La capacità dell’individuo di regolare le proprie emozioni è una componente fondamentale per lo sviluppo adattivo ed è una capacità che emerge nella relazione madre-bambino, attraverso gli scambi fisici e preverbali. Influisce sul benessere psicofisico e sulle prestazioni in vari ambiti dello sviluppo.
Infatti, un individuo in grado di regolare le proprie emozioni avrà a disposizione più risorse per affrontare le situazioni positive e conflittuali, sarà un individuo capace di comprendere le emozioni proprie e altrui e quindi sarà capace di usufruire del supporto sociale, considerato una forma di regolazione emozionale che consente all’individuo di consolidare i contatti sociali e di conseguenza, di favorire la progressiva formazione di un’identità sociale (Renzetti, Tripicchio, 2010; Bonfiglioli, Ricci Bitti, 2013).
Regolazione emotiva: l’importanza del contatto corporeo tra mamma e bambino
L’importanza del contatto corporeo tra madre e bambino è evidenziata dal ruolo fondamentale che assume sullo sviluppo del sistema nervoso centrale e del sistema endocrino; in particolare la madre è in grado di innescare alti livelli di oppioidi endogeni, responsabili della piacevolezza delle interazioni. A loro volta, gli oppioidi endogeni innescano la produzione del fattore di rilascio di corticotropina nell’ipotalamo del bambino che, controllando la produzione di endorfina e ACTH nell’ipofisi anteriore, stimola la produzione di dopamina. La cascata biochimica che si attiva nelle interazioni tra madre e bambino favorisce la nascita di nuovi neuroni, la sintesi proteica e quindi mediante la disponibilità emotiva dei caregivers, viene attivata la crescita del cervello e favorita la formazione di un tono vagale positivo che, a sua volta, conferisce la forza dell’Io e la salute fisica (Cozolino, 2008).
Le esperienze corporee sono quindi il veicolo primario per le relazioni con gli altri; infatti, il più arcaico senso del Sé è tessuto, in cui il contatto corporeo permette i processi di separazione tra il “me” e il “non-me”, oltre ai processi di sviluppo neurobiologico. La pelle, sostiene la Bick (1968), è l’oggetto primario di contenimento ed è percepita dal bambino come un confine, come qualcosa che tiene insieme le parti della personalità, ancora non differenziate dalle parti del corpo. La funzione contenitiva della pelle si sviluppa però grazie all’esperienza di una relazione di accudimento adeguata che, permette di introiettare la funzione contenitiva materna. Anzieu (1985) prosegue gli studi della Bick e sottolinea come l’Io sia principalmente strutturato come un Io-pelle che si presenta come una rappresentazione mentale; l’Io del bambino lo usa per rappresentare se stesso come un Io che contiene i contenuti psichici, partendo dalle esperienze che compie attraverso la superficie corporea. In particolare, sostiene che il bambino acquisisce la percezione di una superficie corporea attraverso il contatto con la pelle della madre, mentre questa lo accudisce. L’Io-pelle ha quindi origine dalla pelle condivisa tra madre e bambino, quella che Anzieu definisce “pelle comune” (Lemma, 2011).
Regolazione emotiva: il modello neuropsicobiologico di Schore
Allan Schore ha sottolineato l’importanza della diade madre-bambino, nel determinare la formazione di una funzione fondamentale per lo sviluppo emotivo del bambino, ovvero la regolazione emotiva (Ardito, Adenzato, 2012).
La regolazione emotiva fa riferimento ai processi cognitivi e comportamentali che influenzano il verificarsi, l’intensità, la durata e l’espressione delle emozioni e si definisce come la capacità individuale di regolare le proprie emozioni, negative e positive, attenuandole, intensificandole o mantenendole semplicemente. È un costrutto multidimensionale caratterizzato dalla consapevolezza, comprensione e accettazione delle emozioni; dalla capacità di impegnarsi in comportamenti diretti verso l’obiettivo in risposta alle emozioni; dalla capacità di modulare l’intensità e/o durata della risposta emotiva e dalla disponibilità a sperimentare emozioni negative. Carenze o deficit in queste capacità sono correlate positivamente con la psicopatologia e negativamente con il benessere individuale e il funzionamento interpersonale (Infantino, 2012).
