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Lo sviluppo del pregiudizio verso gli immigrati tra gli adolescenti: analisi di alcuni fattori sociali

L’ambiente familiare e sociale può influire sullo sviluppo di forme di pregiudizio verso gli stranieri, in particolare durante l’adolescenza

Di Antonella Sanzò

Pubblicato il 21 Dic. 2018

Aggiornato il 02 Lug. 2019 12:06

Recenti studi suggeriscono che l’ambiente familiare, il gruppo dei pari, le amicizie tra gruppi di etnia diversa influenzino in diversa maniera il pregiudizio verso gli immigrati tra gli adolescenti.

Antonella Sanzò – OPEN SCHOOL Studi Cognitivi San Benedetto del Tronto

 

L’ambiente familiare influisce sulla costituzione di credenze e atteggiamenti verso gli immigrati sia nell’infanzia che nella prima adolescenza, mentre il gruppo dei pari ha un’influenza prevalentemente nella prima adolescenza. Tuttavia, gli effetti dell’ambiente possono essere moderati nei casi in cui gli adolescenti entrano in contatto con ragazzi di diversa etnia in quanto esperienze di questo tipo possono generare un maggior grado di empatia nei ragazzi verso gruppi etnici differenti da quello di appartenenza.

Verso una nuova società multi-etnica, ma non senza problemi..

Negli ultimi anni stiamo assistendo ad un incremento della presenza di stranieri nel nostro Paese. Secondo gli ultimi dati Istat, nel 2017 gli stranieri regolari in Italia sono stati circa 5,4 milioni.

Il contatto con persone di diversa etnia potrebbe essere una fonte di arricchimento culturale e scambio, tuttavia l’integrazione non è un processo così semplice ed immediato. Spesso lo straniero è percepito come un pericolo da fronteggiare, genera emozioni di paura in quanto rappresenta qualcosa di ignoto che potrebbe minacciare la sicurezza personale, l’identità culturale di una nazione o la stabilità economica: ciò che non si conosce è spaventoso in quanto percepito come imprevedibile ed incontrollabile.

Le fonti di informazione spesso incrementano notevolmente questa visione negativa degli immigrati, alimentando una visione generalizzata di essi, visti come un gruppo indefinito, senza considerare le differenze tra i singoli individui. Allport (1976) definisce il pregiudizio etnico come un sentimento di antipatia fondato su una generalizzazione falsa e inflessibile che può essere sentito internamente o espresso e può essere diretto verso un gruppo nel suo complesso o verso un individuo in quanto membro di quel gruppo.

I pregiudizi verso gli stranieri: l’influenza dell’ambiente familiare e sociale in infanzia e adolescenza

L’ambiente familiare e sociale può influire notevolmente nello sviluppo di forme di pregiudizio verso gli stranieri. In particolare durante l’adolescenza, fase dello sviluppo in cui i giovani formano le loro identità anche sulla base di categorie sociali come etnia e nazionalità (Tajfel & Turner 1986) e sviluppano idee sugli altri, si è particolarmente sensibili ai messaggi dati all’interno della rete dei pari.

Sebbene l’adolescenza sia un periodo cruciale per lo sviluppo degli atteggiamenti intergruppi (Erikson, 1968), le ricerche si sono prevalentemente focalizzate sullo studio di bambini. Tali studi mostrano come molto prima che i bambini siano in grado di identificarsi in relazione a un gruppo sociale, nel loro primo anno di vita mostrano le prime capacità di discriminazione sociale, come una preferenza più chiara per i volti della loro stessa etnia (Kelly et al., 2007), per adulti che parlano la loro stessa lingua e per i giocattoli selezionati da qualcuno che parla la propria lingua (Kinzler et al., 2007). È possibile sostenere che una preferenza per la propria etnia emerge chiaramente nei bambini di 3 o 4 anni (Aboud, 1988; Augoustinos & Rosewarne, 2001; Bigler & Liben, 2006; Aboud, 2008; Gaither et al., 2014) e sembra raggiungere il suo picco intorno ai 7-8 anni per diminuire gradualmente.

Tuttavia, alcuni fattori possono influenzare il naturale declino di tale forma di pregiudizio nei bambini, in primis l’ambiente familiare e il rapporto con i pari. Una serie di ricerche confermano una forte somiglianza tra atteggiamenti razziali dei genitori e dei loro figli (Dhont & Van Hiel, 2012; Dhont et al., 2013; Meeusen, 2014), mentre altri studi trovano solo una corrispondenza limitata (Hello et al., 2004; Vittrup & Holden, 2011).

