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Collateral beauty: la metafora nella rielaborazione del lutto

Il film Collateral beauty racconta del dolore di un uomo dopo un lutto e dell'incontro con i personaggi di fantasia di Amore, Tempo e Morte.

Di Sharon Vitarisi

Pubblicato il 24 Gen. 2018

Aggiornato il 19 Feb. 2018 11:04

Collateral Beauty: Ma che cosa è la bellezza collaterale? Come si può parlare di bellezza quando la tematica principale del film è la perdita di una persona cara?
La messa in scena architettata dai colleghi del protagonista mette in evidenza che Morte, Tempo e Amore sono strettamente collegati fra di loro.

Sharon Vitarisi, OPEN SCHOOL PTCR Milano

Il dolore del lutto nel film Collateral Beauty

Un giovane dirigente di nome Howard (Will Smith), pieno di passione, capacità creative e interpersonali, arriva al massimo della sua carriera lavorativa nel settore della pubblicità. Le sue motivazioni, la sua voglia di vivere e mostrare al mondo i suoi talenti si stronca per colpa di una grave tragedia personale: un lutto.

Il film Collateral beauty ci catapulta immediatamente all’interno del dolore del protagonista. Un lutto così grave da far perdere al giovane dirigente qualsiasi tipo di iniziativa, voglia di fare e di relazionarsi con le altre persone, conseguenze tipiche di uno stato depressivo molto grave da cui il protagonista non vede via d’uscita.

Ogni persona ha un suo modo differente e unico di reagire ai lutti. L’essere umano ha la capacità di accettare e superare la morte di una persona cara: solitamente si entra all’interno di uno stato di accettazione entro 18 mesi, cioè, al ritorno a una situazione confrontabile alla fase pre-lutto con un miglioramento del tono dell’umore e con un abbassamento delle problematiche psicosociali (Bonanno et al., 2002). Ciò nonostante, il lutto può diventare patologico quando l’individuo non riesce ad accettare che la morte è per l’essere umano inevitabile. Inoltre, Parkes (1980; Parkes e Weiss, 1983) ha evidenziato che la qualità della relazione che viene interrotta dalla morte influenza il percorso di elaborazione (lutto conflittuale).

Il DSM-5 ha proposto, per la prima volta, la diagnosi di “disturbo da lutto persistente complicato”, caratterizzata da desiderio persistente e nostalgia pervasiva della persona deceduta, profondo dolore e pianto frequente o preoccupazione per essa. La persona può anche essere preoccupata per il modo in cui la persona è deceduta. Gli individui, inoltre, esprimono con una certa frequenza l’idea di seguire il destino del morto. Per la diagnosi, il DSM-5 richiede 6 sintomi aggiuntivi, riguardanti la sofferenza reattiva alla morte.

Il lutto di Howard è entrato nella sua vita sconvolgendola completamente; la sua difficoltà nel superarlo si è evidenziata fin da subito all’interno della pellicola. Infatti, dopo aver messo la propria azienda in una situazione quasi catastrofica, i colleghi di Howard non vedono altra soluzione che farlo interdire per ottenere le quote della società.

L’incontro del protagonista di Collateral beauty con i personaggi di fantasia di Amore, Morte e Tempo

Dopo averle tentate tutte, cercano di far risvegliare Howard tramite una vera e propria messa in scena, architettata con l’aiuto di tre attori non professionisti. Questo viene in mente a uno dei co-protagonisti che, parlando con la madre ormai affetta da Alzheimer, capisce che per scatenare qualcosa in persone che non riescono più a vedere la realtà così com’è si deve per forza entrare nella loro visione del mondo attuale. Per farlo, utilizzano delle lettere scritte da Howard a tre personaggi di fantasia: Amore, Morte e Tempo.

Secondo il dirigente queste tre entità sono le responsabili del grave lutto subito, questo è l’unico modo che trova per dare senso alla situazione che Howard sta vivendo.
I tre personaggi gli appaiono sottoforma di sembianze umane e cercano di spiegare a Howard il senso del loro operato: stare nei loro panni è molto difficile, Morte deve continuamente fare i conti con l’ineluttabilità della fine, Tempo deve sopportare che le persone non sfruttino al meglio quello che lui offre e Amore vive una contraddizione, tra felicità e tristezza.

