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La Sindrome Psicotica Attenuata (Attenuated Psychotic Syndrome – APS): dalla ricerca al dsm-5

La Sindrome Psicotica Attenuata (Attenuated Psychosis Sydrome) è frutto degli sviluppi della ricerca sugli esordi psicotici e sulle fasi premorbose, precedenti al primo episodio psicotico

Di Antonio Cozzi

Pubblicato il 27 Feb. 2018

Aggiornato il 28 Mar. 2018 11:26

Inizialmente, la dicitura proposta per la Sindrome Psicotica Attenuata era “Psychosis Risk Syndrome”. Successivamente, tecnici e clinici hanno concordato che potesse essere prematuro l’inserimento di una nuova categoria diagnostica basata principalmente sul rischio futuro piuttosto che sul bisogno clinico attuale.

Antonio Cozzi – OPEN SCHOOL Psicoterapia Cognitiva e Ricerca Milano

 

Inquadramento negli stati mentali a rischio

La Sindrome Psicotica Attenuata (Attenuated Psychosis Sydrome) è una condizione clinica inclusa nel capitolo “Condizioni che necessitano di ulteriori studi”, della Sezione III del DSM-5.

Essa è frutto degli sviluppi della ricerca clinica inerente gli esordi psicotici, la quale ha concentrato l’attenzione sulle fasi premorbose ed in generale precedenti un primo episodio psicotico.

Si è dunque giunti alla concettualizzazione di condizioni cliniche a rischio, definendo gli stadi dello sviluppo di un disturbo psicotico. Nello specifico, la Sindrome Psicotica Attenuata (APS), è inclusa tra le condizioni che definiscono uno stato UHR (Ultra High Risk for Psychosis) (Yung, McGorry 1996). Altre condizioni che caratterizzano gli UHR sono la presenza di sintomi psicotici brevi ed intermittenti (BLIPS – Brief Limited Intermittent Psychotic Symptoms), la familiarità genetica ed il declino del funzionamento (Schultze-Lutter F. et al, 2015; Raballo et al, 2016).

Sono riconosciute due fasi premorbose dei disturbi psicotici: nella prima prevarrebbero il calo del funzionamento e una serie di Sintomi di Base (BS – Basic Symptoms), che riguardano il pensiero, la percezione ed altre funzioni cognitive (Schultze-Lutter et al, 2007,  Schultze-Lutter, 2009). Nella seconda fase, più prossima alla transizione alla psicosi, prevarrebbero i sintomi UHR, tra cui BLIPS e Sindrome Psicotica Attenuata (Fusar Poli et al, 2013).

Inizialmente, la dicitura proposta per la Sindrome Psicotica Attenuata era “Psychosis Risk Syndrome”. Successivamente, tecnici e clinici hanno concordato che potesse essere prematuro l’inserimento di una nuova categoria diagnostica basata principalmente sul rischio futuro piuttosto che sul bisogno clinico attuale. Ciò era supportato dall’evidenza che una grande porzione di pazienti con questa costellazione sintomatica non sviluppava in seguito un disturbo psicotico, e che la maggior parte di questi individui mostrava ulteriori sintomi e difficoltà che non si esaurivano nel rischio di esordio psicotico (Tsuang et al, 2013).

Di qui dunque la scelta teorica di focalizzare l’attenzione clinica, dall’inquadramento del caso fino al piano terapeutico, sui bisogni clinici attuali piuttosto che sul rischio futuro. Quindi, la scelta di utilizzare la dicitura Attenuated Psychosis Syndrome, la quale descrive i bisogni clinici di condizioni a limite, caratterizzati da sintomi psicotici in forma attenuata che possono sfociare in diversi disturbi psichiatrici, tra cui anche – ma non necessariamente – i disturbi dello spettro psicotico.

La Sindrome Psicotica Attenuata nel DSM-5

I criteri diagnostici proposti nel DSM-5 per la Sindrome Psicotica Attenuata sono i seguenti:

  • A. Almeno uno dei seguenti sintomi è presente in forma attenuata, con un giudizio di realtà relativamente intatto, ed è di severità e frequenza sufficienti da giustificare attenzione clinica:
    • Deliri.
    • Allucinazioni.
    • Eloquio disorganizzato.
  • B. Il/i sintomo/i deve essere stato presente almeno una volta a settimana nell’ultimo mese.
  • C. Il/i sintomo/i deve essere iniziato o peggiorato nell’ultimo anno.
  • D. Il/i sintomo/i deve essere sufficientemente stressante e disabilitante per l’individuo da giustificare l’attenzione clinica.
  • E. Il/i sintomo/i non è meglio spiegato da un altro disturbo mentale, incluso un disturbo depressivo o bipolare con caratteristiche psicotiche, e non è attribuibile agli effetti fisiologici di una sostanza o di un’altra condizione medica.
  • F. Non sono mai stati soddisfatti i criteri per nessun disturbo psicotico.

Di particolare importanza sono i criteri A e F, i quali separano e differenziano i sintomi e i disturbi psicotici. Il criterio A spiega come la sindrome sia caratterizzata da sintomi simili a quelli presenti nei disturbi psicotici, ma che a differenza di queste ultime condizioni, essi sono sottosoglia.

