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I costi di una società depressa: gli aspetti socio-economici della depressione

I costi della depressione non sono solo quelli più immediati da intuire, vale a dire ricoveri e terapie, vi sono anche costi sommersi, più nascosti..

Di Marina Morgese

Pubblicato il 21 Nov. 2018

Aggiornato il 27 Nov. 2018 12:50

Nel mondo si stima che circa 340 milioni di persone soffrano di depressione. Nel corso degli ultimi anni la prevalenza della depressione è aumentata costantemente e allo stesso tempo l’età di insorgenza è diminuita.

 

Diffusione della depressione

Nel mondo si stima che circa 340 milioni di persone soffrano di depressione. La fascia di età più colpita è quella compresa tra i 30 e i 49 anni. Il disturbo depressivo è circa due volte più frequente tra le donne. Nel corso degli ultimi anni la prevalenza della depressione è aumentata costantemente e allo stesso tempo l’età di insorgenza è diminuita.

Secondo lo studio ESEMeD (European Study of the Epidemiology of Mental Disorders) del 2004, in Italia la prevalenza della depressione maggiore e della distimia nell’arco della vita è dell’11,2% (14,9% nelle donne e 7,2% negli uomini). Nelle persone ultra 65enni la depressione maggiore e la distimia hanno una prevalenza pari al 4.5% (ma tra le persone istituzionalizzate di questa età la prevalenza è molto più elevata, in alcune casistiche arriva fino al 40%). Da numerose indagini epidemiologiche risulta che il 2% dei bambini e il 4% degli adolescenti ha in un anno un episodio di depressione che dura almeno 2 settimane.

Secondo l’ultimo rapporto ISTAT (2018), sono oltre 2,8 milioni (il 5,4% della popolazione con oltre 15 anni) gli italiani che soffrono di depressione e la malattia è in aumento tra gli anziani. Nonostante  l’Italia sia uno dei paesi dell’Unione Europea con il minor numero di individui depressi (5,5% contro il 7,1% la media Ue), tra gli over 65 il valore raddoppia (l’11,6% contro l’8,8%).

La depressione, in generale, colpisce di più le donne (9,1% contro 4,8%) e soprattutto chi non lavora. In effetti, ben l’8,9% dei disoccupati e il 10,8% degli inattivi, fra 34 e i 64 anni, mostrano disturbi depressivi e stati d’ansia.

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Infografica - La Depressione (Istat, 2018)Imm.1- Infografica – La Depressione (Istat, 2018)

La diffusione del disturbo e l’impatto altamente negativo che questo esercita nella vita di chi ne soffre è così evidente che la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità ha previsto che nel 2020 la depressione sarà la seconda causa di invalidità per malattia, subito dopo le malattie cardiovascolari.

Costi sociali e umani, perdita di produttività e costi sul sistema sanitario

Nel 2014 sono stati ben novantadue i miliardi di euro persi in un anno, nella sola Europa, a causa della depressione. I costi della depressione, infatti, non sono solo quelli più immediati da intuire, vale a dire ricoveri e terapie, vi sono anche costi sommersi, più nascosti: assenza dal lavoro, sussidi, perdita di produttività. Dei novantadue miliardi di cui sopra, ben cinquantaquattro sono quelli correlati a costi indiretti per assenza lavorativa. Non a caso la depressione si è “meritata” il titolo di “Crisi globale”, datole dall’ex segretario generale dell’Onu Kofi Annan (Cicerone, 2015).

Tale crisi colpisce anche l’Italia: nel 2014 il consumo di antidepressivi è stata una delle principali componenti della spesa farmaceutica, con un aumento del 4,5 per cento circa in dieci anni. Eppure solo un italiano su tre è consapevole di soffrire di depressione e si cura in modo adeguato. Il Servizio sanitario nazionale spende in media oltre 4 mila euro l’anno a paziente. Il costo sociale della Depressione, inteso come ore lavorative perse, a livello nazionale è pari a 4 miliardi di euro l’anno.

Ma se parliamo di depressione in termini economici e sociali, come già anticipato, il problema maggiore non è il costo delle terapie e neanche la difficoltà di individuare interventi opportuni.

Il vero peso economico della depressione è rappresentato dai costi indiretti, di cui le imprese pubbliche e private sopportano una quota tra il 30 e il 50 per cento: il disturbo incide pesantemente sulla produttività di chi ne soffre, aumentando i costi per le politiche sociali e di welfare.

In Europa un lavoratore su dieci si assenta dal lavoro a causa della depressione, per un totale di 21mila giorni di lavoro persi. Mentre chi tiene duro deve fare i conti con mancanza di concentrazione, indecisione, perdite di memoria che possono rendere la giornata di lavoro un vero incubo. È quello che gli esperti chiamano presenteeism, ovvero la presenza sul luogo di lavoro in condizioni di salute non ottimali: un fenomeno che secondo alcune stime potrebbe avere costi anche cinque volte superiori a quelli dell’assenteismo vero e proprio. Secondo la recente ricerca “IDEA” (Impact of Depression in the Workplace in Europe Audit), che ha coinvolto in tutta Europa oltre 7 mila adulti fra i 16 e i 64 anni, lavoratori e dirigenti, ben il 20% degli intervistati aveva avuto una diagnosi di depressione e il numero medio di giornate di congedo dal lavoro durante l’ultimo episodio di depressione è stato di 36 giorni. Un manager su 3 tra quelli intervistati ha ammesso di non avere risorse economiche o strumenti formali per affrontare il problema. (Di Frischia, 2005)

A questo vanno aggiunti i dati relativi all’impatto sociale, soprattutto tenendo conto che in Italia per ogni paziente sono toccati almeno 2-3 familiari, coinvolgendo dunque indirettamente 4-5 milioni di persone nel disturbo.

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Marina Morgese
Marina Morgese

Caporedattrice di State of Mind

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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