L’efficacia del gruppo terapeutico per l’esperienza del lutto

Vedere le tre figure materializzarsi davanti a sé fa credere a Howard di essere completamente pazzo e lo spinge a partecipare a dei gruppi terapeutici.
Il gruppo è uno strumento molto efficace per chi vive l’esperienza dolorosa di un lutto. La cosa più importante che si sperimenta in un gruppo terapeutico è arrivare alla consapevolezza del fatto che non si è soli ad affrontare una perdita così grande. All’interno della stanza prescelta, le emozioni di rabbia, tristezza, collera che alla persona che le sperimenta sembrano essere insopportabili, diventano condivise e comuni a tutti. C’è finalmente un luogo dove condividere la propria esperienza: un luogo sicuro che permette all’individuo di raccontare la propria storia di vita o semplicemente di ascoltare l’esperienza di perdita dell’altro.

Ciò che il gruppo terapeutico mette a disposizione è la condivisione di vissuti dolorosi che spesso vengono trattenuti con familiari e amici più stretti. Inoltre, contrasta la tendenza delle persone che stanno vivendo un lutto a isolarsi.

Nell’ultimo decennio la ricerca si è impegnata nel trovare esiti valutabili, per l’individuazione di criteri di base del modello di intervento utilizzato e per l’analisi di efficacia dei gruppi di auto mutuo aiuto. Ad esempio alcune evidenze circa l’efficacia dei gruppi di auto mutuo aiuto sono pubblicate ne La Rivista di Psichiatria n.6 – 2004 nell’articolo intitolato “Gruppi di auto mutuo aiuto: la valutazione dei benefici dal punto di vista dei partecipanti” promossa dall’ISS, Istituto Superiore di Sanità. In questo studio sono state effettuate valutazioni su diverse tipologie di gruppi terapeutici, compresi quelli sul lutto, tramite un questionario denominato V.AMA (Valutazione AMA). Il V.AMA è costituito da 15 item sulla qualità di vita e sui benefici percepiti dai membri dei gruppi di auto mutuo aiuto. Ciò che è emerso sono i benefici oggettivi della partecipazione ai gruppi, e la riproducibilità soddisfacente di questa metodologia di valutazione.

Il protagonista di Collateral beauty riscopre all’interno di questo percorso una strada per elaborare ciò che gli è successo. Sicuramente si evidenzia da subito che questa via verso l’accettazione sarà molto lunga e difficile per lui. Più che accettazione bisognerebbe parlare di adattamento; adattarsi a tutto quello che viene dopo la perdita della persona cara. Tornare alla propria vita senza quella parte essenziale a cui ci si era abituati ormai da molto tempo: una chiacchierata, uno scambio di opinioni, un abbraccio o una carezza sul divano. Tutto questo andava indirettamente a costruire un pezzo della propria identità che ora è del tutto sconvolta. Come diceva Bowlby (1979), le emozioni più laceranti vengono sperimentate in situazioni di costruzione, mantenimento e soprattutto di rottura dei legami affettivi. Le separazioni (perdite relative) e i lutti (perdite assolute), sono eventi che evidenziano maggiormente, in termini di elaborazione cognitiva ed emotiva, le dimensioni di significato personale più tipiche della nostra struttura, il nostro più profondo, nucleare, sentimento di noi stessi e del mondo. E questi sono i momenti in cui gli individui fanno gli sforzi più evidenti e più intensi per conservare integro il senso di continuità e di coerenza interna, cioè, la propria struttura identitaria, nonostante la perdita di quell’elemento che andava inevitabilmente a definirla.

Collateral beauty: che cos’è la bellezza collaterale?

Ma che cosa è la bellezza collaterale? Come si può parlare di bellezza quando la tematica principale del film è la perdita di una persona cara?
La messa in scena architettata dai colleghi del protagonista mette in evidenza che Morte, Tempo e Amore sono strettamente collegati fra di loro.

Morte equivale a una fine, un’incertezza all’interno di una vita frenetica che vorrebbe avere a disposizione più Tempo e molte volte queste due entità entrano in conflitto con Amore; Amore che ha dentro di sé un paradosso: ci innamoriamo per essere felici, ma dobbiamo sapere che quella felicità è sfuggente, può tramutarsi in qualsiasi momento in dolore, ma se non ci fosse la possibilità di amare non potremmo definirci umani. Amore piange e si dispera, si ricorda che Tempo e Morte la possono fermare in qualsiasi momento. E quindi cosa fare? Amare o non amare? Continuare a vivere oppure fermarsi in quella condizione di non-esistenza che il lutto porta con sé?

