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Multitasking: un’abitudine sempre più diffusa. Dovremmo preoccuparci?

Il multitasking è un fenomeno complesso, che richiede un alto livello di attenzione per poter svolgere due attività contemporaneamente. La letteratura scientifica si divide tra chi ritiene che il multitasking abbia una serie di effetti negativi, anche a livello cerebrale, e chi invece ne rivendica vantaggi e benefici.

Di Laura Stefanoni

Pubblicato il 29 Mag. 2018

Lo facciamo in maniera inconsapevole, rapida, veloce, ma il multitasking è un fenomeno molto più complesso di quello che può apparire.

 

A ciascuno di noi capita ogni giorno di essere immerso in un’innumerevole quantità di azioni e compiti differenti; non sempre questi si susseguono in maniera ordinata nella nostra giornata, anzi, spesso, ci troviamo a svolgere più mansioni differenti contemporaneamente.

Tale fenomeno viene definito multitasking e sembra essere ormai una conseguenza inevitabile del contesto sociale e culturale attuale. Sempre più le richieste che arrivano, provenienti dall’ambiente (scuola, lavoro, famiglia, partner..) e sempre meno il tempo a nostra disposizione. È così che ci troviamo a fare una telefonata all’amica mentre siamo al supermercato oppure sistemiamo la casa mentre guardiamo il nostro programma preferito in tv.

Lo facciamo in maniera inconsapevole, rapida, veloce, ma il multitasking è un fenomeno molto più complesso di quello che può apparire. In particolare per l’alto tasso di concentrazione e attenzione che richiede svolgere due attività nello stesso momento.

Nel panorama della letteratura scientifica l’opinione è divisa tra studi che ritengono che il multitasking non porti alcun beneficio al nostro benessere, quanto piuttosto a significativi svantaggi, e studi che invece ne rivendicano gli effetti positivi.

Gli effetti del multitasking sulla struttura cerebrale

Numerosi i ricercatori che denunciano in particolare gli effetti negativi del multitasking sulla nostra struttura cerebrale. Tra questi, Sandra Bond Chapman, fondatrice del Center for brain health dell’Università di Dallas, la quale riporta tra i principali effetti del multitasking sul nostro cervello un significativo aumento dei livelli di cortisolo, l’ormone dello stress. La ricercatrice spiega tale dato come il risultato del fatto che il nostro cervello sa far bene una cosa alla volta: i neuroni, se devono sorvegliare molte attività contemporaneamente, non riescono a spartirsi i compiti e li tengono tutti sotto controllo, millisecondo per millisecondo, commutando il proprio impegno dall’uno all’altro. Risultato: un superlavoro che produce risultati modesti e imprecisi.

Stessa risposta sembra provenire dai ricercatori dell’Università di Sussex, i quali hanno studiato gli effetti del multitasking in particolare in relazione all’utilizzo delle nuove tecnologie, causa oggi della maggior parte delle attività che svolgiamo in multitasking. Lo studio, pubblicato sulla rivista PLoS ONE, è il primo a trovare un collegamento tra multitasking e mutazioni nella struttura del cervello. Nello specifico, i ricercatori hanno scoperto che le persone che usano spesso varie forme di media contemporaneamente avevano in effetti una minore densità di materia grigia nell’area cerebrale della corteccia cingolata anteriore (ACC), coinvolta nell’elaborazione del pensiero e nel controllo emotivo, rispetto a coloro che invece utilizzavano un solo dispositivo per volta. Tale scoperta ha collegato il multitasking ad una ridotta capacità di attenzione, ad un maggior rischio di depressione ed ansia, ed a risultati inferiori a scuola.

Gli effetti positivi del multitasking sui nativi digitali

Di tutt’altro avviso un recente studio intitolato “Limiti di capacità della memoria di lavoro: l’impatto del multitasking sul controllo cognitivo negli adolescenti” di Sarayu Caulfield e Alexandra Ulmer (2014), che ha evidenziato come adolescenti che usano in contemporanea diversi dispositivi multimediali per tanto tempo potrebbero trarre in realtà notevoli benefici dallo svolgere attività in multitasking, con un miglioramento anche del proprio rendimento scolastico (ne parliamo anche qui). Dai risultati è emerso come i partecipanti che dedicano più tempo alle attività mediali e svolgono più attività in contemporanea presentano dei risultati migliori nei compiti con distrattori e risultati peggiori nei compiti senza distrattori. Risultati opposti sono stati registrati nei partecipanti che dedicano poco tempo allo svolgimento di più attività mediali in contemporanea. Il Dott. Caulfield sottolinea come:

La maggior parte delle persone eseguono meglio un compito in assenza dei distrattori, tuttavia una eccezione alla regola si riscontra negli adolescenti che per tanto tempo sono immersi in più attività mediali in contemporanea.

Questo studio suggerisce come i nativi digitali (essendo esposti fin da piccoli ad un ambiente mediale multitasking) potrebbero aver sviluppato una memoria di lavoro maggiore che implica prestazioni migliori nei ambienti con più distrattori rispetto ad ambiti in cui ci si debba focalizzare su un solo compito.

In conclusione, dunque, gli studi e le ricerche sul multitasking ci lasciano aperti a diverse interpretazioni di questo fenomeno, nella cui valutazione non possiamo trascurare un’adeguata considerazione anche dei fattori socio-culturali. Nel frattempo ciascuno di noi può sicuramente soffermarsi ed osservare quelli che possono essere gli effetti propri e personali del multitasking sulla propria vita e valutare direttamente effetti positivi e negativi del multitasking nella propria esperienza quotidiana.

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Laura Stefanoni
Laura Stefanoni

Psicologa e Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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Il multitasking è ormai una realtà diffusa tra lavoratori di tutte le età e di entrambi i sessi; la American Sociological Review ha pubblicato i risultati di un ampio studio che ha trovato importanti differenze nella percezione, e nella tolleranza, che madri e padri hanno allo svolgimento di più lavori contemporameamente.

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