La ricerca sulla costituzione dei pregiudizi etnici e razziali negli adolescenti si è concentrata sullo studio dell’influenza che i genitori ed il gruppo dei pari hanno nella generazione di tali pregiudizi. In particolare, la forza della trasmissione intergenerazionale del pregiudizio si è dimostrata moderata dalla qualità della relazione, cioè migliore è la relazione tra genitore e figlio e più forte è l’influenza dei genitori nel favorire il pregiudizio da parte dei figli (Miklikowska, 2016).

Per quanto riguarda gli effetti dei coetanei, i risultati degli studi trasversali sono stati contraddittori: mentre uno studio riporta somiglianza tra i coetanei adolescenti nello sviluppo del pregiudizio etnico (Kiesner, Maas, Cadinu & Vellese, 2003), un altro studio non ha mostrato alcuna relazione tra i pregiudizi razziali nel gruppo dei pari negli adolescenti (Ritchey & Fishbein, 2001).

Il gruppo dei pari può costituire un fattore protettivo rispetto allo sviluppo di pregiudizi etnici in adolescenza?

Uno studio condotto in Svezia (Miklikowska, 2017) su adolescenti con un’età media di 13 anni ha indagato in che misura gli atteggiamenti dei genitori, dei pari e le amicizie tra gruppi di adolescenti di etnia diversa influenzerebbero gli atteggiamenti verso gli immigrati da parte degli adolescenti. Inoltre, si è cercato di comprendere se l’empatia possa avere un ruolo di mediatore o moderatore sugli effetti degli atteggiamenti dei genitori, dei pari e delle amicizie intergruppi.

Nell’indagine, i ricercatori si aspettavano di rilevare che sia genitori, sia il gruppo dei pari, sia le amicizie tra gruppi di etnia differente avrebbero predetto cambiamenti negli atteggiamenti dei giovani e che l’ambiente familiare avrebbe avuto un’influenza maggiore.

I risultati hanno mostrato in effetti che l’ambiente familiare, il gruppo dei pari, le amicizie tra gruppi di etnia diversa predicono cambiamenti negli atteggiamenti degli adolescenti: i giovani con genitori e pari più prevenuti e che non hanno amici di etnia differente mostravano un maggior pregiudizio verso gli immigrati. L’ambiente familiare inoltre sembrava influire sugli atteggiamenti dei giovani sia nell’infanzia che nella prima adolescenza, mentre gli effetti dei pari e delle amicizie inter-gruppo erano limitati alla prima adolescenza.

Gli adolescenti con amici immigrati, inoltre, erano meno influenzati dall’atteggiamento negativo dei genitori verso gli stranieri rispetto ai compagni che non avevano amici di questo tipo. I pregiudizi dei genitori e dei pari sembrerebbe abbiano dunque un’influenza sul livello di empatia degli adolescenti nel caso in cui questi ultimi non hanno amici immigrati, mentre l’influenza dei genitori e del gruppo dei pari è minore quando i giovani hanno amici immigrati.

Pertanto, gli effetti positivi delle amicizie tra gruppi di persone di etnia differente potrebbero controbilanciare gli effetti negativi dei contesti pregiudizievoli.

Il fatto che le amicizie tra ragazzi di etnia diversa contrasti il pregiudizio dei genitori incoraggia l’uso del contatto inter-gruppo nei programmi rivolti ai giovani, in particolare nei casi in cui l’ambiente familiare è poco aperto verso individui con diversa nazionalità. Questo studio mostra dunque che l’atteggiamento di pregiudizio dei genitori potrebbe non essere influente per la formazione da parte dei figli di legami di amicizia con ragazzi di etnia diversa.

Tali risultati sono inoltre in linea con le precedenti ricerche sugli effetti delle amicizie inter-gruppo e sui pregiudizi dei genitori e dei pari (Degner e Dalege, 2013; Miklikowska, 2016) in cui sono stati riscontrati risultati simili.

Dallo studio descritto emerge anche che gli adolescenti tra i 14 e i 18 anni potrebbero essere meno suscettibili agli effetti delle amicizie con ragazzi di etnia diversa o ai pregiudizi rispetto ai ragazzi che sono nella prima fase dell’adolescenza. Ciò sarebbe in linea con la ricerca, che mostra una crescente resistenza alle influenze del gruppo dei pari tra i 14 ei 18 anni (Steinberg & Monahan, 2007).

Oltre agli effetti dei genitori, dei pari e delle amicizie intergruppi, questo studio ha posto l’attenzione sugli effetti del background socioeconomico. Sia il livello di educazione dei genitori che il reddito predicevano gli atteggiamenti che gli adolescenti mostravano verso gli immigrati. I giovani con genitori più poveri e con un livello di istruzione inferiore avevano maggiori pregiudizi, al contrario dei giovani con genitori più istruiti e con un reddito più elevato. Questi risultati sono in linea con ricerche precedenti che mostrano che individui con istruzione e reddito inferiori esprimono atteggiamenti meno favorevoli nei confronti degli immigrati (Hainmueller & Hiscox, 2007; Meeusen & Kern, 2016).

