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Aiuti concreti ed inclusivi per facilitare l’apprendimento della lettoscrittura (inglese come L2) per studenti italofoni

Per un più facile apprendimento della lingua inglese, soprattutto per bambini con dilessia, è necessario l’insegnamento della fonetica.

Di Claudia Adamo

Pubblicato il 12 Giu. 2019

Aggiornato il 03 Lug. 2019 12:29

La lettoscrittura della lingua inglese è un problema realmente difficile per i soggetti con dislessia.

 

Ci sono vari ordini di difficoltà per le persone con dislessia che vanno a sommarsi:

  • Parliamo di inglese come L2, non come lingua madre. Ci sono quindi a valle le difficoltà di uno straniero che deve imparare a leggere e scrivere una lingua che non possiede profondamente a livello orale.
  • Parliamo di una lingua la cui fonetica è ricca e complessa: l’ inglese ha 44 fonemi (l’italiano solo 30) e ha regole ortografiche non facili, con una discreta quantità di omofoni e omografi.

In questo articolo cercheremo di dare dei suggerimenti concreti ai docenti di inglese che devono insegnare ai propri alunni a leggere e scrivere.

Particolarmente, insisteremo sulla necessità di un approccio strutturato all’insegnamento della fonetica inglese dalla scuola primaria (ovviamente con modalità adeguate all’età). Ad oggi, questo non viene fatto.

Dislessia: indicazioni per un training fonetico strutturato per imparare l’ inglese

Per quanto complesso possa essere fare un training fonetico strutturato in una L2 (è ovviamente necessario prendere una serie di misure e accorgimenti perché sia efficace ed adeguato alle competenze linguistiche degli alunni), è a nostro avviso necessario, soprattutto con i bambini e ragazzi con dislessia.

Dare delle procedure e delle regole per affrontare la lettura delle parole e dei fonemi è di grande aiuto per i soggetti in difficoltà: la sfida è svecchiare le modalità di questo training, che rischia di essere arido, astratto e demotivante su una lingua non profondamente conosciuta. Il gioco e la multisensorialità sono i necessari accorgimenti per introdurre da subito procedure che guidino i ragazzi.

Di seguito diamo quindi 5 consigli ai docenti, per introdurre ed insegnare la lettoscrittura in inglese in classi dove siano presenti anche soggetti con dislessia.

  1. Dedicare tempo ed energia a potenziare l’ascolto

I giochi di ascolto sono la prima attività per il riconoscimento della fonetica.

Nei training fonetici della scuola anglosassone c’è quella che viene comunemente chiamata “fase zero”. Che cosa è la fase zero? È la prima tappa del training fonetico, quella dedicata al potenziamento dell’ascolto.

Nel nostro mondo, nel quale grande importanza viene data alla comunicazione visiva, la capacità di ascoltare è peraltro una competenza da potenziare in molti bambini.

L’ascolto è diretto non solo ai suoni fonetici, ma anche ai suoni non fonetici. Il primo passo è infatti ascoltare e discriminare rumori non fonetici e suoni fonetici: riconoscere e discriminare lo sciabordio delle onde, il ronzio del frigorifero, il fischio del vento, il tonfo di un oggetto che cade.

Da questi esercizi si può passare alla fase fonetica, ovvero a riconoscere e discriminare il sibilo della /s/o la frizione della /th/.

2. Fare attività per sviluppare e consolidate la consapevolezza fonologica

La dislessia è un fenomeno complesso: i sintomi riferibili alla “difficoltà di leggere” si possono riferire a difficoltà di elaborazione di stimoli visivi o uditivi (o entrambi).

Tuttavia, a livello statistico, molti soggetti dislessici hanno problematiche nell’elaborazione dei suoni fonetici (discriminazione del suono fonetico dallo sfondo, discriminazione dei suoni fonetici tra loro, segmentazione e corretta sequenza dei suoni fonetici etc): per questo consigliamo a tutti i docenti di inglese di dedicare molte energie per sviluppare nei discenti la consapevolezza fonologica.

Che cosa è la consapevolezza fonologica?