La differenza tra i sintomi del criterio A nella Sindrome Psicotica Attenuata e negli altri disturbi psicotici come ad esempio la Schizofrenia, consiste in una minore intensità e maggior transitorietà. Vi è un maggior insight e l’esame di realtà è maggiormente conservato. Nei disturbi psicotici tali sintomi appaiono invece più strutturati e invalidanti e sono presenti a medio e lungo termine.

È tuttavia presente un forte disagio ed una compromissione o riduzione del funzionamento dell’individuo nei differenti ambiti di vita, come sottolineato anche dal criterio D.

In genere i deliri sono meno rigidi rispetto ai disturbi psicotici e sono caratterizzati principalmente da sospettosità e senso di grandiosità. Le allucinazioni possono essere più o meno vivide, più frequentemente includono dispercezioni sensoriali, prevalentemente uditive e visive.

La disorganizzazione comportamentale riguarda prevalentemente l’eloquio, esso è frequentemente bizzarro ma non compromesso. Nelle condizioni più gravi possono essere presenti blocchi del pensiero e perdita dei nessi associativi, i quali possono essere comunque ristabiliti. Possono inoltre essere presenti altri sintomi o condizioni cliniche, in particolare stati o disturbi ansiosi e depressivi, ritiro sociale, alterazioni emotive, comportamentali e cognitive (APA, 2013).

Esordio, decorso e fattori di rischio

È importante ricordare che la Sindrome Psicotica Attenuata è stata concettualizzata all’interno degli UHR e degli stati mentali a rischio in generale, condizioni che riguardano giovani e adolescenti di età compresa tra i 15 e i 30 anni. Le ricerche hanno mostrato come in questa fase possono essere tracciati vari sintomi ed episodi predittivi dello sviluppo di disturbi psicotici (Yung, McGorry 1996). Tuttavia, la transizione alla psicosi non è una diretta conseguenza di tali sintomi: essi possono andare in remissione spontaneamente, essere trattati efficacemente oppure sfociare in altri disturbi clinici, in particolare disturbi depressivi, ansiosi, bipolari e disturbi di personalità.

L’esordio di questi sintomi è frequentemente in età adolescenziale, preceduto solitamente da una serie di cambiamenti nell’area affettiva, cognitiva e comportamentale. Tali cambiamenti sono solitamente aspecifici, lievi e di breve durata, in particolare nelle prime fasi.

Il  DSM-5, così come riportano le ricerche (APA, 2013; Krucick, 2014; Heckers, 2009; Tandon et al, 2012), pone l’accento sui fattori di rischio biologici e sull’alta familiarità per disturbi psicotici o altri disturbi psichiatrici, così come i fattori psicologici e ambientali. Alcuni studi inoltre hanno mostrato tassi di remissione dallo stato UHR che variano dal 15% al 54% (Simon et al, 2011).

Prevalenza e transizione alla Psicosi

La prevalenza di giovani con Sindrome Psicotica Attenuata è molto difficile da stabilire. È stimata intorno al 5% (Linscott and van Os, 2012), ma si ritiene che solo una piccola parte di essi si rivolga ai centri clinici e ricevano una diagnosi (Tsuang, 2013).

Sebbene la Sindrome Psicotica Attenuata non sia necessariamente una diagnosi che precede lo sviluppo di un disturbo psicotico, sono state svolte varie ricerche e follow-up per tracciare l’affidabilità nel predire lo stato di rischio ed in generale appare come effettivamente vi sia una transizione maggiore dei soggetti UHR rispetto alla popolazione generale (Cannon et al., 2008).

Un’importante meta-analisi svolta nel 2012 ha coinvolto 27 studi per un totale di 2500 pazienti, tenendo in considerazione le variabili cliniche, demografiche e metodologiche. I dati raccolti mostrano un rischio di sviluppo della psicosi molto elevato, che aumenta nel corso degli anni. Nello specifico, la transizione è stimata intorno al 18% dopo i primi 6 mesi, 22% dopo il primo anno e 29% dopo due anni.  Dopo il terzo anno il tasso di transizione alla psicosi è del 36%. (Fusar-Poli et al, 2012).

Ciò appare valorizzare l’implementazione di tali categoria diagnostica nei centri di trattamento e la produzione di conoscenza cliniche attraverso il prosieguo della ricerca. Tsuang (2014) sottolinea come il suo utilizzo sia importante quando non vi sono altre categorie diagnostiche che definiscano meglio quei pazienti che mostrano disagi clinici ma che non soddisfano i criteri per una diagnosi pura, restando in una condizione di rischio ma senza ricevere le cure o l’attenzione necessaria.

Trattamento

I dati riguardanti i trattamenti d’efficacia sono pochi e poco chiari. Attualmente i trial svolti sembrano andare in direzioni simili a quelli proposti per le psicosi (CBT e farmaci antipsicotici), ma la ricerca è ancora in atto e deve tenere conto oltre che del tipo di sintomi, della loro natura attenuata e transitoria.

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