Il problema dell’ obesità infantile sta diventando una sorta di emergenza sociale su cui sembra influire anche lo stile genitoriale. Tra i bambini in età prescolare, c’è stato un aumento del tasso di prevalenza di problematiche legate al peso che è passato dal 4.2% del 1990 al 6.7% nel 2010.
Elena Mazzieri – OPEN SCHOOL Studi Cognitivi, San Benedetto del Tronto
Che duro il mestiere del genitore!
Oggigiorno non basta essere genitore, bisogna essere anche animatori, compagni di giochi, insegnanti, educatori, tassisti, organizzatori di eventi, cuochi, allenatori, psicologi, e chi più ne ha più ne metta.
I bambini, lo sappiamo, non sempre sono facili da gestire. Ci sono bambini che hanno problemi di sonno, bambini che non vogliono mangiare, bambini che mangiano troppo, bambini iperattivi, bambini sedentari e così via.
Il momento della pappa, per alcune mamme, diventa una guerra aperta! Si armano di cibi diversi, di cucchiai, forchette, tovaglioli, salviettine, frullatori, bavaglini, canzoncine, cartoni animati, giochini e, soprattutto, di tanta, tanta, tanta pazienza. Ci sono bambini che proprio non vogliono sentire parlare di mangiare. E allora la mamma si impegna, cerca di distrarlo, prepara i cibi preferiti del bambino facendo attenzione però a variare qualcosa per stimolare i gusti del figlio, lo implora di mangiare almeno un boccone, gioca con lui mentre lo imbocca sperando che non sputi tutto e, se riesce ad ottenere un piatto almeno dimezzato, gioisce per la vittoria e si prepara per la battaglia del pasto successivo.
Ci sono bambini, invece, che mangiano volentieri tutto quello che la mamma prepara. Che soddisfazione per quella mamma, vedere che il figlio apprezza i suoi sforzi culinari e che cresce sano e forte. Se richiede dell’altro cibo, perché privargliene? Sì certo, ha mangiato molto, ma guarda come apprezza e mangia tutto! Ha addirittura mangiato le verdure! Un’altra cucchiaiata di pappa se la merita proprio!
Ci sono bambini poi che fanno i capricci finché non trovano sul piatto esattamente quello che desiderano, bambini che mangiano soltanto un alimento, bambini che assaggiano tutto, bambini che non amano toccare il cibo, e così via.
Dietro ad ognuno di questi bambini ci sono dei genitori, una mamma ed un papà che si preoccupano molto se il bambino non mangia o se mangia troppo, genitori attenti alla linea, genitori che mangiano solo cibi salutari e biologici, genitori che premiano i comportamenti positivi dei figli con il cioccolatino o la merendina, genitori stanchi, genitori sovrappeso, genitori ansiosi, genitori magri, insomma… genitori.
Lo stile genitoriale può influenzare il comportamento alimentare dei figli?
Sembra piuttosto logico immaginare che il modo di essere dei genitori, in particolare rispetto ai comportamenti alimentari, influenzi il modo di mangiare dei figli. Detta così la correlazione sembra molto semplice e, per certi versi, anche accusatoria. Sembrerebbe quasi che se il bambino è sovrappeso sia colpa esclusivamente del genitore. Ovviamente la questione è molto più complessa.
Nello sviluppo dei problemi di peso del bambino interagiscono molteplici fattori, legati sia ad alcune caratteristiche del genitore che al temperamento del bambino.
I problemi alimentari nei bambini: sovrappeso e obesità infantile
Ma andiamo con ordine. Perché per i ricercatori è così importante studiare quali sono gli elementi che possono avere un ruolo nello sviluppo di problemi di sovrappeso ed obesità infantile? Il problema dell’ obesità infantile sta diventando una sorta di emergenza sociale. Addirittura in età prescolare, in bambini di circa 5 anni, abbiamo assistito ad un aumento del tasso di prevalenza di problematiche legate al peso che è passato dal 4.2% del 1990 al 6.7% nel 2010 (De Onis et al, 2010). Questo incremento desta non poche preoccupazioni, dal momento che i bambini con obesità infantile hanno maggiori probabilità di diventare adulti obesi, con ricadute di tipo fisico, quali ad esempio malattie cardiovascolari, diabete di tipo 2 e cancro (Lloyd et al., 2012), e conseguenti basse aspettative di vita, e di tipo psicologico, quali maggiore ansia, depressione e problemi comportamentali (Eschenbeck et al, 2009; Reilly & Kelly, 2011).