  • È la conoscenza dei suoni fonetici dell’ inglese
  • È la competenza di discriminare e riconoscere questi suoni all’interno di parole e frasi
  • È la competenza di discriminare il singolo suono fonetico da altri suoni fonetici anche simili
  • È la competenza di articolare i suoni fonetici
  • È la competenza di manipolare la lingua, variando o sostituendo i suoni fonetici all’interno di sequenze, parole e frasi

È importante notare che possono essere presentati anche prima che i bambini imparino a scrivere, non è necessario procedere immediatamente alla rappresentazione grafica dei fonemi.

Nella scuola anglosassone, i training metafonologici iniziano sin dagli anni della scuola di infanzia, quindi prima di insegnare le lettere. I fonemi possono essere utilmente rappresentati con oggetti che iniziano con quel suono. Considerato il fatto che in inglese non c’è corrispondenza biunivoca suono-lettera, potrebbe essere anzi anche una buona misura nella scuola primaria, per evitare confusioni ai bambini con DSA.

Nell’ambito dello studio dell’ inglese come L2, bisogna anche segnalare una ulteriore specifica: i bambini non di madrelingua non saranno da subito in grado di discriminare tutti i suoni fonetici.

Ognuno di noi, entro il diciottesimo mese di vita, “si specializza” nella propria lingua madre, ovvero diventa abile nel riconoscerne i suoni. Questo è fondamentale per imparare a comunicare nella propria lingua, tuttavia significa anche che diminuisce la sensibilità nei confronti di suoni fonetici non rappresentati nella lingua madre.

Per questo, gli esercizi di ascolto sono cosi importanti. Si tratta di ripristinare, ampliare e potenziare la capacità di cogliere un ampio spettro di suoni. Questo momento aiuterà concretamente il momento successivo, ovvero il training strutturato sui suoni fonetici.

3. “Ascoltare” con gli occhi

Il bambino che impara la propria lingua non impara solo ad ascoltare ma anche ad articolare i suoni che percepisce. Il bambino osserva la bocca della madre quando parla e grazie ai neuroni a specchio lavora per imparare gli schemi articolatori sottesi dalla pronuncia dei suoni che sente.

Questo meccanismo per cui ascoltiamo per così dire contemporaneamente con le orecchie e con gli occhi, traendo in modo integrato l’informazione che ci aiuta a decifrare la lingua è ben presente durante tutte le fasi della vita. Abbiamo notato tutti che è più faticoso ascoltare e capire una lingua straniera al telefono: il “labiale” ci fornisce molte informazioni.

Per imparare i suoni è importante sia ascoltarli che vederli articolare, sia coglierli che riprodurli in prima persona: possiamo trasportare questa consapevolezza nella lezione di inglese, dando una grande importanza non solo all’ascolto con file audio o CD, ma anche alla visione di video dove si veda lo speaker che articola i suoni.

Nei vecchi libri di testo, c’erano le cassette o i cd con la sola traccia audio, mentre i nuovi libri di testo hanno introdotto i video, che oltre ad essere piu divertenti da vedere danno una serie di informazioni visive importanti per comprendere il messaggio e imparare la lingua. In questo senso, esiste quindi già un aiuto concreto disponibile in molti testi: il fatto che ci siano dei video oltre ai file audio è sicuramente uno dei criteri da curare per la scelta del libro di testo.

Ma non è tutto. Quando si impara la lingua materna, l’esposizione alla lingua è massima quindi il training non è strutturato. Ma se parliamo di poche lezioni alla settimana, strutturare un training articolatorio può davvero fare la differenza nell’insegnamento della fonetica.

Ciò che intendo dire è che possiamo utilmente affiancare all’ascolto un insegnamento sistematico di come si articolano i vari fonemi. Aiutiamo bambini e ragazzi a distinguere un suono sordo da un suono sonoro, a riconoscere l’articolazione labiale, palatale e gutturale. È abbastanza divertente e facile da fare, basta attirare la loro attenzione su alcuni fenomeni:

  • Se il suono è sonoro (come le vocali ed alcune consonanti), ponendo la mano sulla gola percepiamo la vibrazione. Se è sordo, non la percepiamo.
  • Le consonanti si distinguono a seconda del luogo della bocca dove avviene l’occlusione o la frizione, quindi se stringiamo le labbra sono consonanti labiali, se percepiamo l’occlusione o la frizione al centro della bocca sono palatali, se invece percepiamo il movimento in fondo alla bocca, visini alla gola, sono gutturali.

