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Gli effetti della disoccupazione su tre dimensioni: socio-psico-fisiologica

Disoccupazione: le variabili che concorrono nel determinare l'impatto sulla salute delle persone. Molto potrebbe fare la prevenzione..

Di Mariafrancesca Zaffaro

Pubblicato il 20 Nov. 2018

Aggiornato il 24 Giu. 2019 13:07

Quali sono gli effetti della disoccupazione sulla salute psicologica e fisica delle persone? Quai altri aspetti influiscono nel determinare il comportamento delle persone di fronte a questi eventi?

 

Lo scopo principale di quest’articolo è quello di evidenziare risultati provenienti da studi più recenti sugli effetti della disoccupazione nella salute psichica e fisica dell’individuo. Saranno indagati inoltre altri aspetti come quello economico e sociale, nonché i meccanismi psicologici e di personalità sottostanti al comportamento degli individui di fronte a determinate situazioni sfavorevoli. Verranno inoltre esposti alcuni progetti ed ipotesi di intervento pensati per affrontare tale problematica.

Gli effetti della disoccupazione sullo stato d’animo

Disoccupato: chi o che non ha o non trova un’occupazione; in senso ristretto, chi è stato privato della sua abituale occupazione”. Questa è la definizione che ci dà il vocabolario Treccani, ma la disoccupazione è più che una mera perdita di occupazione, più dell’esser privati di un lavoro. Il disoccupato non è solo privato della sua occupazione, infatti, ma della sua stessa identità. Il lavoro, oltre a un compenso remunerativo e all’introito mensile che ci permette di ‘’tirare avanti’’, di pagare le bollette (sarebbe meglio dire tasse), pagare l’affitto o fare la spesa e fornendoci una “base sicura”, detta la sua influenza su tutte altre sfere che non sono prettamente economiche. Parliamo dell’aspetto psicologico, sociale e fisico. Quando una persona si trova senza un’occupazione, soprattutto se ciò non è dipeso dalla sua volontà, entra in un circolo vizioso: lo stato d’animo negativo è tale da incidere sull’autostima e rende ancora più difficile trovare un nuovo impiego, i soggetti in questione innescano una sorta di loop: a casa soffrono, si sentono in colpa, addirittura smettono di cercare un’alternativa lavorativa, tanto è il carico emotivo e il senso di sfiducia che li accompagna. Esso assolve anche tutta una serie di altre funzioni di tipo psicologico: riconoscimento, gratificazione, competenze. E, infine, permette di sentirsi utili e di costruire legami. Quando il lavoro manca, quindi, viene lesa a tutti i livelli la dignità dell’essere umano.

In linea con queste posizioni anche Warr (1987) ha affermato che il lavoro è necessario per l’affermazione del proprio ruolo sociale, per sperimentare il controllo personale e per allargare i propri contatti sociali.

Disoccupazione e locus of control

La letteratura più recente dimostra come ci sia una netta correlazione tra diversi aspetti di personalità, locus of control, strategie di coping, ansia, depressione  e disoccupazione (Navarro et. al 2018). Rott (1966), nei suoi studi, descrisse il locus of control come la percezione del controllo degli eventi che ognuno possiede ed esso può essere attribuito a sè stessi o a fattori esterni. Coloro che presentano un locus of control interno tendono ad attribuire i risultati ottenuti a capacità personali, credono che ogni azione abbia delle conseguenze e quindi per cambiare gli esiti è necessario esercitare un controllo serrato. Al contrario, chi presenta un locus of control esterno ritiene che le conseguenze di alcune azioni siano dovute a circostanze esteriori, per questo le cose che accadono nella vita sono fuori dal loro controllo e le azioni messe in atto sono il risultato di fattori non gestibili, come il destino e la fortuna. Tale teoria ha avuto una grande rilevanza nella storia della psicologia, soprattutto per quanto riguarda le nostre modalità di adattamento e fronteggiamento alle situazioni, ovvero le strategie di coping. Pertanto, riflettere sul “locus of control” e sulle “strategie di coping” messe in atto, in esperienze come la perdita del lavoro, risulta di fondamentale importanza.

