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Maltrattamento e genitorialità in ottica transgenerazionale

Maltrattamento e genitorialità: il punto di vista transgenerazionale ci permette di cogliere come sono intrecciati tra loro e perchè si perpetuano

Di Laura Bernardi

Pubblicato il 14 Dic. 2018

Aggiornato il 02 Lug. 2019 12:53

Per affrontare il tema dei genitori abusanti prima di tutto può essere importante definire il concetto di genitorialità.

Laura Bernardi – Open School Studi Cognitivi Modena

La genitorialità è una funzione che ha il precipuo obiettivo di garantire il mantenimento della specie. Da un punto di vista psicologico, essa si attiva ed evolve come funzione relazionale autonoma basata su rappresentazioni arcaiche interattive dei genitori evocate nell’hic et nunc della relazione con un determinato bambino, che con il proprio personalissimo bagaglio, le riattiva in maniera diversa e modulata, in situazioni e tempi successivi della vita (Lebovici, 1983).

Genitorialità: una funzione molto complessa

Da un punto di vista generale, la genitorialità è anche una funzione processuale dell’essere umano che si sviluppa indipendentemente dall’essere genitore. Il desiderio di “prendersi cura di” qualcun altro è un desiderio che si manifesta precocemente e che trova espressioni diverse a seconda delle modalità immaginative e rappresentative che sono a disposizione dell’individuo nei vari momenti dello sviluppo. Negli anni il bambino svilupperà tale funzione progressivamente, giocandola su un piano fantasmatico e concreto, tramite continue identificazioni con gli adulti di riferimento e con il gruppo dei pari (Fava Viziello, 2003).

I numerosi significati collegati alla genitorialità sono imprescindibili dalla comprensione di alcuni aspetti dello sviluppo, delle capacità relazionali e dell’adattamento sano o psicopatologico dell’individuo al proprio ambiente (Simonelli, Zancato & Calvo, 2000).

Essa viene di norma identificata nell’abilità di riconoscere (con o senza una chiara consapevolezza) i bisogni del bambino:

  • a) per il suo benessere fisico,
  • b) per il suo nutrimento,
  • c) per curare l’opportunità di relazionarsi con gli altri,
  • d) per garantire la crescita fisica e l’esercizio di funzioni mentali e fisiche,
  • e) per offrire l’aiuto nel relazionarsi con l’ambiente (cfr. Satir V. et al.,1991: The Satir Model).

L’incapacità di svolgere in maniera adeguata la funzione genitoriale non è semplicemente legata ad una scarsa competenza pedagogica, ma chiama in causa -secondo Vadilonga (1996)- l’identità personale, la qualità e l’intensità delle relazioni emotive con le persone significative della famiglia nucleare e di quella estesa, l’investimento affettivo rivolto ai bambini che sarebbe controllato dai sentimenti attivati nelle relazione tra adulti. Si può affermare che la maggior parte dei disturbi psicopatologici che si manifestano nell’adolescenza prima, e nell’età adulta dopo, sono strettamente correlati all’esistenza, fin dai primi anni di vita, di una situazione di disagio personale e relazionale dei genitori che investe il legame di coppia, e ricade inevitabilmente sulla relazione col bambino (Selvini Palazzoli et al.,1988; Cambiaso et al.,1992,1993).

La “vulnerabilità” e la “resilienza” delle capacità genitoriali sono due concetti determinati da una moltitudine di fattori interagenti che spesso è difficilissimo isolare e studiare. In un groviglio di interazioni a catena e di circoli viziosi o benigni che portano alla psicopatologia o alla “normalità” sembra che la funzione genitoriale sia quella con il maggior peso sullo sviluppo, più di ogni altra. Avere una personalità con un Sé resistente alle difficoltà e alle avversità che non ceda allo stress o all’angoscia in maniera eccessiva è una cosa che “si trasmette” ai figli attraverso la costruzione di una base sicura sulla quale si può immaginare, sognare, allontanarsi e ritornare (Bowlby, 1980; Alvarez, 1992;).

Maltrattamento e genitorialità

La trascuratezza da parte dei genitori pertanto, non è una generica incapacità genitoriale ma è strettamente connessa alle relazioni tra i genitori-partner e di ciascuno di essi con la propria famiglia d’origine (Malacrea, Vassali, 1990). A questo proposito Malagoli Togliatti e Tofani (1987), individuano nella famiglia multiproblematica (definita da Mazer come un gruppo famigliare composto da due o più persone in cui il 50% dei membri ha sperimentato, in un arco di tempo indicato – dai 3 ai 5 anni- problemi di pertinenza di un servizio sociale e/o socio-sanitario o legale problematiche di tipo psichiatrico, educativo, coniugale, socio-legali), un’intricata rete di variabili che, partendo da un’analisi della coppia a partire dal presente della loro stessa generazione, considera: le modalità socio culturali, economiche ma anche psicologiche cognitive ed affettive, di formazione della coppia; il cambiamento complesso ed impegnativo innescato dalla presenza dei figli: la diade non è più tale e risulta fisiologico un adattamento della stessa, ma anche dell’identità dei coniugi col ruolo di genitori, padre e madre, tutto ciò nell’ottica di apertura verso i ritmi e la personalità del figlio. A seconda del rispetto dell’identità dei ruoli e dei compiti parentali va a strutturarsi un sistema famigliare più o meno funzionale.