Poter studiare quali sono i fattori che concorrono nel causare problematiche di sovrappeso e obesità infantile consente di poter creare interventi ad hoc finalizzati a prevenire e trattare tale problematiche nei bambini e, di conseguenza, negli adulti.
L’ obesità è causata da una discrepanza cronica tra l’energia calorica assunta e quella consumata. Nello specifico, viene assunto cibo in eccesso rispetto a quanto richiesto dal metabolismo corporeo, causando così un aumento dell’indice di massa corporea (BMI) (Shloim et al.,2015). Questo squilibrio cronico è influenzato dall’interazione tra geni e ambiente (Hetherington & Cecil, 2010). Numerosi studi hanno stabilito che ad influenzare lo sviluppo dell’ obesità interagiscono fattori quali: fattori genetici, lo status socio-economico, l’esercizio fisico, i comportamenti sedentari ed il sonno (Hetherington & Cecil, 2010; Craigie, et al, 2011; Hart, et al., 2011; Wang, et al., 2011; Ho et al., 2012; Magee & Hale, 2012).
Nel mondo, secondo l’Organizzazione Mondial della Sanità (OMS), nel 2014, 41 milioni di bambini al di sotto dei 5 anni di età erano in sovrappeso o obesi. Inoltre, secondo le stime, il 60% di coloro che sono sovrappeso prima della pubertà saranno adulti sovrappeso (Oms, 2016 – Report of the commission on Ending childhood obesity). Attualmente nel mondo circa 43 milioni di bambini sotto i 5 anni di età sono in sovrappeso. In Europa, è in sovrappeso un bambino su cinque sotto i 5 anni di età ed uno su tre nella fascia compresa fra 6 e 9 anni (Centro Medico i Mulini).
Anche in Italia la situazione non è delle più rosee, l’ obesità, compresa l’ obesità infantile, infatti, resta uno dei maggiori problemi di sanità pubblica. (Oms, 2016 – Report of the commission on Ending childhood obesity). Sebbene negli ultimi 10 anni siano diminuiti del 13% i bambini sovrappeso ed obesi in Italia, la situazione resta comunque preoccupante. L’Italia permane nella classifica dei peggiori Paesi europei per obesità infantile, come dimostra la “Childhood Obesity Surveillance Initiative – COSI” della Regione europea dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). L’indagine, coordinata dall’Istituto Superiore della Sanità, mostra che la percentuale di bambini obesi di età compresa tra i 6 e i 10 anni scende dal 12% del 2008/09 al 9,3% del 2016, e quella dei bambini in sovrappeso passa dal 23,2% del 2008/9 al 21,3% del 2016. Tuttavia si è rilevato che tra i bambini siano fortemente diffuse abitudini alimentari errate, sebbene negli ultimi anni si sia rilevato un aumento del consumo di frutta e verdura ed una diminuzione di bevande zuccherate e/o gassate (Okkio alla salute, 2017).
Il ruolo dei genitori
Un ruolo importante viene giocato dai genitori. Lo conferma l’indagine di cui sopra, dalla quale si evince che circa il 40% delle madri di bambini in sovrappeso o obesi ritiene che il peso del proprio figlio sia nella norma (Comunicato Stampa ISS – 4 maggio 2017). Va da sé che tale atteggiamento non possa che influenzare il comportamento alimentare del proprio figlio.
I genitori sono importanti agenti attraverso i quali si strutturano modelli di comportamento alimentare nei bambini. Questo può avvenire sia in modo diretto, come ad esempio controllando in modo costante i cibi assunti dal bambino, sia in modo indiretto, ad esempio tramite un modellamento passivo, essendo loro stessi un esempio di dieta più o meno salutare tramite il proprio comportamento alimentare (Birch & Fisher, 1998; Brown & Ogden, 2004; Cooke et al., 2004; Clark et al., 2007; Beydoun & Wang, 2009; Larsen et al., 2015).
Durante l’interazione mamma-figlio che si ha nel momento del pasto, sia lo stile genitoriale che il modo specifico di dar da mangiare al bambino, possono influenzare il comportamento alimentare del bambino e, di conseguenza, avere un ruolo nell’insorgere di problematiche di sovrappeso e obesità infantile. Partendo da queste ipotesi, numerose ricerche hanno indagato come lo stile genitoriale in generale e il modo che i genitori hanno di dar da mangiare al figlio possano influenzare l’insorgere di problematiche legate al peso.