Gli studi sulla disoccupazione evidenziano come il disagio sia in grado di generare nell’individuo una spirale di learned-helplessness, la cosiddetta “impotenza appresa”, generando un progressivo isolamento sociale e una sempre più evidente tensione nei rapporti familiari. La ricerca attiva di lavoro può essere considerata un fattore di protezione, infatti livelli elevati di benessere sono stati riscontrati fra coloro che hanno cercato di controllare direttamente la loro condizione e di agire in prima persona per risolverla (Kinicki et. al, 2000). Secondo diversi autori, l’individuo attribuisce al lavoro significati differenti. Per alcuni può rappresentare il reddito, per altri il prestigio, per altri la possibilità di auto-realizzarsi e per altri opportunità di contatti sociali o di condividere valori (ad es., Askildsen et al., 2005).

Disoccupazione: le indagini recenti

Per molti il lavoro è una delle dimensioni fondamentali dell’identità. Il lavoro mantiene in attività: può contribuire a rafforzare le energie fisiche e psichiche e permette di esercitare ed ampliare le doti, le caratteristiche e le attitudini individuali (Saks & Ashforth, 2000). Anche altri studi longitudinali hanno dimostrato che eventi di disoccupazione di massa o fenomeni come la recessione possono avere delle notevoli ripercussioni sulla salute generale, e l’impatto sembra maggiore dove le politiche sociali economiche e della salute non sono protettive e supportanti (Davies, 2018).

Lo sviluppo sostenibile nazionale ed internazionale riconosce l’importanza di supportare gli individui stimolando la resilienza verso shock esterni al fine di raggiungere un buono stato di salute. Mentre esistono piani di emergenza per eventi naturali, al momento non esistono piani di emergenza che hanno lo scopo di fornire un quadro di risposta costruttivo ed adeguato a fenomeni come la disoccupazione (Davies 2018).

Diverse ricerche, infatti, hanno studiato l’interazione tra la mancanza di lavoro e la salute ma poche hanno affrontato il problema in termini di costi della salute pubblica. In Austria, sono state effettuate indagini sui redditi dei lavoratori ed informazioni dettagliate di pagamenti da parte dell’assicurazione sanitaria pubblica (Andreas, 2009). È di nuovo confermato che gli effetti immediati sulla disoccupazione potrebbero non solo avere dei risvolti sulle condizioni di salute fisica ma più probabilmente sulla salute mentale. Infatti, più per i maschi, sono stati rilevati costi significativamente più elevati sulla la salute pubblica associati agli acquisti di farmaci psicotropi e anche per le ospedalizzazioni a causa di problemi di salute mentale (Andreas, 2009). In alcune interviste, le persone disoccupate, dichiaravano che la disoccupazione allarga le disuguaglianze e il supporto, oltre alla persona colpita, dovrebbe essere esteso anche agli altri membri della famiglia che risentono di queste problematiche.

Disoccupazione: la prevenzione del disagio

A partire da queste indagini, uno studio di Davies ha individuato 8 punti chiave su cui focalizzarsi per definire un quadro di risposta in termini di prevenzione (Davies 2018).

  1. Identificazione delle aree a rischio;
  2. Prevenzione precoce;
  3. Mobilitare una risposta multisettoriale;
  4. Sostegno proporzionato ai bisogni;
  5. Sostegno esteso alla famiglia;
  6. Consulenza e supporto per l’occupazione;
  7. Sostenere e sfruttare le risorse proprie della comunità;
  8. Monitorare e valutare le azioni.

Ancora una volta si evidenza la necessità di supportare l’individuo e la comunità, in particolare la popolazione più vulnerabile in modo da prevenire disuguaglianze sociali (Davies, 2018).

Disoccupazione: quali effetti sul sonno?

