La Compassion Focused Therapy integra l’approccio cognitivo comportamentale accogliendo al suo interno concetti derivanti dalle discipline orientali, principi appartenenti alla psicoterapia evoluzionistica e alla teoria dei sistemi motivazionali interpersonali, fino ad arrivare ai più moderni studi di neuroscienze e neurofisiologia.
Qual è la definizione di “compassione” secondo la Compassion Focused Therapy?
In quali situazioni cliniche la terapia focalizzata sulla compassione può aiutarci ad alleviare la sofferenza delle persone che seguiamo in terapia?
A queste e altre curiosità ci ha risposto Nicola Petrocchi, psicologo psicoterapeuta, dottore di ricerca in psicologia e neuroscienze sociali, trainer e supervisore Compassion Focused Therapy (CFT).
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Nicola ci ha raccontato della prima volta in cui è entrato in contatto con questo modello terapeutico, ideato da Paul Gilbert, psicologo psicoterapeuta britannico e ci ha accompagnato alla scoperta delle caratteristiche che lo contraddistinguono e differenziano dalla CBT standard. La CFT viene descritta da Nicola come una cornice terapeutica entro la quale possono integrarsi con successo anche altri approcci e modelli psicoterapeutici.
La Compassion Focused Therapy è un approccio che si inserisce tra le cosiddette terapie di “terza ondata”. Integra l’approccio cognitivo comportamentale, e lo espande, accogliendo al suo interno concetti derivanti dalle discipline orientali, come la compassione, la mindfulness e le tecniche meditative oltre a principi appartenenti alla psicoterapia evoluzionistica e alla teoria dei sistemi motivazionali interpersonali, fino ad arrivare ai più moderni studi di neuroscienze e neurofisiologia.
Questo approccio, ci racconta Nicola, risulta particolarmente utile nelle terapie con i pazienti che soffrono di alti livelli di autocritica e che sembrano rispondere in maniera solo parziale al disputing dei pensieri automatici e alla successiva generazione di pensieri alternativi.
La Compassion Focused Therapy cerca di spiegare il funzionamento umano alla luce di 3 sistemi che regolano l’emotività e il comportamento e che condividiamo anche con le altre specie in natura: il sistema di protezione della minaccia, il sistema di ricerca di risorse e il sistema calmante. Lo sbilanciamento di questi 3 sistemi, in particolare una insufficiente attivazione del sistema calmante, può esporre a vulnerabilità e sofferenza emotiva come alti livelli di rimuginio, ruminazione, autocritica e conseguenti emozioni di ansia, vergona, depressione, rabbia. L’obiettivo della CFT è utilizzare il “potere strutturante delle motivazioni”, favorendo, attraverso diverse tecniche ed esercizi (pratiche immaginative, lavoro sul corpo, trascrizione di lettere e diari ecc.), uno “switch” verso uno stile motivazionale differente, caratterizzato da aiuto, cooperazione, compassione, che conduce a una miglior regolazione emotiva e a sperimentare un dialogo interno e interpersonale caratterizzato da maggior validazione e benevolenza.
Tale approccio, conclude Nicola, può migliorare e potenziare altri interventi psicoterapeutici che hanno già mostrato la propria efficacia, oltre ad avere delle interessanti potenzialità nei contesti di terapia di gruppo, negli interventi che utilizzano il biofeedback, nonché in contesti che vanno oltre l’ambito della psicopatologia, come il mondo del business e dell’istruzione.