Un recente studio optogenetico sulle memorie fobiche e la loro resistenza al trattamento ha dimostrato per la prima volta che è possibile attivare e sopprimere artificialmente tracce specifiche di memoria in modo da gestire il recupero dalla paura.
La memoria è un costrutto complesso, sicuramente implicata in numerosi disturbi psicopatologici, tra cui anche le fobie. Le fobie sono il risultato di un apprendimento e vengono trattate con protocolli di estinzione, come esposizioni ripetute allo stimolo che evocano la paura in assenza di una vera minaccia, ma questi trattamenti non eliminano tuttavia il ricordo dello stimolo, che può ripresentarsi spontaneamente dopo un po’ di tempo. Le cause di questo fenomeno vengo attribuite al fatto che l’estinzione non elimina la paura appresa, ma creerebbe un nuovo ricordo che compete con quello fobico.
L’acquisizione di nuove memorie di estinzione dipende dalle proiezioni che dalla corteccia prefrontale raggiungono l’amigdala, ma anche dall’ippocampo, in particolare dal giro dentato, che contiene neuroni chiamati “fear engram cells”, la cui attivazione è sufficiente per l’espressione di caratteri fobici contestuali. Quest’area cerebrale è necessaria per l’estinzione della paura, ma i meccanismi che governano questo processo non sono ancora stati compresi appieno.
Estinguere le memorie fobiche? Uno studio sperimentale
Un recente studio optogenetico basato su marcatura neuronale attività-dipendente (Lacagnina, et al., 2019) ha proposto diversi esperimenti per chiarire le dinamiche sottese a questo fenomeno, rivelando che:
- l’estinzione sopprime la riattivazione dei neuroni relativi all’acquisizione degli engrammi fobici;
- il recupero di memorie fobiche e di quelle di estinzione attiva complessi cellulari distinti nel giro dentato;
- silenziando i neuroni che si attivano nel processo di estinzione, l’espressione delle memorie di estinzione viene compromesso;
- silenziando i neuroni attivi durante la codifica di engrammi fobici si riduce il recupero spontaneo dalla paura.
I neuroni attivi durante l’estinzione erano anche più attivi dopo 5 giorni da questo processo rispetto a quelli attivi durante lo stimolo fobico, ma dopo 28 giorni di recupero spontaneo il quadro veniva invertito. Questi risultati potrebbero indicare che sia la competizione fra i complessi cellulari relativi alle memorie fobiche e di estinzione nel giro dentato a determinare la soppressione o la ricomparsa della paura nel tempo.
È stato proposto che sia l’interazione fra ippocampo e amigdala a generare l’espressione della paura. È possibile che l’attività dei neuroni relativi all’estinzione interferisca con le rappresentazioni fobiche attivando il circuito di soppressione della paura nell’amigdala e nella corteccia prefrontale.
Per concludere
Per la prima volta degli scienziati sono riusciti ad attivare e sopprimere artificialmente tracce specifiche di memoria, in modo da gestire il recupero dalla paura. Ciò rileva importanti potenziali nuovi percorsi di ricerca clinica per disturbi come quelli d’ansia e da stress post traumatico, profondamente legati a questi costrutti.