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Aborto e lutto perinatale: il dolore della perdita di un figlio

La perdita di un figlio in gravidanza o nell’immediato post-partum è un evento luttuoso, che comporta una serie di reazioni psicologiche e comportamentali. Spesso il lutto perinatale è un’esperienza traumatica che richiede del tempo per essere elaborata.

Di Marianna Palermo

Pubblicato il 27 Mar. 2018

La perdita di un figlio in gravidanza o nell’immediato post-partum è un evento luttuoso, che comporta una serie di reazioni psicologiche e comportamentali. Spesso il lutto perinatale è un’esperienza traumatica che richiede del tempo per essere elaborata.

 

La perdita di un figlio in gravidanza o nell’immediato post-partum è un evento luttuoso, che comporta una serie di reazioni psicologiche e comportamentali. Si utilizza l’espressione lutto perinatale per indicare la morte di un figlio che avviene tra la ventisettesima settimana di gestazione e i primi 7 giorni di vita del bambino. Gli eventi che comportano la perdita di un figlio nel periodo perinatale sono molteplici e comprendono l’aborto spontaneo, l’interruzione volontaria o terapeutica della gravidanza, la morte intrauterina e la morte subito dopo il parto.

Le fasi del lutto perinatale

Quando si perde una persona cara e, dunque, anche quando viene a mancare un bambino non ancora nato o appena dato alla luce, si attivano diversi vissuti emotivi che caratterizzano le diverse fasi del lutto (Ravaldi, 2009). La prima fase è quella dello shock e della negazione e caratterizza i primi giorni dopo aver ricevuto la notizia della perdita; stordimento, incredulità e negazione sono le emozioni e i vissuti più comuni. Segue la fase della realizzazione, in cui si inizia a prendere consapevolezza della perdita e a prendere contatto con l’esperienza del dolore e può comparire il senso di colpa associato al pensiero che qualcosa poteva essere fatto per evitare la perdita. La terza fase è quella della protesta, in cui compare l’emozione della rabbia, il sentirsi vittime di un’ingiustizia e si possono ricercare delle colpe e responsabilità nei medici, nel contesto ospedaliero, ecc. Segue la fase della disorganizzazione, in cui possono comparire depressione e tendenza all’isolamento e all’evitamento di alcune situazioni legate alla genitorialità; si pensa sia meglio non parlarne e far finta con gli altri che nulla sia successo. Talvolta l’isolamento può essere messo in atto anche nei confronti del partner, soprattutto se i due genitori hanno un modo differente di vivere il dolore. Solo dopo aver attraversato tali fasi ed il dolore associato ad esse è possibile accedere alla fase della riorganizzazione e accettazione, la sofferenza comincia ad attenuarsi, la ricerca della solitudine e l’evitamento si riducono e pian piano si ricomincia a coltivare interessi ed è possibile che ricompaia il desiderio di maternità.

Il lutto perinatale come esperienza traumatica per la famiglia

Da questo si deduce che la perdita di un figlio è spesso un’esperienza traumatica che richiede del tempo per essere elaborata e avviene mediante l’attraversamento del dolore emotivo, dell’angoscia e di pensieri disturbanti, dei ricordi e dei flashback associati all’evento. Il livello della sofferenza può essere intenso e la durata variabile.

Essere ascoltate, comprese, validate e contenute emotivamente diventa fondamentale per non sentirsi sole in quest’esperienza di dolore e per poter giungere ad attribuire un senso condiviso all’evento vissuto. Il lutto perinatale comporta l’interruzione della genitorialità e della relazione di attaccamento con il proprio bambino; per questo il processo di rielaborazione può durare da 6 mesi a 2 anni e talvolta purtroppo può trasformarsi in un lutto complicato non elaborato o può comportare l’insorgenza di un disturbo psichico, tra cui la depressione o il disturbo post traumatico da stress.

La ferita può restare aperta anche tutta la vita se non si riesce a darle un significato. Tentare di consolare i genitori in lutto consigliando di riprovarci o ricordando che hanno già altri figli, qualora presenti, non attenua la sofferenza dei genitori che hanno subito la perdita di un figlio; essi hanno bisogno di vivere il proprio dolore per poi giungere gradualmente all’accettazione della perdita. Alcuni riti, quali dare sepoltura al bambino non ancora nato e andare al cimitero possono aiutare ad elaborare tale dolore, a non negarlo e a prendere contatto con l’esperienza vissuta. Il lutto vissuto non deve diventare un tabù, una vergogna, anzi è opportuno che se ne parli e si pianga il bambino perso senza vergogna o pudore.

È importante anche ricordare che alle volte quando avviene un lutto perinatale, vi sono anche fratelli o sorelle che non vedono arrivare il fratellino tanto atteso. Molti genitori pensano che sia pericoloso o dannoso esporre i bambini all’esperienza della morte; per questo tendono ad evitarlo o a minimizzarlo. Questo in realtà impedisce ai bambini di poter vivere e condividere il dolore della perdita con gli adulti e in particolare con i genitori. Si sostiene, invece, che sia importante fornire ai bambini informazioni e spiegazioni semplici e veritiere sull’accaduto, in modo tale che possano anch’essi elaborare e integrare tale esperienza e i vissuti che ne conseguono nell’ambiente protetto e sicuro della famiglia.

Dunque, per elaborare e giungere emotivamente all’accettazione del lutto perinatale è opportuno darsi tempo, vivere il dolore, condividerlo e provare a dargli un senso. Esperienze di supporto psicologico o di gruppi di mutuo-aiuto possono essere una risorsa che può accompagnare la coppia in un processo di elaborazione. Talvolta è possibile ricorrere alle tecniche dell’EMDR  o della terapia senso-motoria per il trattamento dei disturbi post-traumatici che possono eventualmente insorgere dopo l’esperienza traumatica del lutto.

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Marianna Palermo
Marianna Palermo

Dottoressa in Psicologia Clinica

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