Uno studio pubblicato recentemente su Nature Communication ha dimostrato l’interazione tra pattern di neuroni appartenenti al sistema olfattivo, il comportamento e il ritmo respiratorio. Un’evidenza a favore delle pratiche di meditazione e di Yoga, legate alla respirazione ritmica, nell’alleviare i sintomi ansiosi.
Diversi studi (Yackle, Schwarz et al., 2017) avevano precedentemente sottolineato come la modulazione delle onde cerebrali potesse anche avvenire tramite i centri del tronco dell’encefalo relativi alla respirazione; tuttavia poco si sapeva sull’impatto della respirazione sui circuiti neurali tramite il sistema olfattivo.
Con ogni ciclo respiratorio, il flusso d’aria attiva l’attività neurale nel bulbo olfattivo (OB) e nelle cortecce olfattive tramite l’attivazione dei neuroni olfattivi meccano-sensitivi nell’epitelio nasale. Quando questi neuroni sono compromessi, le attività legate alla respirazione diminuiscono (Onoda & Mori, 1980).
Tuttavia recenti studi hanno evidenziato come il flusso d’aria sia in grado di influenzare i circuiti neurali in diverse aree cerebrali oltrepassando le vie olfattive: nei ratti, la corteccia prefrontale e l’ippocampo mostrano delle oscillazioni che sono strettamente associate con la respirazione, oscillazioni che subiscono interferenze quando i segnali olfattivi periferici vengono rimossi (Biskamp, Bartos & Sauer, 2017).
Da qui l’idea che le oscillazioni in queste regioni fossero modulate dai ritmi respiratori per mantenere l’omeostasi fisiologica (Kleinfeld, Deschênes et al., 2014).
Yoga e respirazione: cosa succede nel cervello?
Basse frequenze delle oscillazioni fanno in modo che avvenga la sincronizzazione delle regioni corticali con quelle sottocorticali; queste vengono reclutate per differenti comportamenti come si osserva nella discriminazione di stimoli avversivi e nell’espressione della paura che si producono a seguito dell’interazione dinamica fra la corteccia prefrontale, l’amigdala basolaterale e l’ippocampo (Likhtik, Stujenske et al., 2014).
Specificamente, l’espressione comportamentale delle memorie di paura, come il freezing, è associata con le oscillazioni di 4-Hz del circuito che coinvolge la corteccia prefrontale e l’amigdala (Karalis, 2016).
Partendo da tutte queste evidenze, Ma, Moberly, Schreck e colleghi (2018) hanno investigato il ruolo della respirazione e del sistema olfattivo nei circuiti preposti alle risposte fisiologiche e comportamentali della paura e dell’ansia.
In particolare nel loro studio sui ratti, gli autori, concentrandosi sulla corteccia prefrontale prelimbica (plPFC), hanno combinato l’optogenetica, l’elettrofisiologia e i comportamenti animali con lo scopo di comprendere i meccanismi che consentissero a input olfattivi di modulare i ritmi respiratori e a sua volta di influenzare plPFC e i comportamenti di freezing (Ma Moberly, Schreck et al., 2018).
Dapprima i ricercatori hanno indotto nei ratti, tramite condizionamento, il freezing, addestrandoli ad associare un suono ad uno shock. È bene sottolineare che nei ratti, utilizzati negli esperimenti, l’attività cerebrale in plPFC e nel bulbo olfattivo (OB) è stata misurata tramite elettrodi mentre questi erano in stato di freezing.
Tramite la misurazione dell’attivazione di OB durante l’inalazione di un flusso d’aria, di plPDF e del comportamento di freezing, i ricercatori hanno osservato come quest’ultimo, il ritmo respiratorio e l’attività elettrica dei circuiti neurali fossero sincronizzati e coordinati letteralmente sulla stessa lunghezza d’onda, 4 Hz (Ma Moberly, Schreck et al., 2018).
I risultati dello studio
Lo studio di Ma, Moberly, Schreck e colleghi (2018) ha dimostrato come nei topi vi sia una sincronizzazione tra respirazione nasale e comportamento rafforzando l’ipotesi per cui la respirazione ha degli effetti su di esso e sulla regolazione autonomica prodotta dai circuiti predisposti alle reazioni di paura e ansia. Gli umani diversamente dai roditori sono in grado di modificare il ritmo e la frequenza respiratoria in modo volontario e consapevole tramite la meditazione e la pratica dello yoga.
Pertanto tale studio (2018) dimostrerebbe come effettivamente un cambiamento nella respirazione possa influenzare i circuiti neurali e autonomici e di conseguenza i comportamenti e gli stati emotivi.
Sarebbe interessante investigare quale specifico pattern di respirazione sia più efficace nell’influenzare l’attività cerebrale e gli stati emotivi e se realmente diversi tipi di frequenze respiratorie hanno effetti diversi su di essi.