Un altro studio di Palmes (2017) ha recentemente affrontato le conseguenze  della disoccupazione sugli individui, ma in questo caso gli effetti negativi si ripercuotono sul sonno, comportando alterazioni dette parasonnie, come ad es. l’insonnia.  Sono stati somministrati questionari ad adulti tra i 50-64 anni che valutavano la presenza di insonnia ed è emersa un’associazione tra l’insonnia e i soggetti che presentavano varie problematiche, tra cui obesità, dipendenza da fumo, solitudine, perdita del lavoro e insoddisfazione sui luoghi di lavoro. In misura maggiore nelle donne, in questo studio. Tali risultati sembrano meno prevalenti nei soggetti con un’istruzione più alta. Alla luce di queste evidenze gli autori suggeriscono una ristrutturazione delle politiche del lavoro in favore degli individui, sia per quanto concerne la sicurezza lavorativa che per la qualità nell’ambiente di lavoro ( Palmes 2017).

Oltre alle associazioni trovate tra disoccupazione e disturbi del sonno, un altro studio di Patel (2010) conferma che la scarsa qualità del sonno è correlata con il fattore socio economico, in particolare nelle popolazioni più povere, definendo tale fenomeno ‘’disparità del sonno” sul piano gerarchico della popolazione. Queste ultime considerazioni potrebbero rappresentare un input per pianificare degli interventi mirati in determinati gruppi cosi da ridurre anche le conseguenze negative sul sonno (Patel et al. 2010).

Disoccupazione: progetti a Milano

Alcuni Psicologi, nel comune di Buccinasco (MI), in collaborazione con la Banca del tempo, hanno messo a punto un interessante progetto intitolato “Lavoro: come occuparsene senza preoccuparsene” . Questo esperimento sul territorio – realizzato con successo nel 2016 – è stato presentato dall’Ordine degli Psicologi della Lombardia in occasione della giornata mondiale della psicologia. Ammettere che la componente psicologica ha un ruolo importante nella ricerca di lavoro e ribadire che il ruolo dello psicologo va oltre l’aspetto clinico e patologico ed è utile per la qualità della vita delle persone, soprattutto in ambito lavorativo e sociale, è un aspetto da non trascurare. Il progetto consisteva in cinque incontri di gruppo (con una fase individuale di bilancio delle competenze) nei quali, con un approccio psico-educativo, si cercava di ricostruire le condizioni mentali adatte a rimettersi sul mercato in modo efficace.

Alcune persone che hanno frequentato questi incontri, avevano aspettative del tutto irrealistiche, che non facevano i conti con variabili come il momento storico, l’età o la concorrenza, e questa visione non calibrata causava una chiusura testarda che li destinava inevitabilmente alla delusione. Altri ancora si erano lasciati andare a un atteggiamento vittimistico e quindi, controproducente. Per una Signora di 49 anni, di origine argentina, frequentare il corso è stato decisivo, ed ha affermato

Mi ha dato una grossa spinta, facendomi sentire molto più determinata (Carli, 2017)

Questa review della letteratura, indica chiaramente come i risultati degli studi qui esposti mettono in accordo tutti gli autori sulla stessa teoria, confermando l’ipotesi secondo cui la mancanza o la perdita di un’occupazione incide fortemente sullo stato di salute mentale delle persone sia sulla dimensione sociale, sia su quella psicologica che fisiologica, come descritto nelle ultime ricerche che riportavano disturbi del sonno. Il fine principale degli studi psicologici sulla disoccupazione non è certo quello, per altro impossibile, di eliminare il problema ma è piuttosto quello di far emergere una vasta gamma di conseguenze, in modo da riconoscere e spiegare i costi personali e sociali sperimentati dai soggetti disoccupati e possibilmente promuovere degli interventi volti ad attutirne le ripercussioni sulla salute psichica del soggetto, oltre al miglioramento sul piano finanziario. L’assenza di lavoro può toglierci molteplici cose: il sonno, la sicurezza, la fiducia, la forza, la serenità… Ma una cosa non potrà toglierci mai, l’amore. L’amore per se stessi e per coloro che ti circondano, il motore che alimenta la volontà, l’ingrediente indispensabile per quella ricetta che chiamiamo vita.

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