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La scienza (sorprendente) della felicità

La felicità, per Dan Gilbert, dipende in buona misura dal ridimensionare desideri ed eventi spiacevoli che ci capitano: è una capacità del nostro cervello

Di Simona Meroni

Pubblicato il 09 Set. 2019

Aggiornato il 19 Mar. 2021 16:14

Nel 2004, lo psicologo americano Daniel Gilbert, autore del volume “Stumbling on happiness”, tenne per TED uno dei discorsi ancora ad oggi più visualizzati di sempre sulla felicità umana, o meglio, sugli errori che gli esseri umani compiono nel valutare la loro felicità.

 

L’argomento del video di Gilbert era (ed è tuttora) di sicuro interesse: la felicità umana, o per meglio dire, gli errori che gli esseri umani compiono nel valutare la propria felicità.

Il ricercatore presentò durante i minuti a sua disposizione una posizione alquanto affascinante e su cui vale la pena, a mio avviso, fermarci a riflettere (ndr: il video è riportato a fondo pagina, dopo l’articolo)

Felicità: quanto dipende dagli eventi di vita

Il cervello umano si è evoluto nel tempo, arrivando all’incirca in due milioni di anni a triplicare la propria massa. Il dato interessante non è solo l’aumento di dimensioni, quanto più le modifiche alla struttura e il generarsi di nuove connessioni.

I ricercatori ci dimostrano che i lobi frontali (corteccia prefrontale) sono lo sviluppo “più recente” del cervello umano; una delle loro funzioni è quella di simulare l’esperienza. Ciò che ci distingue da buona parte degli altri animali, dunque, è la capacità di provare/immaginare/figurarci esperienze senza viverle. Un esempio molto semplice: tutti noi possiamo immaginare che gusto avrebbe un gelato al sapore di “fegato con le cipolle” senza bisogno di sperimentarlo veramente.

Ecco. Questo è ciò che i nostri lobi frontali ci consentono di fare, quotidianamente.

Al di là della storia evolutiva del nostro cervello, durante il famoso discorso The surprising science of happiness, Daniel Gilbert pone l’auditorio davanti a due scenari possibili, chiedendo quale sia preferibile: vincere alla lotteria, o diventare paraplegico.

Vi sembrerà scontato – per non scrivere assurdo – rispondere ad un dilemma simile.

Ebbene, ciò che risulta sorprendente sono i dati degli esperimenti riportati da Gilbert durante la conferenza: a distanza di un anno dall’incidente o dalla vittoria della lotteria, le persone sperimentano il medesimo livello di felicità.

In altre parole, eventi che pensiamo nell’immediato ci potrebbero appagare, potrebbero non avere invece effetto sulla nostra felicità se riconsiderati dopo sei mesi.

Altrettanto, se immaginassimo, invece, una delle cose peggiori che ci potrebbe succedere, scopriremmo che saremmo infelici solo nei primi tempi, ma la disperazione pian piano svanirebbe (salvo grandi eccezioni).

Questo perché “il simulatore di eventi” di cui siamo dotati risente di errori di valutazione (i così detti bias), portandoci a credere che due eventi profondamente diversi possano avere risultati altrettanto dicotomici in termini di soddisfazione.

Felicità: come il nostro cervello è in grado di aiutarci

Come è possibile, vi starete chiedendo, essere soddisfatti (per non dire felici), dopo un evento negativo? Ebbene, Gilbert prosegue stupendoci e suggerendoci che il nostro cervello è in grado di sintetizzare la felicità.

Gli esseri umani, infatti, sono dotati di quello che lui chiama “un sistema immunitario psicologico”, un insieme di processi cognitivi (per lo più non consci) che ci portano a cambiare visione del mondo, così da sentirci meglio all’interno del contesto nel quale finiamo a trovarci.

L’aspetto oltremodo interessante, a mio avviso, è l’accento posto su un meccanismo che abbiamo “al nostro interno”: siamo in grado di auto-produrre felicità, quando in realtà siamo convinti che dipenda per lo più da fattori esterni.

Gilbert non parla di accontentarsi, però. Non sta facendo una distinzione tra felicità di serie A (vinco alla lotteria) e di serie B (non ho vinto ma me ne faccio una ragione, consolandomi con altro). Il ricercatore sostiene che la felicità autentica (quella che potremmo definire derivante dall’ottenere ciò che desideriamo, o crediamo di desiderare) e quella “sintetica” (derivante dal non ottenere ciò che desideriamo) abbiano la stessa qualità.

A supporto della sua tesi, Gilbert espone un esperimento “classico”, chiamato paradigma della libera scelta.

Ad un gruppo di soggetti si chiede di mettere in ordine di preferenza alcuni oggetti (supponiamo, sei stampe di Monet). Dopo che le persone hanno indicato su una scala da 1 a 6 le proprie preferenze, si concede loro un regalo: una copia gratuita della stampa numero 3 o numero 4. I soggetti tenderanno a portare a casa la stampa numero 3, poiché sulla scala è più vicina all’indice di gradimento più alto.

Contattati in un periodo di tempo successivo, viene chiesto ai soggetti di mettere nuovamente in scala i quadri preferiti. Il risultato è la prova, per Gilbert, di come il nostro cervello sintetizzi la felicità: i soggetti assegneranno al quadro che hanno portato a casa un punteggio più alto rispetto alla volta precedente e al quadro che non hanno ottenuto un punteggio più basso.

Come a dire: il quadro che sono riuscito a portare a casa è migliore di quanto pensassi! E fin qui, forse, potremmo ancora avere il dubbio del “chi si accontenta gode”.

Gilbert, però, fa un passo avanti, e replica il medesimo esperimento con pazienti affetti da amnesia anterograda, che non possono formare nuovi ricordi. Potranno ricordare la loro infanzia ma se ci si presenta loro e si lascia trascorrere, diciamo, 15 minuti, non ricorderanno né la faccia né il vissuto.

I risultati dell’esperimento sono i medesimi del campione di controllo “sano”.

Significa che i soggetti affetti da amnesia, nonostante non potessero ricordare di aver ricevuto la stampa in regalo, in una seconda valutazione la reputavano migliore di quanto avessero fatto in precedenza, così come la stampa che non avevano scelto risultava in seconda analisi più sgradita.

Felicità: possiamo crearcela

Ciò dimostra che quando sintetizziamo la felicità, siamo in grado di cambiare concretamente e realmente la nostra reazione (e il punto di vista) rispetto ad un evento.

Infatti i pazienti affetti da amnesia, per riprendere il nostro esempio, non possono accontentarsi o farsi piacere la stampa perché è quella che possiedono, dal momento che non sono in grado di ricordare di possederla.

Possiamo sintetizzare la felicità anche quando siamo in una situazione di svantaggio, anzi, quando non abbiamo possibilità di scelta e gli eventi ci travolgono, è in quel momento che la felicità sintetica ci viene in soccorso. Conoscere questo aspetto di noi può sicuramente aiutarci a gestire situazioni che pensiamo essere in partenza “devastanti”.

Attenzione, però, Gilbert non ci sta dicendo che non ci sia differenza tra un evento negativo e un evento positivo. Ci sono sicuramente cose/eventi/situazioni migliori di altre.

Ciò che ci sta aiutando a capire è come talvolta i nostri desideri o le nostre “catastrofi” possano essere “ridimensionate”, ricordandoci che abbiamo – all’interno di noi stessi – tutti gli strumenti necessari se non per creare, quanto meno per reagire positivamente ad una, o più, situazioni che appaiono negative.

 

LA SCIENZA DELLA FELICITA’ – GUARDA IL VIDEO DI DAN GILBERT:

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