Secondo il grande filosofo L. Binswanger l’uomo ha la possibilità di scegliere tra due tipi di esistenza: autentica e inautentica. Se rispetta la propria autenticità, l’individuo può vivere in modo creativo e sviluppare le proprie potenzialità. La persona autentica è attiva ed incide sul mondo e nelle relazioni interpersonali, sa stabilire l’intimità (modo duale). La persona che vive un’esistenza inautentica rimane su un piano formale e superficiale (modo plurale). Essa rimane statica e immobile in quanto si allontana dalla sua più autentica dimensione esistenziale e perde l’occasione di sviluppare le proprie potenzialità. Binswanger sottolinea che questa scelta è determinata dal modo in cui ciascun individuo si sviluppa; questo dipende da una molteplicità di fattori, tra cui l’ambiente umano e sociale in cui egli è vissuto. Tuttavia egli, al di là dei condizionamenti del suo passato, degli stimoli esterni e degli impulsi può, comunque, autodeterminarsi e diventare artefice del suo destino.

Prendendo d’esempio il discorso di Binswanger è ora possibile cercare di approfondire il concetto di “ collateral beauty ”. Tutto ciò di cui l’individuo fa esperienza, dalle sue relazioni ai suoi successi, dall’amore, al tempo perduto o guadagnato, dal dolore fino alla morte, è l’insieme di un’esistenza ben precisa e articolata. È la ricerca di senso che guida la vita di un essere umano ed è proprio nel lutto che quei significati fino a quel momento raggiunti, sembrano sfumarsi per poi perdere valore. Tutto ciò che il protagonista ha raggiunto nel corso degli anni perde improvvisamente importanza. Howard cerca disperatamente un perché di quella morte, non rendendosi conto che quella ricerca esasperata lo stava facendo entrare in uno stato di esistenza inautentica.

Il lutto è un evento che compromette o minaccia gli scopi e gli obiettivi personali (Perdighe e Mancini, 2010) che si sono fino a quel momento perseguiti; gli scopi minacciati o compromessi possono riguardare sia la perdita in sé sia tutto ciò che è connesso a questa perdita. Dopo la morte di una persona cara, per giungere alla fase di accettazione, l’individuo deve cercare di orientarsi verso il disinvestimento e l’abbandono degli scopi che sono stati compromessi e lo sviluppo di nuovi comportamenti direzionati al raggiungimento degli scopi ancora perseguibili (Perdighe e Mancini, 2010). Tornare, quindi, in una fase di esistenza autentica; cosa che ad Howard appare impossibile.
Un’esistenza è già di per sé fonte di estrema bellezza: le emozioni umane, le sensazioni e tutto ciò che riguarda la vita è un dono inestimabile. Ma quando il dolore della morte di una persona cara sopraggiunge, questa bellezza sembra perdersi, in una spirale di pensieri ed emozioni negative.

Concludendo, cosa significa bellezza collaterale è difficile da definire a priori poiché si dovrebbero prendere in considerazione molteplici punti di vista. Bisogna lasciarsi emozionare e guidare dalla pellicola di Collateral beauty, cercando una propria definizione di “bellezza nel dolore”.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Binswanger L. (2001). Tre forme di esistenza mancata: esaltazione fissata, stramberia, manierismo. Bompiani Editore.
  • Bonanno, G. A., Wortman, C. B., Lehman, D. R., Tweed, R. G., Haring, M., Sonnega, J. et al. (2002). Resilience to loss and chronic grief: a prospective study from pre-loss to 18 months post-loss. Journal of personality and social psychology, 83, 1150-1164.”
  • Bowlby J. 1979. The making and breaking of affectional bonds. Tavistock, London. [Costruzione e rottura dei legami affettivi, Raffaello Cortina Editore, Milano 1982].
  • Gigantesco A., Bertoldi S., Mirabella S., Morosini P.L. (2004). Gruppi di auto mutuo aiuto: la valutazione dei benefici dal punto di vista dei partecipanti, 2004, Rivista di Psichiatria 6: 321-330.
  • Mannese E. (2013). Antropoanalisi e cambiamento formativo. Nota su L. Binswanger in Studi sulla formazione, Firenze, University Press, 149-153.
  • Onofri, A., La Rosa, C. (2015). Il lutto. Psicoterapia cognitivo – evoluzionista e EMDR. Roma: Giovanni Fioriti Editore.
  • Parkes, C. M. (1980). Il lutto. Studi sul cordoglio negli adulti. Milano: Feltrinelli.
  • Parkes, C. M. (2001) Bereavement: studies of grief in adult life (3rd ed.), Taylor e Francis, 12 Philadelphia.
  • Perdighe, C., Mancini, F. (2010). Il lutto. Dai miti agli interventi di facilitazione dell’accettazione. Psicobiettivo, 2010, 30, 127-147.
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