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Evoluzione del disturbo post-traumatico da stress nei pazienti oncologici

Uno studio ha dimostrato che circa un quinto dei pazienti oncologici sviluppa i sintomi del PTSD anche mesi dopo la diagnosi.

Di Giorgia Di Franco

Pubblicato il 13 Dic. 2017

Aggiornato il 12 Mar. 2018 13:08

Caryn Meri Hsien Chan, ricercatrice al National University of Malaysia, attraverso un studio pubblicato su Cancer, una rivista dell’American Cancer Society, ha evidenziato che, approssimativamente, ad un quinto dei pazienti oncologici è stata identificata l’insorgenza del disturbo da stress post-traumatico (PTSD) e la sua presenza per diversi mesi o anni dopo la diagnosi.

 

Il disturbo da stress post-traumatico (PTSD)

Il PTSD è un disturbo psichiatrico che, nelle sue forme più croniche, si sviluppa in una minoranza di sopravvissuti ad un trauma. Rappresenta l’incapacità di integrare l’esperienza traumatica con la visione integrata di sé e del mondo. I soggetti con PTSD rimangono incastrati nel ricordo terrifico e presentano difficoltà nel concentrarsi sul presente.

Il disturbo è caratterizzato dalla continua intrusione nella coscienza di ricordi dolorosi a cui segue una forte attivazione emotivo-fisiologica con relativi tentativi di impedire il riaffiorare dei ricordi attraverso strategie di evitamento attivo e passivo. Questo schema di intrusione ed evitamento porta ad un progressivo peggioramento dei sintomi e delle disabilità nel periodo che segue l’esposizione al trauma (Navarra, 2011).

Il PTSD è stato inserito ufficialmente nel manuale diagnostico dell’American Psychiatric Association (DSM) nel 1980, ma già nella letteratura del Novecento è stato descritto con dizioni differenti (es., nevrosi da guerra, cuore del soldato, shock post-traumatico) per indicare una patologia che insorge acutamente in conseguenza dell’esposizione ad eventi stressanti di gravità estrema che mettono a repentaglio la propria o altrui incolumità. Mentre nella letteratura dei primi anni Ottanta si faceva riferimento prevalentemente alle conseguenze psicologiche di soggetti esposti
a operazioni di guerra, da qualche anno le situazioni potenzialmente in grado di portare allo sviluppo del PTSD sono aumentate, mantenendo il riferimento alla “gravità oggettiva estrema” della situazione (Fullerton e Ursano 2001).

Il PTSD nei pazienti oncologici

Anche se il PTSD è primariamente conosciuto in relazione alla sua insorgenza in individui a seguito di eventi traumatici come seri incidenti o disastri naturali, può anche occorrere nei pazienti oncologici.

A tal proposito, la ricercatrice Caryn Meri Hsien Chan e il suo team hanno studiato 469 pazienti oncologici con diversi tipi di cancro a un mese di distanza di tempo dalla diagnosi presso un unico centro oncologico di riferimento e, in seguito, gli stessi pazienti sono stati sottoposti a ulteriori test dopo sei mesi e nuovamente dopo quattro anni.

Le valutazioni cliniche hanno rivelato un’incidenza di PTSD del 21,7% a 6 mesi di follow-up, con tassi in calo al 6,1% al follow-up a 4 anni. Sebbene i tassi complessivi del disturbo siano diminuiti nel tempo, circa un terzo dei pazienti inizialmente diagnosticati con PTSD hanno avuto sintomi persistenti o un peggioramento quattro anni più tardi.

Molti pazienti oncologici credono di dover adottare una “mentalità da guerriero”, di rimanere ottimisti dal momento della diagnosi e durante il trattamento per avere una migliore possibilità di sconfiggere il cancro. Per questi pazienti cercare un aiuto per i problemi è simile ad ammettere la propria debolezza“, sostiene la Dr.ssa Chan. “Deve esserci una maggiore consapevolezza, non c’è nulla di male nell’ottenere un aiuto per gestire lo sconvolgimento emotivo, in particolare per la depressione, ansia e il PTSD post cancro“.

Inoltre la ricercatrice Chan nel suo studio sottolinea che molti pazienti vivono nella paura che il cancro possa ritornare e di conseguenza, in alcuni casi i sopravvissuti evitano e rifiutano le visite oncologiche o fisiche per evitare il ricordo traumatico e doloroso dell’esperienza della malattia.
Tutto questo potrebbe condurre la persona a ricercare aiuto in ritardo nel caso di insorgenza di nuovi sintomi o, addirittura, al rifiuto del trattamento per condizioni non correlate in maniera diretta con la malattia.

Mettendo a confronto i pazienti affetti da diversi tipi di cancro, i ricercatori hanno trovato che i soggetti con il cancro al seno possiedono circa 3,7 volte meno la probabilità di sviluppare il PTSD nell’intervallo di tempo di sei mesi, ma non a distanza di quattro anni. Questa differenza potrebbe essere dovuta alla presenza, all’interno del centro oncologico preso in considerazione, di un programma di supporto e consulenza dedicato principalmente ai pazienti con il cancro al seno che si protrae per un anno dal momento della diagnosi.

Attraverso i risultati si evidenzia quanto sia importante porre l’attenzione a una precoce identificazione e a un trattamento continuo del PTSD nei pazienti oncologici. In relazione a quanto detto la dottoressa Chan sostiene: “E’ necessaria una valutazione psicologica in fase iniziale e un servizio di supporto e di follow-up continuo per i pazienti con il cancro in quanto il benessere psicologico e la malattia mentale – e per estensione la qualità della vita – sono importanti quanto il benessere fisico“.

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