È legittima la contraccezione e l’uso di pratiche anticoncezionali per limitare il numero di nascite e giovare al benessere fisico, psichico ed economico della società? Se sì, come mai in passato è stato considerato illegittimo?
Indossare un preservativo o assumere la pillola anticoncezionale sono gesti che oggi ci appaiono a dir poco scontati. In realtà condom, pillola, spirale, diaframma sono molto più che semplici mezzi contraccettivi: sono simbolo di emancipazione femminile e sociale. Rappresentano l’emancipazione della donna dall’unico ruolo riconosciutole per molto tempo dalla società, quello di madre, e rappresentano la possibilità di vivere una vita sessuale libera e (si spera) appagante, svincolata dalla procreazione.
In Italia la diffusione dei mezzi anticoncezionali è il risultato di una lunga battaglia iniziata a cavallo tra Ottocento e Novecento all’interno di una società profondamente bigotta e moralista. Matteo Loconsole nel suo breve saggio Storia della contraccezione in Italia tra falsi moralisti, scienziati e sessisti ne ripercorre le origini, approfondendo in maniera molto accurata, anche grazie a una corposa ricerca bibliografica, gli accesi dibattiti che infiammarono il nostro Paese su temi quali igiene sessuale, contraccezione, controllo responsabile delle nascite, prevenzione sessuale, evidenziandone le contraddizioni e le ipocrisie.
Storia della contraccezione in Italia: il saggio si articola in tre capitoli
Il primo capitolo è dedicato alla cosiddetta questione neomalthusiana che interessò l’Italia risorgimentale: rispetto alle classi sociali più abbienti quelle più povere tendono a mettere al mondo più figli, determinando un peggioramento della propria qualità di vita, già minata da peggiori condizioni economiche, igieniche, sanitarie, limitato accesso alle risorse, ridotte prospettive lavorative, aumentato tasso di mortalità, ecc. Da qui il quesito: è legittimo l’uso di pratiche anticoncezionali per limitare il numero di nascite e giovare al benessere fisico, psichico ed economico della società? Se sì, come mai in passato è stato considerato illegittimo?
La risposta la troviamo nel secondo capitolo del saggio Storia della contraccezione in Italia. Loconsole analizza le contraddizioni e le ipocrisie che hanno caratterizzato il dibattito in Italia, mostrandoci come qualsiasi tipo di “indagine scientifica del corpo e della sessualità umani, imperando una morale di stampo spiritualista, fosse additata come oltraggiosa, immorale e, soprattutto, anticristiana”, tanto da considerare l’educazione sessuale alla stregua della pornografia; inoltre ci illustra come i risultati della scienza venissero piegati alla morale del tempo per dimostrare l’inferiorità della donna rispetto all’uomo e ribadirne il ruolo di sola “fattrice”.
Il terzo capitolo, infine, si concentra sulla fondazione nel 1913 de “L’educazione sessuale”, la rivista di divulgazione neomalthusiana rivolta al popolo, che osò “sfidare la morale consolidata” del tempo, “facendosi però scudo di un discorso che fosse il più scientifico possibile”. Tale rivista ebbe infatti il merito di rendere libera e pubblica la discussione sulla sessualità, sulla procreazione consapevole e il controllo delle nascite; un dibattito che abbiamo la possibilità di rivivere grazie a stralci di articoli che riportano le riflessioni e i punti di vista di orientamenti di pensiero differenti, un vero e proprio tuffo nel passato.
L’importanza della pedagogia sessuale e di un’istruzione sessuale scolastica, così come la promozione di un cambiamento culturale che riconoscesse alle donne “gli stessi diritti concessi all’uomo dalla cultura” (affrontando tematiche quali l’adulterio, il divorzio, la libertà di procreazione) sono solo alcuni degli interessanti temi trattati.
Storia della contraccezione in Italia tra falsi moralisti, scienziati e sessisti non solo ci restituisce un pezzo di storia dell’Italia poco conosciuto, ma ci spinge inevitabilmente a riflettere sulla situazione italiana odierna:
[…] potremmo, nel momento presente, dire con sincerità di esserci del tutto emancipati da quell’ingombrante bagaglio di pregiudizi culturali che, tra Otto e Novecento, ostacolarono una libera e pubblica discussione scientifica? – si domanda Loconsole.
In un paese in cui l’educazione sessuale resta ancora un tabù, la risposta, purtroppo, appare scontata.