Questi esercizi possono essere fatti in modo ludico e con crescenti dettagli mano a mano che sale l’età e la competenza dei bambini e dei ragazzi, ma aiutarli a distinguere l’articolazione dei suoni sarà un grande aiuto per riconoscerli, oltre che per riprodurli.

4. Bilanciare ed intagrare l’approccio phonics vs approccio whole word (sight word)

Esistono due approcci contrapposti nell’insegnamento della lettoscrittura, ovvero l’approccio fonetico vs approccio globale. Fino agli anni ’80, nel mondo anglosassone (e non solo) era prevalente l’approccio globale (whole word), che potremmo sinteticamente definire così: i bambini erano addestrati a riconoscere “a vista” gruppi di parole. Sostanzialmente, si lasciava che la regola fonetica fosse in qualche modo dedotta, grazie alla presentazione strutturata di molti esempi.

La didattica globale della lettoscrittura annovera anche nomi illustri come Edward William Dolch, il professore cui si devono le famose “parole di Dolch”, ovvero le liste di parole ad alta frequenza, la cui memorizzazione “visiva” era indicata per facilitare la lettura in inglese.

Definiamo parole ad alta frequenza le parole che ricorrono molto spesso in ogni testo della lingua. Il riconoscimento immediato a vista (senza il tempo di decifrazione) delle parole ad alta frequenza può sveltire moltissimo la lettura, soprattutto nei soggetti che hanno delle difficoltà specifiche.

Le parole di Dolch sono state per decenni insegnate nelle scuole primarie americane, strutturate nelle classi successive a partire dai 5 anni in gruppi ordinati per difficoltà e frequenza. Nonostante una buona parte delle parole di Dolch potessero essere decifrate secondo le regole fonetiche, prevaleva in quei tempi l’approccio globale e le parole erano presentate in libri di lettura nei quali le parole frequenti ricorrevano continuamente per facilitare il riconoscimento a vista (“sight words”).

Successivamente, ha avuto un successo crescente il metodo fonetico, basato sull’istruzione diretta dei singoli suoni e delle regole che stanno alla base del “blending” dei suoni fonetici per formare le parole.

La formazione fonetica è stata strutturata in un percorso pluriennale (che abbraccia gli anni a cavallo tra la scuola di infanzia e la primaria), ed i metodi più diffusi danno grande importanza anche al lato multisensoriale, inclusivo e ludico del training fonologico (giochi di ascolto e discriminazione di fonemi, scrittura in aria  e su diversi materiali, grande importanza alla dimensione dello storyelling etc).

I test standardizzati, negli anni, hanno decretato la superiorità del metodo fonetico rispetto al metodo globale. Le performances sono state migliori non solo nella decifrazione della scrittura, ma anche in competenze correlate come la comprensione del testo.

L’irregolarità della lingua inglese, tuttavia, è tale da suggerire l’utilità di un approccio integrato, che viene conservato dai materiali in uso. Svariate parole ad alta frequenza sono infatti  foneticamente irregolari, e necessitano di essere insegnate a vista.

Insegnamento della fonetica inglese (inglese come L2)

Qui bisogna fare una doverosa parentesi per l’ inglese come L2.

I bambini italofoni a cui insegniamo l’ inglese non hanno una sicura competenza della lingua orale, spesso sono addirittura principianti assoluti. La domanda è quindi: ha senso insegnare la fonetica (con un approccio analitico, fonema per fonema) di una lingua che non si conosce?

La domanda ha naturalmente senso e sono diverse le sfumature da prendere in considerazione: se da una parte è vero e incontrovertibile che un approccio strutturato aiuta i principianti, è altrettanto vero che “iniziare dai fonemi” anziché dalle parole è un agire che va contro la direzione naturale dell’apprendimento, dal globale all’analitico. Ha senso riconoscere i fonemi, ove non conosciamo neppure le parole? Non è una forma di insegnamento astratto e demotivante?

