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Neurobiologia del trauma e della dissociazione – Intervista a Frank Corrigan

Frank Corrigan presenta il Deep Brain Reorienting, metodo che riuscirebbe ad agire più in profondità sulle memorie traumatiche

Di Costanzo Frau

Pubblicato il 25 Giu. 2019

Aggiornato il 03 Ott. 2019 13:25

Frank Corrigan partendo dalle conseguenze neurobiologiche del trauma sul cervello ha definito un nuovo modello di cura definito Deep Brain Reorienting. L’autore sará ospite del progetto “Evoluzione Psicologica” a Parma il prossimo 12 Ottobre 2019 dove presenterá la sua teoria.

 

Secondo l’ultimo report del National Child Abuse and Neglect Data System (NCANDS), il Child Maltreatment 2017, circa 3,5 milioni di bambini nel 2017 sono stati seguiti dai Servizi Sociali Americani.

Il Child Maltreatment 2017 è un report del Dipartimento per la Salute e i Servizi Umani degli Stati Uniti, che ogni anno dal 1991 mette assieme i dati sull’abuso e la trascuratezza infantili che provengono dalle agenzie per l’assistenza all’infanzia dei diversi stati americani. Nel 2017 il numero di bambini abusati si aggirava attorno ai 674.000. I tre-quarti (74,9%) è stata vittima di neglect, il 18,3% è stata abusata fisicamente e l’8,6% sessualmente (National Center on Child Abuse and Neglect, 2019).

Le origini traumatiche dei disturbi dissociativi

Il report europeo per la prevenzione del maltrattamento infantile del 2013 stimava 18 milioni di bambini come vittime di abuso sessuale, 44 milioni di abuso fisico e 55 milioni di abuso mentale.  Il report evidenziava inoltre i pochi studi sul neglect e il fatto che la raccolta dati variava tra i diversi stati per cui i confronti tra questi erano difficili da fare (WHO, 2013).

Esiste ormai una letteratura crescente che mette in evidenza la correlazione tra trauma e psicopatologia (Ney, Fung & Wickett, 1994; Koenen & Widom, 2009; Vachon, Krueger, Rogosch, & Cicchetti, 2015).

Molti studi documentano inoltre l’esistenza di una relazione tra trauma infantile e dissociazione. I pazienti con disturbi dissociativi riportano la percentuale più alta di esperienze traumatiche tra tutte le categorie psichiatriche e manifestano un’alta comorbilità con molti disturbi psichiatrici (Sar & Ross, 2006)

Le esperienze traumatiche cumulative sono inoltre in grado di rendere disfunzionali i principali sistemi di regolazione fisiologica dello stress impattando sul cervello in via di sviluppo (De Bellis & Zisk, 2014). Il trauma ha un effetto sulla neurobiologia e le manifestazioni sintomatologiche dei disturbi dissociativi possono essere varie e complesse.

Un libro molto interessante di Ulrich Lanius, Sandra Paulsen e Frank Corrigan dal titolo Neurobiology and treatment of traumatic dissociation – Toward an embodied self evidenzia come gli studi sulla neurobiologia del trauma, dell’attaccamento e degli affetti possano migliorare la comprensione e soprattutto il trattamento dei disturbi dissociativi complessi.

Uno degli autori, Frank Corrigan partendo dalle conseguenze neurobiologiche del trauma sul cervello ha definito un nuovo modello di cura definito Deep Brain Reorienting. L’autore sará ospite del progetto “Evoluzione Psicologica” a Parma il prossimo 12 Ottobre 2019 dove presenterá la sua teoria.

Ho intervistato Frank Corrigan per saperne di piú.

Trauma, dissociazione e Deep Brain Reorienting: Intervista a Frank Corrigan

Intervistatore (I): Come sei arrivato ad interessarti al trauma e alla dissociazione?