Stile genitoriale e modalità di dare da mangiare al proprio figlio
Prima di andare oltre, chiariamo cosa si intende per stile genitoriale. Lo stile genitoriale è una costellazione di comportamenti ed atteggiamenti che i genitori hanno nei confronti del bambino e che caratterizzano il contesto emotivo in cui essi interagiscono (Darling & Steinberg, 1993). Questo costrutto comportamentale è costruito intorno a due dimensioni: la richiesta di disciplina ai figli (quanto controllo esercitano i genitori) e il sostegno emotivo (calore e accettazione in risposta ai bisogni del bambino). Rispetto a queste dimensioni, si strutturano quattro tipi di stili genitoriali (Sholoim et al., 2015):
- autorevole (alto controllo ed alto affetto)
- autoritario (alto controllo e basso affetto)
- permissivo (basso controllo ed alto affetto)
- trascurante/rifiutante (basso controllo e basso affetto)
Per quanto riguarda i comportamenti alimentari dei bambini, gli stili genitoriali maggiormente indagati sono stati quelli autorevoli ed autoritari.
Diversi studi hanno evidenziato una correlazione tra questi stili genitoriali ed il peso dei bambini. Dal punto di vista longitudinale, i bambini educati da genitori con uno stile genitoriale autorevole, rispetto ai bambini con genitori che mostrano uno stile genitoriale autoritario, hanno migliori traiettorie di salute, incluse un più basso rischio di obesità infantile, insieme con più alti livelli di attività fisica e più bassi comportamenti sedentari (Lohaus et al, 2009). Sebbene alcuni studi non abbiano riscontrato collegamenti significativi tra stili genitoriali autorevoli e autoritari e stato di peso dei bambini (Agras et al., 2004; Blissett & Haycraft, 2008; De Bourdeaudhuij et al., 2009), altri studi cross-sectional (Chen & Kennedy, 2004; Kremerset al, 2003) e longitudinali (Lohaus et al., 2009; Rhee, et al., 2006) hanno mostrato abitudini alimentari migliori ed un più basso indice di massa corporea in bambini con genitori autorevoli (Enten & Golan, 2008; Sleddens, et al., 2011), collegando dunque la presenza di uno stile genitoriale autoritario e l’alto controllo da parte dei genitori con il mangiare in modo non sano ed un più alto BMI (Kakinami, et al., 2015; Kim et al., 2008; Rhee et al., 2006).
In linea generale, questi stili genitoriali sono risultati influenzare le abilità dei bambini di autoregolarsi. Soprattutto un alto livello di controllo genitoriale è risultato limitare l’abilità dei bambini di controllarsi rispetto a varie situazioni, incluse il mangiare, ed in particolare il mangiare senza controllo, comportamento alimentare spesso correlato all’aumento di peso (Tanofsky-Kraff et al., 2009). Il mangiare senza controllo è un episodio di assunzione di cibo durante il quale c’è un senso soggettivo che non si possa controllare cosa o quanto si sta mangiando, indipendentemente dalla quantità di cibo che si sta assumendo. La quantità di bambini e adolescenti, indipendentemente dal peso, che hanno avuto almeno un episodio in un periodo di un mese precedente all’assessment, varia dal 9 al 29.50%. La percentuale arriva fino al 20-36% tra i bambini (6-12 anni) e adolescenti (10-17 anni) sovrappeso in cerca di un trattamento (Tanofsky-Kraff et al., 2009; Tanofsky-Kraff et al., 2008).
Stile genitoriale – senso di controllo – obesità infantile
Partendo da queste evidenze, Matheson et al., (2015) hanno condotto una ricerca finalizzata ad indagare la correlazione esistente tra il mangiare senza controllo da parte del bambino e lo stile genitoriale. Nello studio non sono emerse relazioni tra lo stile genitoriale generale e i comportamenti di perdita di controllo durante il pasto da parte dei bambini. Forse perché il modo di dar da mangiare al bambino correla positivamente non con lo stile genitoriale generale, ma con i comportamenti alimentari del bambino. Questo perché il modo di alimentare il figlio influenza il bambino per tutto il tempo del pasto (Matheson et al., 2015).