Quindi, ciò che fa la differenza, è il modo in cui insegniamo la fonetica inglese ai bambini principianti:

  • È necessario mantenere un approccio ludico, in modo che le attività in se siano gratificanti e non arbitrarie e quindi motivanti.
  • È necessario strutturare la sequenza di presentazione dei fonemi e delle parole in modo che sia adeguata alle competenze  del bambino che studia inglese come L2.

Facciamo degli esempi concreti: uno dei piu celebri metodi multisensoriali e ludici dell’insegnamento fonetico, usato anche in Italia per insegnare la fonetica dell’ inglese a bambini italofoni, presenta tra le prime parole “snake” (serpente) e “castanets” (nacchere). Sono parole non presenti nel vocabolario di un principiante, sono parole lunghe e difficili da pronunciare e ricordare per un parlante non nativo. La sequenza stessa dei suoni, intuitiva per il bambino madrelingua, è invece innaturale per il bambino italofono che studia inglese come L2. Ciò che voglio dire è che gli studi dimostrano l’efficacia dei training fonetici e il mercato anglosassone offre ottimi materiali, ma che è necessario adattarli per venire incontro alle esigenze del bambino che studia l’ inglese.

Insegnamento delle sight words nello studio dell’inglese L2

Il training delle parole al alta frequenza (whole words) è molto importante  perché il bambino che non conosce la lingua avrà un vantaggio in tempi brevi dall’imparare le parole che ricorrono piu frequentemente. Normalmente, nei training anglosassoni, le parole che fanno eccezione foneticamente sono studiate dopo le parole regolari dal punto di vista fonetico. Tuttavia, può essere una buona indicazione anticipare tra le eccezioni fonetiche le parole ad alta frequenza.

5. Insegnare la segmentazione delle parole

Una delle difficoltà piuì comuni è la lettura di parole lunghe (bisillabe e trisillabe). Uno dei rimedi che ha senso insegnare, soprattutto a soggetti con DSA, è i pattern per scomporre le parole, e leggerle “a pezzi” e poi “rifonderle insieme “ (bending + segmenting), ad esempio:

  • Riconoscere i prefissi “IN”, “A”, “POST”…
  • Riconoscere i suffissi “NESS”, “LY”, “ER”…

Di solito la formazione delle parole è un argomento che viene trattato molto avanti nell’ insegnamento dell’ inglese, tuttavia ai fini della lettura delle parole insegnare a scomporre le parole in radicale + prefisso (suffisso aiuta concretamente ad affrontare monosillabi anziché bisillabi/trisillabi.

Come nota a margine, aggiungo che essenso molti prefissi di provenienza latina al parlante italofono oltre ad essere di facile lettura danno in modo immediato delle informazioni sul significato)

6. Leggere, leggere, leggere

I soggetti con difficoltà raramente leggono libri in inglese. Eppure, leggere è molto importante e sarebbe da fare con regolarità per imparare e consolidare la lingua. Per facilitare la lettura, consigliamo di:

  • Usare letture graduate per il livello dei bambini (controllate sul retro)
  • Proporre le Storie fonetiche, ovvero storie nelle quali ricorrono parole fonetiche con pattern riconoscibile (famiglia di parola)
  • Scegliere libri con CD e proporre ai bambini e ragazzi l’esperienza contemporanea di lettura + ascolto (audio-book)

Implementando nella classe, sin dalle scuole primarie, training strutturati di questo tipo, si dovrebbe essere in grado di costruire in modo più efficace le competenze di base di tutti i discenti, aiutando in particolare modo coloro che più di tutti possono avvantaggiarsi di una istruzione esplicita, ovvero i bambini e ragazzi con DSA.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Maturi, P. (2014). I suoni delle Lingue, i suoni dellitaliano. Nuova Introduzione alla fonetica. Ed Il Mulino.
  • Lloyd, S. (2006). Jolly Phonics. Ed. Jolly Learning.
  • Hunt, R., Hepplewhite, D. (2013). Floppy Phonics. Ed Exfor Reading Tree.
  • Schneider, E. (2006). Dyslexia and Foreig language learning. Ed Cortina Raffaello.
Sitografia:
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