Frank Corrigan (FC): Molto precocemente durante la mia carriera in psichiatria, iniziata nel 1977, mi sono interessato all’autolesionismo e al suicidio cronico ed ho presto notato una quasi invariabile relazione con una storia di trauma precoce. Dal momento che i trattamenti farmacologici per i disturbi psicotici e dell’umore miglioravano negli anni, è diventato quindi chiaro che i pazienti che tentavano cronicamente il suicidio e che avevano alle spalle una storia di traumi severi non stavano ottenendo nessun beneficio significativo dall’avanzare della psicofarmacologia. Ero spesso deluso dall’utilizzo di nuovi farmaci, anche per il miglioramento dei sintomi, ma non è stato fino agli anni 90 che ho iniziato a formarmi in terapie psicologiche distinte dagli approcci psicodinamici che avevo avuto in precedenza. Nel 1996/1997 la DBT mi ha aiutato introducendomi alla consapevolezza delle emozioni e ai modi di tollerare il disagio ma non aveva il focus sul trauma che stavo cercando. L’EMDR nel 1999 ha fatto una differenza enorme nella mia pratica – ma era così potente che i pazienti con una storia di trauma potevano passare a stati dissociativi che non avevo mai incontrato prima. Il training in ipnosi clinica è stato seguito dal lavoro sugli stati del sé traumatizzati di Janina Fisher e poi dal modulo sul trauma dell’Istituto di Psicoterapia Sensomotoria. Nel 2009 mi sono ritirato dalla psichiatria generale a tempo pieno e mi sono specializzato in psicoterapia sul trauma, specialmente per i disturbi dissociativi complessi. Lavorare part-time mi ha permesso di essere co-autore della pubblicazione Springer Neurobiologia e trattamento della dissociazione traumatica con Ulrich Lanius e Sandra Paulsen che è stata infine pubblicata nel 2014. Da allora mi sono formato in Brainspotting e ho scritto due documenti di ipotesi sul suo meccanismo di azione. Successivamente ho lavorato a lungo con il Comprehensive Resource Model (CRM) e sono stato co-autore del libro su CRM (Schwarz et al 2016). Ho sempre cercato il meccanismo del modo più efficace ed efficiente per la guarigione e ho sviluppato il Deep Brain Reorienting (DBR) sulla base del mio continuo interesse nel ruolo del tronco cerebrale, specialmente del mesencefalo, nelle esperienze traumatiche e nei sintomi persistenti che ne derivano.

(I): Che cosa é il Deep Brain Reorienting (DBR) e quando puó essere utilizzato?

(FC): La DBR è una modalità di psicoterapia che mira ad assistere nel cambiamento legato alla guarigione entrando nel nucleo archiviato dell’esperienza traumatica; questo viene ottenuto intervenendo su una sequenza a partire dal mesencefalo. Zoomare sulle sequenze specifiche mi ha fatto capire quanto spesso ho perso le esperienze di “shock” – i momenti di orrore molto veloci e ad alta energia – nei momenti in cui l’intervento è stato portato avanti con altre modalità. Questo si verifica in particolar modo negli “shock” improvvisi riguardanti le relazioni di attaccamento, ma può anche accadere durante esperienze traumatiche. È importante eliminare sia lo shock pre-affettivo che quello affettivo poichè l’energia di questi può facilmente persistere ed essere innescata, con conseguenze cliniche, a distanza di anni. I traumatologi esperti possono trovare utile aggiungere il DBR al loro kit di strumenti, specialmente se stanno scoprendo che i conflitti di attaccamento stabiliti all’inizio della vita non si stanno chiarendo, o che le memorie traumatiche conservano un potere di indurre sintomi, o se ci sono shock attuali che sono dolorosi o irrisolti senza che inneschino stati del sé precedenti.

(I): Il trattamento dei disturbi dissociativi é un intervento a fasi che richiede competenze specifiche – in che modo il DBR puó aiutare il clinico nella terapia con questi disturbi complessi?

(FC): Non sostengo che il DBR sia tutto quello di cui un terapeuta necessiti per trattare i disturbi dissociativi complessi. Piú un terapeuta ha esperienza e formazione con differenti interventi meglio il trattamento per fasi puó essere ricucito per i specifici bisogni del paziente. Adesso io ho la tendenza a fare molta psicoeducazione riguardo al ruolo del tronco encefalico nel trauma, pur riconoscendo che non tutti condividano il mio entusiasmo per la neuroanatomia. Se il paziente ha bisogno di risorse per mantenere una stabilizzazione durante e tra le sedute, utilizzerei il Comprehensive Resource Model (CRM) che concentra in modo ordinato le tre fasi in un pacchetto molto piú coerente, piuttosto che dei modelli che vedono le tre fasi come distinte. Tuttavia, un vantaggio del DBR per molti pazienti é che il processamento arriva ad un livello piú profondo degli stati dell’Io. Questo significa che il processamento potrebbe avvenire con sequenze profonde toccando alla base la sofferenza di differenti parti del se, per esempio il dolore della solitudine.

(I): In che cosa il DBR si differenzia dalla Sensorimotor Psychotherapy?

