Il sociologo James Pennebaker nel libro Il potere della scrittura illustra l’enorme potere della scrittura espressiva (intesa come il dare espressione scritta dei propri pensieri ed emozioni rispetto a situazioni dolorose o traumatiche) nel garantire uno stato di benessere nell’individuo. È d’accordo Massimo Priviero, compositore e cantautore italiano, felicemente approdato dalle canzoni d’autore al libro Amore e rabbia, che nella scrittura di questo testo vive lui stesso i vantaggi della scrittura espressiva grazie ad un percorso di introspezione e di presa di coscienza di sé.
Qualcosa ci tormenta, un dubbio che non riusciamo a risolvere, un’esperienza che ci ha segnato, una delusione da cui non riusciamo a riprenderci. Come affrontarlo?
Per trovare una risposta abbiamo letto Il potere della scrittura. Come mettere nero su bianco le proprie emozioni per migliorare l’equilibrio psico-fisico, scritto del professor James Pennebaker, sociologo considerato il fondatore della scrittura espressiva e da Joshua Smith, professore di salute e comportamento, che ha effettuato numerose ricerca sull’argomento.
Gli autori ci spiegano come, per sua natura, la mente umana cerchi costantemente di comprendere il mondo che la circonda. Uno dei motivi per cui siamo ossessionati da una data esperienza negativa è proprio il costante tentativo di comprenderla. Un sistema efficace per trovare una risposta è parlarne, tradurlo in parole. Decidere di non parlarne, al contrario, significherà probabilmente continuare a pensarci con la conseguenza di avere meno energie mentali da impiegare altrimenti.
Ma perché confrontarsi su una situazione che ci angoscia aiuta ad elaborare la situazione stessa? Perché ci da la possibilità di venire a patti con quell’esperienza dandoci vantaggi quali consigli, attenzione da parte di chi viene coinvolto nella condivisione dei nostri pensieri, partecipazione nonché deroga di eventuali responsabilità. L’atto di parlare può modificare il modo in cui ci sentiamo e il nostro stesso pensiero riguardo ad eventi traumatici così come riguardo a noi stessi.
Il dubbio che possiamo incontrare è se sia giusto parlarne con qualcuno e divulgare così i pensieri e i sentimenti più profondi o, al contrario, se possa risultare nocivo far entrare altri nella sfera più privata della nostra vita.
La risposta che ci arriva dagli autori è che i pensieri importanti possono rivelarsi stressanti, gestirli in autonomia può influire sulla nostra salute, al contrario, confrontare i problemi con altre persone può risultare di grande aiuto.
A volte parlare con gli estranei può risultare più facile che aprirsi con degli amici perché non si ha il timore di essere giudicati in modo negativo e di compromettere il rapporto di stima esistente.
Anziché parlare si può decidere di scrivere.
Un foglio e una penna possono venire in nostro aiuto. È dimostrato come scrivere aiuti a fare chiarezza in noi. Tradurre i pensieri in parole richiede un processo di elaborazione che ci obbliga a razionalizzarli.
Il libro Il potere della scrittura si concentra sui benefici derivanti dalla scrittura espressiva e ci illustra molteplici esperimenti dai quali emerge come i gruppi coinvolti abbiano riscontrato una migliorata comprensione di se stessi e delle ripercussioni positive sul loro stato di salute generale.
La scrittura espressiva è una tecnica che consiste nell’impiegare da 15 a 20 minuti al giorno per 3 o 4 giorni scrivendo a proposito di un’esperienza traumatica. Il presupposto è che scrivendo più volte di un evento si possa realizzare un graduale cambio di prospettiva e si riesca a raggiungere un maggiore distacco dal problema stesso. Scrivere contribuisce a definire una linea temporanea e ad esaminare i possibili motivi ed effetti dell’evento.
Dagli esperimenti citati nel libro, è emerso come questo esercizio abbia migliorato la salute fisica e mentale dei partecipanti per settimane, mesi, a volte anche per anni ed è risultato molto più efficace che non scrivere di argomenti neutrali. In particolare, si è rilevato come la scrittura espressiva aiuti a comprendere e gestire i disordini emotivi e i risultati più consistenti sono stati ottenuti nel caso di problemi psicologici quali ansia, depressione, disturbi post-traumatici da stress.
Va detto anche che molto spesso i benefici della scrittura non sono immediati ma differiti nel tempo e che, anzi, lo sforzo di rivivere situazioni difficili ed elaborare sentimenti complessi dà luogo ad uno stato di tristezza e sofferenza che è però solo transitorio.
Dalle teorie alla pratica: intervista a Massimo Priviero
Abbiamo rivolto qualche domanda a Massimo Priviero, 30 anni di carriera artistica in cui la scrittura ha avuto un ruolo dominante, felicemente approdato dalle canzoni d’autore ad un libro, Amore e rabbia, il cui titolo è evocativo di questo percorso di introspezione e di presa di coscienza di sé.