Tali risultati sono stati spiegati alla luce delle differenze nella percezione della minaccia: gli individui di basso status economico temevano in misura maggiore gli effetti economici della concorrenza sul mercato del lavoro che, in caso di aumento dell’immigrazione, potrebbe colpire principalmente gli operai (Meeusen & Kern, 2016). Al contrario, gli individui più istruiti percepiscono in misura minore gli immigrati come una minaccia, piuttosto vedono il fenomeno migratorio come un vantaggio per l’economia del paese ospitante e valorizzazione della diversità culturale (Hainmueller & Hiscox, 2007).

Il contesto scolastico

Da alcuni studi emerge che anche l’ambiente scolastico svolge un ruolo importante nello sviluppo negli adolescenti di un atteggiamento di pregiudizio verso ragazzi stranieri.

Gli adolescenti immigrati hanno spesso meno potere numerico o sociale e mancano di sostegno rispetto ai loro pari nativi nei contesti scolastici.

Numerosi studi condotti su culture diverse hanno dimostrato che i giovani nativi tendono a non fare amicizia con i compagni di origini straniera (Özdemir et al., 2017; Strohmeier & Spiel 2003) e che i giovani immigrati sono esposti a trattamenti negativi a scuola. Ad esempio, Plenty e Jonsson (2017) hanno riferito che i giovani immigrati in Svezia, specialmente quelli provenienti da paesi non europei, avevano maggiori probabilità di essere isolati e rifiutati socialmente. Inoltre, uno studio nei Paesi Bassi ha rilevato che circa il 42% dei bambini appartenenti a minoranze etniche riferisce di essere vittima di atteggiamenti razzisti a scuola e che circa il 30% vive l’esperienza di esclusione etnica (Verkuyten & Thijs 2002).

A lungo termine, tali esperienze negative possono influire sul modo in cui i bambini e i giovani immigrati si integrano nella società che li accoglie nel corso del loro sviluppo.

Da alcuni studi sembra che gli adolescenti hanno maggiori probabilità di manifestare comportamenti coercitivi nei confronti dei loro coetanei immigrati se si trovano in un contesto sociale in cui la maggioranza di essi ha atteggiamenti negativi verso ragazzi appartenenti ad altre culture.

Titzmann e colleghi (2015) hanno riscontrato in uno studio che gli adolescenti con un’età media di 15 anni avevano più probabilità di fare amicizia con gli immigrati e mantenere le loro amicizie nel tempo quando i loro coetanei hanno atteggiamenti favorevoli nei confronti delle relazioni inter-etniche. Allo stesso modo, un recente studio condotto negli Stati Uniti ha rilevato che adolescenti che hanno un’età media di 11 anni si sentivano più a loro agio e interessati a formare amicizie con bambini di diversa etnia se percepivano che tali relazioni sarebbero state accettate nei loro gruppi di pari (Tropp et al., 2016). Plenty e Jonsson, nel loro studio, (2017) hanno mostrato che i giovani immigrati di età compresa tra i 14 e i 15 anni che frequentavano classi con bassa densità di immigrati avevano più probabilità di essere respinti e isolati rispetto ai ragazzi che frequentavano classi con una percentuale maggiore di immigrati. Inoltre, Agirdag e colleghi (2011) hanno riscontrato che i giovani immigrati che frequentano scuole con una maggiore concentrazione di minoranze etniche subivano una minore vittimizzazione tra pari rispetto a quelli che frequentano scuole con un numero minore di immigrati.

Contrariamente a questi studi, uno studio condotto in Svezia (Özdemir & Stattin, 2017) ha rilevato che i giovani svedesi con atteggiamenti negativi nei confronti dei loro coetanei stranieri avevano maggiori comportamenti aggressivi all’aumentare della diversità etnica nelle classi. La presenza di una percentuale più alta di studenti immigrati in classe può essere percepita dagli adolescenti come una minaccia al loro status dominante. Quindi, essi potrebbero essere più inclini a mettere in atto atteggiamenti pregiudizievoli verso i loro coetanei immigrati per mantenere il loro dominio sociale o ridurre la minaccia percepita.

Essere in una rete sociale in cui vi è un’alta prevalenza di credenze pregiudizievoli verso gli immigrati è un importante fattore di rischio per il coinvolgimento degli adolescenti in comportamenti aggressivi verso compagni appartenenti a minoranze etniche. I compagni di classe possono costituire un importante gruppo di riferimento e gli adolescenti possono percepire i pari immigrati dalla prospettiva dei loro compagni di classe in quanto potrebbero adottare i loro atteggiamenti e le loro convinzioni nel formare le proprie opinioni personali.

