICOLO CONTINUA DOPO LE IMMAGINI:
Imm. 1 – Prof. Herman Sergio Bulf
Imm. 2 – I ricercatori del MinDevLab di Milano
I: Come si sono evolute, nel corso degli anni, le metodologie di ricerca utilizzate nel laboratorio?
HB: Tutte le metodologie che utilizziamo sono innocue per i bambini, di breve durata, e si basano sui comportamenti spontanei dei bambini che ancora non parlano e non rispondono a istruzioni verbali. Nel laboratorio vengono utilizzate sia misure comportamentali che neurofisiologiche. Il laboratorio era inizialmente organizzato per rilevare misure di tipo comportamentale che consistono nell’osservazione dei tempi di fissazione visiva del bambino. Ad esempio, mostriamo la bambino due diverse immagini e osserviamo se il bambino ne osserva una per più tempo. Questo ci consente di capire se il bambino riesce a discriminare tra le due immagini e se ha delle preferenze visive. Una decina d’anni fa, grazie ad un importante finanziamento europeo ricevuto dalla Prof.ssa Turati, abbiamo potuto acquistare sistemi per misurare l’attività neurofisiologica. Ad esempio, siamo in grado di misurare l’attività cerebrale del bambino in risposta agli stimoli, come ad esempio volti o oggetti.
I: Come si svolge una giornata tipo nel vostro laboratorio?
HB: Nel laboratorio c’è sempre molto fermento. Oltre ai ricercatori lavorano infatti nel laboratorio dottorandi e assegnisti di ricerca. Il tempo è dedicato alla messa a punto degli strumenti per le ricerche, ai contatti con i genitori, e soprattutto all’osservazione dei bambini. Ad ogni bambino e ai suoi genitori viene dedicata circa un’ora. Al bambino diamo infatti il tempo di adattarsi al nuovo ambiente e spieghiamo ai suoi genitori gli obiettivi della ricerca. L’osservazione sperimentale ha invece una durata limitata, di una decina di minuti circa, per potersi adeguare alle limitate capacità di attenzione e concentrazione dei bambini così piccoli.
I: Un lavoro e una mission, i vostri, che hanno grande impatto a livello internazionale. Con quali Università e/o altri centri di ricerca collaborate?
HB: Il laboratorio ha una forte caratterizzazione internazionale. Collaboriamo infatti con altri importanti centri di ricerca in Europa, Stati Uniti e Giappone, che come noi hanno l’obiettivo di studiare il funzionamento delle mente nella prima infanzia. Ad esempio, siamo attualmente coinvolti in un progetto europeo che prevede un network di cinque laboratori europei. Oltre al MinDevLab partecipano al progetto due laboratori inglesi, uno svedese e uno olandese. L’obiettivo è quello di indagare le competenze cognitive nella prima infanzia con tecnologie all’avanguardia che permettono di osservare il comportamento del bambino in contesti ecologici.
I: Il MinDevLab è una realtà innovativa e stimolante. Ho avuto modo di vedere che partecipate anche a eventi come La notte europea dei ricercatori proprio per sensibilizzare e informare i cittadini sull’importanza del fare ricerca. Come risponde il territorio alle vostre attività?
HB: La possibilità di incontrare i cittadini è fondamentale, sia perché ci permette di far conoscere la nostra realtà, sia per sensibilizzare sull’importanza di indagare le competenze precoci dei bambini. Oggi infatti sappiamo che i bambini sono estremamente competenti: fin dalla nascita possiedono capacità percettive e cognitive insospettabili fino a qualche decennio fa, quando non esistevano metodologie adeguate per rilevarle. Le risposte a eventi come La notte europea dei ricercatori sono sempre molto positive, e rappresentano uno stimolo importante per la nostra ricerca.
I: Immagino che trovare il campione per le vostre ricerche non sia sempre facile. In che modo reclutate i vostri piccoli partecipanti?
HB: Ogni mese scriviamo alle famiglie dei nuovi nati, e abbiamo una buona percentuale di risposta, circa il 20%. Le famiglie che partecipano alle nostre ricerche chiedono di tornare, per partecipare alle osservazioni destinate ai bambini più grandi. I bambini coinvolti nelle nostre ricerche hanno dai 3 mesi ai 24 mesi di età, ma sono coinvolti anche bambini più grandi, in età prescolare. Per partecipare basta prendere un appuntamento tramite una telefonata al laboratorio.
I: Quali sono, se ci sono, i dubbi o le perplessità più frequenti manifestati dai genitori? E, ovviamente, come possiamo tranquillizzarli a riguardo?
HB: I genitori vogliono comprendere quali sono gli obiettivi della ricerca, e si assicurano che le metodologie utilizzate non siano invasive. I genitori sono accanto al loro bambino in ogni fase dell’osservazione. Vengono coinvolti e tranquillizzati spiegando che i nostri sistemi sono innocui e che vengono utilizzati ormai da decenni dai diversi laboratori che si occupano di studiare la mente dei bambini ad età così precoci. Inoltre, i ricercatori sono a disposizione non solo per spiegare a fondo gli obiettivi della ricerca, ma anche per rispondere a eventuali dubbi e domande.
I: Quali sono le direzioni (e anche le ambizioni) future del MinDevLab?
HB: Una delle direzioni future è sicuramente quella di potenziare la comprensione dei processi cognitivi di bambini a rischio di sviluppo problematico, al fine di identificare indicatori di rischio precoci e di implementare interventi che possano sfruttare la plasticità cerebrale che caratterizza queste prime fasi dello sviluppo.
I: Concludo con una piccola curiosità personale: qual è stato il risultato a suo avviso più sorprendente emerso dalle vostre ricerche?
HB: Il comprendere che le limitate capacità attentive e percettive dei bambini sono in realtà un vantaggio per lo sviluppo, perché permettono al bambino di selezionare le informazioni più rilevanti e adeguate al suo sviluppo. E che a volte i bambini sono più bravi degli adulti! Ad esempio, i bambini di pochi mesi sono in grado di discriminare i contrasti fonetici di tutte le lingue del mondo, mentre questa capacità viene persa nel corso dello sviluppo, come conseguenza della sintonizzazione percettiva sui contrasti fonetici del nostro ambiente linguistico.