Intervistatore (I): Massimo, partendo dalla tua esperienza di scrittura, dai testi delle tue canzoni al libro appena uscito, ritieni che scrivere un testo autobiografico abbia avuto per te un valore terapeutico?
Massimo Priviero (MP): Scrivere un libro e scrivere canzoni sono due cose del tutto diverse. Scrivere canzoni, testi e comporre sono attività che hanno una parte istintiva molto forte, cosa che a me piace molto tra l’altro. Scrivere un libro, intendo per esempio un romanzo o un saggio, prevede una quotidianità e pure una razionalità che certo non mi è mai stata molto propria. Ma se mi chiedi se il valore autobiografico di quel che uno scrive può diventare “terapeutico” certo che sì. Se chiami terapeutico qualcosa che parte dal “conosci meglio te stesso” certo che lo è. Tuttavia, non necessariamente questo tipo di percorso diventa salvifico. Aprire fino in fondo te stesso può anche essere un bel guaio in cui decidi di metterti, mi spiego? Ora, nel mio caso la musica e i testi delle canzoni che ho scritto e che scrivo hanno spesso per me diciamo un incanto immediato. Come se tu ad un certo punto ti aprissi senza alcuna remora e traducessi questa apertura magari in qualche minuto di una canzone che poi ti ritrovi a fissare. Poi, una volta che l’hai fatto, respiri forte e magari passi ad altro. È talvolta anche un atto in qualche modo “violento”, non so se mi spiego. Scrivere tot pagine ogni giorno è tutta un’altra cosa e probabilmente ti permette una quota di razionalità in quel che fai parecchio maggiore. Poi, se vuoi che ti dica che scrivere 360 pagine di Amore e Rabbia è stato anche un atto terapeutico chiaro che è stato così. Nel complesso è stata un’esperienza del tutto nuova per me. Complessivamente vissuta molto bene.
I: Nel tuo libro ci sono dei passaggi che raccontano esperienze di vita molto sofferte, dolorose, e cui non avevi mai accennato prima, come hai vissuto la scrittura di queste pagine?
MP: Con molta emozione. A volte anche con vera commozione ma poi divertendomi a fermare anche la parte leggera della mia esistenza. Si sorride e si piange, si prova a vivere fino in fondo. Questo è sempre stato il mio destino e quel che ritenevo fosse giusto per me. Scrivere anche di passaggi molto dolorosi, talvolta drammatici, fa semplicemente parte della vita di un uomo. È un destino che ti si srotola davanti e che cerchi di assecondare al meglio. Dipende da te per tante cose. La fortuna non esiste. La fortuna riguarda chi gioca numeri al lotto. Ci sono situazioni, occasioni, condizioni, scelte e c’è un habitat col quale puoi avere un rapporto ostile e che magari ti condiziona. E ci sono prima di tutto le tue scelte. Ma è un discorso lungo. Tornando al libro, questo ha dentro molti ribaltamenti emotivi se così puoi chiamarli ed era giusto che così fosse. Aggiungi che le scelte che ho fatto nella mia vita spesso non prevedevano vie di fuga né piani B. Ho vissuto per quel che davvero contava per me, la mia finestra era aperta e dunque entrava qualunque tipo di vento, quel che soffiava a favore e quello che soffiava contrario.
I: Spesso ricevi messaggi di persone che si riconoscono in quello che scrivi e ti confidano episodi della loro vita, perché pensi che possa risultare più facile scrivere dei nostri sentimenti più profondi piuttosto che parlarne, anche con le persone che ci sono più vicine?
MP: Non penso che sia più facile. Anzi, spesso penso che sia un modo per non guardarsi fino in fondo negli occhi. Come sai non amo leggere per esempio lunghe mail che provano a comunicare uno stato d’animo anche se mi rendo conto che ognuno di noi si sceglie la modalità che sente più sua per comunicare dei pensieri o dei sentimenti. Poi, se mi dici di tanta gente che mi scrive raccontandomi frammenti di un’esistenza che magari una mia canzone ha acceso un poco di più non posso che essere onorato di questa cosa. E spero sempre di essere all’altezza di chi decide di avvicinarsi a me un po’ di più. In fondo, questo accade perché io stesso sono molto quello che scrivo, suono e canto. Ecco, magari questo si avverte in modo particolare. C’è poco filtro nelle mie canzoni e pure, parlando di oggi, c’è n’è poco anche in Amore e Rabbia. In fondo poi, quel che desidero più di ogni altra cosa è che chi si avvicina a quel che faccio si prenda quel che pensa possa servirgli anche solo per un attimo. Questa idea spesso mi rende felice e dà un senso maggiore a tutto.
I: Come vivi l’idea che persone sconosciute entrino in una sfera così intima della tua vita?
MP: Come un regalo. Non temo questa eventualità ed anzi è il processo che riguarda qualunque persona che mette a disposizione del mondo la propria creatività o la propria arte, chiamala come preferisci. La mia vita è questo. Se come ti dicevo io stesso sono soprattutto quel che scrivo, suono e canto è naturale e giusto che questo avvenga. Sono forte e sono fragile. Tanto io quanto loro.