I genitori maltrattanti generalmente, sono anche coniugi insoddisfatti con il partner, anche se non necessariamente conflittuali. Hanno insicurezze di fondo, ansie di abbandono, di perdita, di separazione, esperienze traumatiche, bisogni insoddisfatti non riconosciuti che non hanno ricevuto compensazione con altre persone in fasi seguenti del ciclo di vita. Per questo motivo, per comprendere il maltrattamento, bisogna riflettere su tre generazioni: gli studi sull’attaccamento confermano il fatto che l’attaccamento e la violenza si trasmettono da una generazione all’altra attraverso relazioni; Framo (1996) ha scritto che diciamo al partner e ai figli quello che non siamo mai riusciti a dire ai nostri genitori (Masè, 2002)

I processi che sfociano nella trascuratezza e nel maltrattamento sembrano, al pari di quanto osservato per la schizofrenia, evolvere su un arco di tre generazioni; con la differenza, come notano Cirillo e Cipolloni (1994) che in queste famiglie i membri problematici sono più di uno, distribuiti sull’asse trigenerazionale e portatori di diverse tipologie di disagio psicosociale. Bowlby (1988) sostiene a proposito dello sguardo generazionale al maltrattamento, che i genitori trascuranti, maltrattanti o abusanti, sono stati spesso a loro volta esposti a tali esperienze che interiorizzate vengono riprodotte nella generazione successiva; questo fenomeno è descritto in letteratura con il termine “ciclo ripetitivo dell’abuso”. Da questi vissuti ne scaturisce un’insicurezza di fondo nelle relazioni affettive, che vengono vissute con timore di perdita, di abbandono, di separazione.

Anche secondo Stratton, Hanks (1994) raramente l’abuso si presenta come modalità “nuova e sconosciuta” causa di fattori elicitanti quali stress, condizioni socio economiche, malattia ecc., spesso l’abuso è pratica consolidata nella storia della famiglia parentale ed i genitori stessi sono stati vittime di abuso. Tali considerazioni sono frutto delle osservazione trasgenerazionali, tuttavia è importante tenere presente che tra il maltrattamento attuato dai genitori e il danno psichico nel figlio esiste sì un rapporto di forte probabilità ma non di determinismo in quanto possono intervenire nella loro relazione sia elementi protettivi sia fattori di rischio (Di Blasio,2000).

Questa analisi permette l’accenno alle modalità di “doppio legame (Bateson,1976) che si instaurano in queste famiglie spesso con problematiche anche nella comunicazione; Andreoli (2004), osserva che troppo spesso i bambini finiscono per diventare gli ammortizzatori di un dissidio relazionale nei confronti del partner, dei famigliari, dei colleghi di lavoro, ecc. L’educatore ha un problema che fatica a chiarire dentro di sé o che rifiuta di affrontare: “fortunatamente” c’è a disposizione un bambino su cui spostare l’attenzione, su cui concentrare i propri sforzi. A volte questa mancanza di chiarezza di fondo in se stessi, una situazione di coppia intimamente lacerata, un disagio generico nelle relazioni che incida sulla sfera personale dell’individuo senza possibilità di elaborazione ed aiuto psicologico, può far nascere modalità disfunzionali di comunicazione tra genitori e figli, richieste, ammonimenti, osservazioni “paradossali”. Naturalmente in questo caso il potenziale di conflitto che si innesca nel rapporto è molto alto e ciò può interferire negativamente con la crescita figlio, anche perché il bambino è un recettore sensibile, una vera e propria carta assorbente di tutte le tensioni, particolarmente nei linguaggi non verbali.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Bogliolo, C. [1998], Bambini e violenza : dalle dinamiche familiari all'evento sociale, Tirrenia : Edizioni del Cerro.
  • Cirillo, S. [2005], Cattivi genitori, Milano, Cortina.
  • Cirillo S., Di Blasio P. 1989], La famiglia maltrattante: diagnosi e terapia, Milano, Cortina.
  • Di Blasio, P. (a cura di) [2005], Tra rischio e protezione. La valutazione delle competenze parentali, Milano, Unicopli.- [2000], Psicologia del bambino maltrattato. Bologna, Il Mulino.
  • Di Blasio, P. e Rossi, G. (a cura di) [2004], Trascuratezza, maltrattamento e abuso in danno dell’infanzia: Servizi e Centri presenti in Regione Lombardia, report di ricerca. In http://www.paoladiblasio.it/Reglom.pdf
  • Malagoli Togliatti M. e Rocchietta Tofani, L.[ 2002], Famiglie multiproblematiche: dall'analisi all'intervento su un sistema complesso, Nuova ed., Roma Carocci.
  • Masè, M.D.[2002], Un protocollo operativo per la valutazione della recuperabilità genitoriale nei casi di maltrattamento ai minori. Esperienze e procedimenti terapeutici Psicologia Psicoterapia e Salute, Vol. 8, No. 3, 353 – 377.
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