Studi precedenti suggeriscono che i fattori genitoriali potrebbero essere differenti in famiglie con bambini sovrappeso e bambini affetti da obesità infantile, rispetto a famiglie con bambini normopeso. Gli stili genitoriali che si basano sullo spingere il bambino a mangiare sono associati con l’incapacità del bambino di regolare l’apporto calorico (Johnson & Birch, 1994) interrompendo l’abilità innata del bambino a rispondere a indizi interni di fame e sazietà (Scaglioni et al., 2008), spesso con il risultato di aumentare l’apporto di cibo (Birch & Fischer, 2000), il peso durante l’infanzia (Birch & Fisher, 2000; Johnson & Birch, 1994) e l’autovalutazione negativa (Fisher & Birch, 2000). Gli stili genitoriali restrittivi sono inoltre collegati a comportamenti alimentari senza controllo, come l’aumento dell’assunzione di snack nelle bambine durante test laboratoriali (Fisher & Birch, 1999; 2002; 2000).
Per quanto riguarda le modalità che i genitori usano nel dar da mangiare al proprio figlio, quelle che sono risultate collegate a problematiche di peso dei bambini sono state la restrizione, la pressione a mangiare ed il monitoraggio (Birch et al., 2001; Faith et al, 2004b; Ventura & Birch, 2008). La restrizione rappresenta il limite imposto dai genitori nell’assunzione o accesso a certi tipi di cibi. La pressione a mangiare include comportamenti come forzare il bambino a mangiare certi tipi di cibi o a finire tutto ciò che è sul piatto. Il monitoraggio, invece, si riferisce al fatto che i genitori prendono nota dell’apporto calorico dei bambini. (Birch et al., 2001; Blissett, 2011).
Va da sé che lo scopo del genitore sia quello di implementare un’alimentazione sana, forzando i bambini a mangiare cibi sani, monitorando l’assunzione di cibo e limitando l’assunzione di cibo non sano. Ciò nonostante diverse ricerche hanno evidenziato che queste modalità di monitoraggio di assunzione di cibo comporti, involontariamente, conseguenze sia nei comportamenti alimentari dei bambini che nell’aumento di peso. Ad esempio, la restrizione materna rispetto a certi cibi è stata collegata ad un aumento, piuttosto che una diminuzione, nelle preferenze e assunzioni di questo cibo, sia durante l’infanzia che, in modo longitudinale, in età adulta (Birch et al., 2003; Faith et al., 2004b; Fisher & Birch, 1999).
Per di più, questi comportamenti restrittivi diminuiscono l’autocontrollo dei bambini rispetto al loro comportamento alimentare (Johnson & Birch, 1994) ed aumenta il mangiare in assenza di fame (Birch et al., 2003). A dimostrazione di questo, vi è l’evidenza che bambini con genitori più restrittivi tendono ad avere un indice di massa corporea più alto (Faith et al, 2004b; Taylor, Wilson, Slater & Mohr, 2011).
Ed ancora, diversi studi hanno indicato che quando i bambini sono costretti a mangiare cibi sani, aumenta il consumo e la preferenza per cibi non sani (Galloway et al. , 2006; Lee et al., 2001) e mangiano con meno probabilità frutta e verdura. Inoltre sono meno propensi ad assaggiare nuovi cibi (Brown et al., 2008). Si è inoltre rilevato che, una volta cresciuti, i ragazzi dichiarano di non preferire o non gradire affatto il cibo che erano forzati a mangiare da bambini (Batsell et al., 2002). Tuttavia, queste preferenze di cibo non si possono sempre tradurre in un più alto indice di massa corporea durante l’infanzia. Molti studi longitudinali e trasversali hanno mostrato l’effetto opposto, vale a dire che i bambini che erano costretti a mangiare determinati cibi avevano un minore BMI (Birch et al., 2003; Blissett & Haycraft, 2008; Faith et al., 2004a; Taylor et al., 2011).
Occorre sottolineare, tuttavia, che alcuni studi riportano un’influenza positiva della pressione dei genitori rispetto ai comportamenti alimentari dei bambini, mostrando che i bambini mangiano più frutta e verdura quando sono “costretti” (Bourcier et al., 2003).
Rispetto ad altre modalità di dar da mangiare al proprio figlio, studi hanno evidenziato come lo sfamare in risposta alle emozioni del bambino (Wardle et al., 2002), usare il cibo come ricompensa (Wardle et al., 2002) e l’organizzare un momento strutturato durante l’assunzione di cibo del bambino (Baughcum et al., 2001), non siano correlate con il peso ed il comportamento alimentare del bambino.
Alcuni studi suggeriscono che il controllo del cibo da parte dei genitori potrebbe essere dovuta, in parte, al peso del bambino e a fattori alimentari (Rhee et al., 2009; Webber et al., 2010). Bambini di genitori che praticano maggiormente il controllo del cibo, mostrano comportamenti alimentari disinibiti, come ad esempio il consumare un grande numero di calorie durante il pasto in assenza di fame (Fisher & Birch, 1999; 2002). Tuttavia, gli studi devono ancora approfondire questa questione.