I giovani che hanno atteggiamenti negativi nei confronti degli immigrati o che frequentano amici che hanno pregiudizi verso questi ultimi sono più propensi a essere coinvolti in comportamenti aggressivi nei loro confronti. Özdemir e colleghi (2016) hanno sostenuto che in particolare i ragazzi con tratti impulsivi possono avere difficoltà a regolare i loro pensieri e stati emotivi negativi nei confronti degli immigrati e reagire con aggressività senza valutare gli effetti delle loro azioni sui loro pari immigrati. (Özdemir, S., Özdemir, M., Stattin, 2016).

La creazione di classi eterogenee fornisce agli studenti maggiori opportunità di interazioni tra gruppi di etnia diversa, ma non può essere di per sé sufficiente a promuovere relazioni inter-etniche positive.

In uno studio condotto da Özdemir e Stattin (2014) è stato rivelato che l’essere vittima di pregiudizi etnici ha conseguenze sul benessere psicologico dei ragazzi stranieri, i quali mostrano una maggiore percezione negativa di sè, ansia elevata e sintomi depressivi.

Inoltre, i ragazzi vittime di pregiudizi etnici hanno spesso una basso rendimento scolastico, un’alta aspettativa di insuccesso a scuola e percepiscono le loro relazioni con gli insegnanti come negative. In aggiunta, essi hanno tassi più alti di assenze ingiustificate (Özdemir & Stattin 2014).

Un recente studio sui giovani immigrati in Svezia ha mostrato che l’essere vittima di pregiudizi etnici potrebbe innescare un maggior coinvolgimento in comportamenti violenti (Özdemir et al. 2017).

Lo sviluppo dell’identità nei giovani immigrati: il peso dei pregiudizi

La fase adolescenziale, periodo dello sviluppo in cui il gruppo dei pari rappresenta un punto di riferimento importante per la costituzione della propria identità e per la condivisione di valori comuni, rappresenta una fase ancor più critica per i giovani provenienti da famiglie immigrate, in quanto i ragazzi crescono tra due diverse culture e sistemi di valori differenti: da una parte quelli della cultura di appartenenza dei genitori, dall’altra quelli del paese in cui sono ospitati.

L’essere vittima di pregiudizio e discriminazione rende ancor più complesso il processo di integrazione e la definizione di una propria identità.

Alcuni studi condotti in Italia su adolescenti immigrati hanno confermato queste difficoltà (Mancini & Davolo, 2001): da una parte emergeva un bisogno dei ragazzi stranieri di confrontarsi con valori ed interessi dei coetanei autoctoni, dall’altra tali valori non sempre erano facilmente integrabili con quelli della cultura di provenienza, creando disagio e confusione in particolare nei ragazzi appartenenti a famiglie più radicate nella loro cultura di appartenenza.

In conclusione

Questi studi suggeriscono che la promozione delle relazioni tra ragazzi di diversa etnia richiede non solo la presenza di classi miste nelle scuole, ma anche la promozione da parte degli adulti di riferimento di opinioni positive verso gli stranieri.

Un ruolo significativo sembrano avere i contatti con persone dell’outgroup, alla luce della teoria dei contatti tra gruppi (Allport, 1976; Pettigrew & Tropp, 2006): il contatto positivo e le amicizie con i membri dell’outgroup portano ad un aumento dell’empatia, alla riduzione dell’ansia e, infine, alla riduzione degli atteggiamenti intergruppi negativi (Pettigrew & Tropp, 2006). Diverse ricerche hanno riscontrato che il contatto intergruppo positivo è inversamente correlato al pregiudizio (Pettigrew & Tropp, 2006).

Da quanto esposto, si ritiene necessario strutturare dei programmi di intervento che abbiano come scopo quello di ridurre le credenze negative degli adolescenti sugli immigrati e che abbiano come destinatari non soltanto questi ultimi, ma anche i loro genitori, al fine di incrementare una maggiore conoscenza e comprensione delle differenze culturali. Si potrebbe scoprire in tal modo anche eventuali punti in comune tra culture diverse.

In questa direzione, gli interventi che coinvolgono i bambini e ragazzi insieme al loro adulto significativo (Pirchio et al., 2017) potrebbero dare risultati positivi. In particolare, il contatto e la conoscenza delle abitudini e delle caratteristiche culturali delle persone appartenenti ad etnia diversa consentirebbero di disconfermare le credenze negative sugli stranieri ed evitare sentimenti di minaccia e incoerenza nei ragazzi che si troverebbero ad apprendere atteggiamenti e valori in contrasto con gli atteggiamenti espliciti o impliciti dei genitori.

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