(FC): La differenza principale é il modello neuroanatomico alla base dell’approccio. Quando io feci il training in Sensorimotor Psychotherapy il modello utilizzato era quello del cervello uno-trino (o cervello tripartito) di MacLean, dove il complesso rettiliano dei gangli basali era considerato centrale nelle risposte difensive bloccate. Come sappiamo, MacLean descrive il sistema limbico come formato dalla corteccia limbica e dalle principali connessioni tronco encefaliche di quella corteccia. Allo stesso modo il cervello neomammifero comprende la neocorteccia e le aree troncoencefaliche alle quali proietta.

Il punto focale del DBR riguardo all’orientamento che inizia nel mesencefalo e precede qualsiasi risposta affettiva, cambia completamente la prospettiva. Non c’è bisogno quindi di andare sui gangli basali o sul sistema “rettiliano”, livello di espressione dell’impulso all’azione; noi lavoriamo con i loro precursori a livello del tronco dell’encefalo.

La teoria del DBR definisce come importanti i circuiti mesencefalici che coinvolgono il collicolo superiore. In questa direzione un articolo di Baek et al. apparso su Nature nel 2019 ha messo in evidenza come i movimenti oculari dell’EMDR intervengano proprio su questi circuiti.

(I): Qual é la differenza tra DBR ed EMDR?

(FC): La risposta merita un excursus storico. Cercheró di spiegare come sono arrivato al Deep Brain Reorienting.

Mi irritavo anni fa quando le persone insistevano sul fatto che la stimolazione bilaterale alternata (SBA) utilizzata nell’EMDR fosse una trovata – quando nei fatti poteva essere molto potente. Sono stato fortunato a poter condurre delle Risonanze Magnetiche Funzionali per Immagini (fMRI) con il Professor Steve William a Manchester. In un articolo su un single case che abbiamo pubbicato riguardante l’EMDR abbiamo mostrato una variazione dell’attivazione dalla corteccia prefrontale dorsolaterale a quella ventromediale conseguentemente alla SBA. L’area della corteccia prefrontale ventromediale evidenziata é l’area che ha degli outputs verso il mesencefalo e l’ipotalamo (cosí come all’amigdala e l’ippocampo). La mia conclusione era che la SBA aiutasse a focalizzare la consapevolezza sulle sensazioni corporee evocate dalla memoria target e facilitava l’elaborazione EMDR attraverso una consapevolezza emozionale e somatica piú profonda su un asse mesecenfalo-prefrontale anche quando quando l’elaborazione dell’informazione coinvolgeva un’attivazione talamo-corticale piú diffusa. Da allora ho continuato a cercare qualsiasi cosa fosse la “componente attiva” dell’elaborazione della memoria traumatica e ho focalizzato la mia attenzione sulle sequenze del mesencefalo nel cuore delle memorie. Quando faccio il DBR, per rendere piú profondo il processamento anche se non é richiesto, io uso spesso la stimolazione tattile bilaterale.

Il training in DBR non prevede la stimolazione bilaterale alternata cosí come é importante osservare che il metodo funziona senza l’integrazione della SBA.

Ricollegandomi all’articolo di Baek et al., esso rappresenta effettivamente un importante conferma dal momento che mostra la modificazione dell’attivazione della paura nell’amigdala tramite un processo bottom-up. Questo avviene tramite dei circuiti che portano all’amigdala dal collicolo superiore per mezzo del nucleo medio-dorsale del talamo. Molte persone non riescono ad allontanarsi dall’idea che l’estinzione della paura sia l’unico metodo per trattare la memoria traumatica, quando nei fatti, l’esposizione porta solamente ad un nuovo apprendimento dalla corteccia prefrontale all’amigdala e non si avvicina necessariamente agli antecedenti mesencefalici dell’apprendimento affettivo.

Il DBR si focalizza sui circuiti del mesencefalo. C’é un cambiamento sul come la persona vede il sé quando una sessione di DBR é efficace. É per questo che io penso che il ri-orientamento sia un cambiamento di prospettiva basato sull’integrazione somato-sensoriale al livello del tronco encefalico.

(I): Quali sono gli aspetti della ricerca sui quali ti stai interessando attualmente?

(FC): Studi clinici sul DBR sarebbero impossibili per il livello di finanziamento necessario. Per questo spero di poter avviare degli studi di esito in scala ridotta che coinvolgano il neuroimaging del tronco encefalico e le sue connessioni, probabilmente prima e dopo le sessioni di DBR. Sarebbe anche interessante avere evidenze negli umani attraverso neuroimaging di un sistema innato di connessione che coinvolge il mesencefalo; questo potrebbe essere alla base di un sempre piú evoluto e complesso sistema d’attaccamento ed essere coerente con la maturazione del cervello in via di sviluppo.

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