Matheson et al., (2015), partono dall’evidenza che i genitori che sfamano i bambini in modo strumentale ed utilizzano tecniche basate sull’incoraggiamento, hanno figli con minore probabilità di riportare episodi di perdita di controllo dell’assunzione di cibo. Per spiegare questo fenomeno ipotizzano che probabilmente i genitori usano il mangiare strumentale con bambini che hanno bisogno di maggiore motivazione a mangiare o che sono più esigenti nel mangiare, cosa questa che potrebbe essere collegata con il minore senso di perdita di controllo riportato dai bambini. In più, i bambini che riportano episodi di perdita di controllo, potrebbero trovare il cibo più gratificante in generale, e per questo i genitori non usano tecniche di incoraggiamento per motivarli a mangiare. Mentre le tecniche di incoraggiamento sono associate con una diminuzione della probabilità di perdita di controllo da parte dei bambini, la pressione a mangiare è associata con un più grande probabilità di perdita di controllo. Questo perché la pressione a mangiare rappresenta un comportamento genitoriale più manifesto che può avere un impatto differente sulla perdita di controllo durante il pasto rispetto alle tecniche di incoraggiamento a mangiare (Matheson et al., 2015). In conclusione, non si può interpretare l’impatto dell’influenze genitoriali sul modo di mangiare dei bambini senza considerare l’impatto che il modo di mangiare dei bambini ha sui genitori (Matheson et al., 2015).
Qual è il ruolo del temperamento del bambino
Questa evidenza ha fatto ipotizzare che anche il temperamento del bambino possa giocare un qualche ruolo nello sviluppo di problematiche di obesità infantile e sovrappeso.
Bambini che hanno un’alta affettività negativa durante l’infanzia potrebbero avere un più alto rischio di obesità. Questi bambini, infatti, sono più esigenti e più difficili da confortare, e per questo motivo i genitori sono più propensi a consolare i figli con il cibo, piuttosto che fare attenzione ad indizi che indichino la sazietà del bambino (Stifter et al., 2011). Ciò aumenta la probabilità di sviluppare il mangiare di tipo emotivo. In più, si è notato che il dar da mangiare con lo scopo di consolare il bambino aumenta il mangiare del bambino, negli anni successivi, come risposta ad emozioni piuttosto che a fame, causando una minore capacità di autoregolarsi durante i pasti. Tutto questo contribuisce allo sviluppo precoce e duraturo dell’ obesità (Anzman-Frasca et al., 2012).
Diversi studi, tra cui quello condotto da Yavuz et al., (2018), mostrano che in realtà non c’è una relazione significativa tra il temperamento del bambino e l’ obesità infantile in età prescolare e negli anni successivi. Questo probabilmente perché l’associazione tra il temperamento del bambino e il dar da mangiare in modo consolatorio da parte della mamma non conduce a comportamenti alimentari problematici negli anni successivi, quando ai bambini viene dato maggior controllo rispetto all’assunzione di cibo.
In conclusione…
Insomma, purtroppo non esiste una ricetta magica che insegna ai genitori la tecnica migliore per crescere figli sani e forti. Ogni modo di essere dei genitori, ogni stile genitoriale, ogni modalità di dar da mangiare al figlio, interagisce con uno specifico bambino, con un proprio temperamento, un proprio gusto alimentare, un proprio modo di reagire agli stimoli genitoriali.
In questa particolarissima interazione madre-figlio, va ad influire anche il contesto. Non basta il contesto familiare, fatto di nonni, zii, fratelli, cugini, e così via. Anche i fattori culturali hanno la loro importanza e non possono non giocare un ruolo in questa interazione.
Alla luce di tutto questo, cosa devono fare i genitori? La ricerca sta ancora lavorando per trovare quali sono gli elementi che partecipano allo stabilirsi di problematiche di peso. Va da sé che per formulare interventi che mirano a diminuire il problema dell’ obesità infantile, non si può prescindere dal tenere presenti le caratteristiche specifiche di quei genitori, di quel bambino e di quel contesto. La sfida che attende i ricercatori è sicuramente ardua, ma mai quanto la sfida che ogni giorno affronta la mamma nel momento del pasto.
Mamme… in bocca al lupo! Anzi… a vostro figlio!