Beebe e Lachmann (2002) ritengono che la diade madre-bambino sia caratterizzata da due tipi di processi di regolazione che si influenzano reciprocamente, ovvero la regolazione interattiva, in cui i comportamenti di un partner sono influenzati da quelli dell’altro, e l’autoregolazione cioè la capacità di ogni individuo di auto-organizzarsi grazie al controllo del livello di attivazione ed espressività emozionale. Sin dai primi mesi di vita infatti il bambino, grazie ai neuroni specchio e alle capacità materne affrontate nel paragrafo precedente, entra in connessione con la madre di modo che attraverso una co-regolazione, gli stati fisiologici e le emozioni possano essere regolati ed elaborati, passando poi ad una regolazione autonoma (Renzetti, Tripicchio, 2010). Quindi le differenze individuali nei processi regolatori sono il risultato, nei primi tre anni di vita, dell’effetto combinato delle strategie di accudimento dei genitori e delle componenti biologiche e temperamentali dell’autoregolazione; l’apprendimento, all’interno della diade, delle prime strategie di regolazione, pone le basi per lo sviluppo futuro di capacità complesse come l’empatia e la lettura della mente dell’altro (Renzetti, Tripicchio, 2010).
Il modello psiconeurobiologico di Schore ha rilevato un chiaro legame tra attaccamento sicuro, sviluppo efficace delle funzioni regolatorie del cervello destro e salute mentale del bambino (Benvenuti, 2007). Ha sottolineato, in particolare, il ruolo centrale nella regolazione emotiva del sistema limbico dell’emisfero destro in quanto tale sistema è implicato nell’integrazione delle informazioni proveniente dall’ambiente sociale esterno con quelle corporee ed è formato inoltre da numerose strutture cerebrali tra cui la corteccia orbitofrontale. Quest’ultima riceve informazioni da tutto il corpo e svolge il ruolo di centro di controllo del sistema nervoso centrale sui sistemi simpatico e parasimpatico. Lo sviluppo della corteccia orbitofrontale è influenzata sia da fattori genetici che ambientali ed in particolare un attaccamento sicuro con il caregiver è la base per uno sviluppo adeguato di tali strutture che si occupano della regolazione emotiva (Ardito, Adenzato, 2012).
Regolazione emotiva, vergogna e invalidazione
L’acquisizione della capacità di regolare le emozioni dipende inoltre dal raggiungimento di due importanti traguardi. Il primo, la capacità di mantenere stati di attivazione positiva, è raggiunto attraverso le esperienze di sintonizzazione emotiva con il caregiver, possibili grazie al fatto che l’emisfero destro del bambino viene psicobiologicamente sintonizzato all’output dell’emisfero destro della madre, regolandone le emozioni. Per il raggiungimento del secondo traguardo, la capacità di modulare e recuperare stati di attivazione negativa, è fondamentale il ruolo del genitore di “agente socializzante” ovvero la capacità di proibire i comportamenti del bambino per permettergli lo sviluppo della socializzazione ma ciò comporta l’emergere del vissuto della vergogna. Questa è vissuta dal bambino come un momento di non sintonizzazione con il genitore ma la vergona e i momenti di rottura seguiti da riparazione, consentono al bambino di imparare a regolare gli affetti negativi (Benvenuti, 2007).
Oltre agli scambi tattili e alla funzione del rispecchiamento, anche la voce materna assume un ruolo importante nella regolazione emotiva e nello sviluppo psicofisico del bambino che è capace, fin dall’inizio, di processare la qualità delle componenti linguistiche. In particolare, il linguaggio materno, definito “motherese”, è in grado di attivare il flusso nella zona orbitofrontale destra del cervello, collegata allo sviluppo dell’intelligenza emotiva, tanto che le madri depresse, non essendo in grado di usare il motherese, espongono i figli ad un più alto rischio di sviluppare la depressione o altri problemi di sviluppo. L’intonazione della voce materna assume, come gli scambi fisici, una funzione contenitiva, infatti Stern (1998) sostiene che il monologo che la madre compie con il proprio bambino, permette di costruire un forte legame affettivo e con la sua lentezza consente al bambino di elaborarlo e farlo proprio. Risulta chiaro quindi che non sono fondamentali i contenuti ma il modo con cui vengono espressi. La voce materna, oltre a contribuire alla formazione della relazione e a svolgere la funzione contenitiva, permette anche la regolazione emotiva; infatti Stern (1998) sottolinea l’importante funzione dei “profili di intonazione” del linguaggio materno che permettono di regolare il grado di attivazione e il tono affettivo del bambino (Causa, Moschetti, Volta, Luchino, Brunelli, Manetti, 2007).
Il corpo diventa quindi il terreno su cui possono emergere problematiche nella relazione e conseguentemente nella regolazione emotiva e nelle capacità che permettono di costruire il benessere individuale e, allo stesso tempo, si propone come mezzo di espressione di tali dinamiche patologiche. Numerose ricerche, in ambito clinico, hanno messo in relazione la disregolazione emotiva con diverse forme di psicopatologia nei bambini. Infatti, una eccessiva inibizione nella regolazione delle emozioni è correlata a problemi di internalizzazione, connessi ad ansia, depressione, vergogna, bassa autostima, paura e tristezza mentre una scarsa regolazione delle emozioni è risultata essere associata a problemi esternalizzanti (Renzetti, Tripicchio, 2010).